avventure di viaggio: armi, bagagli e tette
con la sentenza del pretore Giorgio Giaccardi di Voltri (GE)
si dovrebbe porre fine alla penosa controversia reggipetto sì, reggipetto no.
Si può prendere il sole a seno nudo perché è piacevole, fa bene alla salute e non è un atto osceno.
sono una delle tante donne che questa estate, al mare, si sono crogiolate al sole leggendo su giornali e riviste dotte disquisizioni sul proprio seno nudo. Ciascuno dia detto la propria: giornalisti, sociologi, psicologi, etologi, medici, storici, filosofi, ecologi, ecclesiastici, politici, scrittori, moralisti, costumisti. Se non sbaglio, solo il sindacato non si è ancora espresso, ma forse lo farà in autunno.
Ne ho lette di cotte e di crude. Fa bene o male alla pelle? Sono nude o svestite? Provocano pacificamente o cercano la rissa? Emulano il maschio o è una spinta autonoma? E quindi sono contestatarie o no? Intendono affermare qualcosa o è un gesto fine a sé stesso? Ma è un gesto o un modo di essere? Spinge all’immoralità o afferma un’innocenza primordiale? Durerà, o finirà in un nulla? E l’anno prossimo cos’altro si leveranno?
Caspita. Dopo tanti discorsi sulla scienza e gli scienziati, sul ruolo degli intellettuali,, sui «nuovi filosofi» e sui problemi degli investimenti, di colpo mi trovo protagonista, e senza avere fatto nessuno sforzo. Non ho pensato, non ho scritto, non ho elaborato, non ho inventato. Erano sempre lì, da tanto tempo; piccole e brune, saltellanti e un po’ asimmetriche, le due tettine cruccio dell’adolescenza per la loro piccolezza, perdonate di ciò per il minimo ingombro nell’attività sportiva, e successivamente rivalutate per un principio di eleganza.
Fin dall’età dei tredici anni, per me scegliere un reggiseno era un problema: torace largo e seno piccolo, non tutte le marche lo contemplano, La forma consigliata era quella «a balconcino», cioè con le bretelle fortemente spostate verso l’ascella, due ferri a semicerchio per rendere il tutto indeformabile. Lo accrocco particolare dava molto risalto alla parte superiore centrale del seno, dando l’inebriante sensazione dell’abbondanza. La sera rimanevano a lungo i segni rossi scavati dal ferro. Un’estate di sei anni fa, dopo il bagno, non trovai a portata di mano un bikini asciutto, e misi la camicia senz’altro sotto. Fu una curiosa sensazione di non legare, non stringere, non tirare; una divertente sensazione di piacere la carezza della camicia sul capezzolo ancora freddo e umido dal bagno. Da allora non ho più portato alcun reggiseno .
Evito i vestiti troppo trasparenti e, soprattutto in vacanza, l’unica biancheria che lavo è ridotta alle -mutandine. Eppure per anni ancora, al mare, ho indossato il bikini completo, alternando tutti i tipi di bretelle per non far rimanere i segni bianchi sul petto e sulle spalle spostando freneticamente quelle stesse bretelle per poi indossare in modo elegante i vestiti che la moda mi proponeva: con scollatura tonda, quadrata, a barchetta, a pizzo sul davanti, a pizzo sul dietro, senza maniche e maniche all’americana. E in questo spostamento di bretelle lo spazio bianco attorno al capezzolo si riduceva sempre -più, senza scottature, senza olii particolari. Un po’ peccaminose, le gitarelle in pattino con la mamma levando il reggiseno. A lei il bikini lo aveva prescritto il medico già molti anni prima, come cura preventiva dei reumatismi. Due anni fa, in Corsica, tutte le signore usavano opzionalmente il reggiseno. ‘Per me fu un lungo sospiro di sollievo. Quando faccio il bagno o vado in barca sto nuda, e se qualcosa devo coprire è lo stomaco, dove patisco il freddo; sulla spiaggia no, mi danno fastidio la sabbia e i ciottoli bollenti. Quest’anno, a Ponza, coesistono bikini e monokini e nessuno sembra farci caso. Cari scrittori, censori e tuttologi vari; è tanto difficile essere semplici? Io non ho problemi, se non quello di evitare una possibile multa. Problemi, angosce, interpretazioni e previsioni sono tutte vostre.
E adesso, una parola su alcune reazioni ‘(osservate a luglio in Calabria e Campania durante un giro di lavoro con altre sei compagne del gruppo di teatro femminista di cui faccio parte). A Palinuro abbiamo affittato una barca a remi; siamo state perseguitate da gommoni, barchini e «ferri da stiro» dai quali gli uomini lanciavano complimenti, più o meno pesanti, e le donne inveivano e stigmatizzavano, recitando in pieno il cerimoniale di sottomissione e rassicurazione nei confronti dei loro uomini: «state tranquilli, noi questo non lo faremo mai, noi vi apparteniamo».
Verso Maratea, in un anfratto tra gli scogli dopo il promontorio in fondo alla spiaggetta (dove due matrone locali facevano già il bagno di sole curativo al seno), siamo state seguite dai giovanotti locali, che -si annidavano come gabbiani sugli scogli circostanti. Noi stavamo parlando dello spettacolo e dei nostri rapporti, entrambi in un momento di crisi. Ho detto ai giovanotti: «Ragazzi, noi stiamo parlando di cose importanti, così se state qui solo per vedere qualche seno, ditecelo e noi ci rivestiamo». Alcuni si voltano dall’all’altra parte, due se ne vanno, per tornare poco dopo con un biondino in costume da bagno, carino, che ci mostra la sua tessera con la foto in divisa con berretto con fiammella. «Scusate, a me non importa, ma a qualcuno può dar fastidio, per favore rivestitevi». (Non riusciamo neanche a incazzarci, avevamo già cominciato a farci il conto della multa, che pare sia sulle 25.000 a tetta). A Paestum, su una spiaggia molto popolare (come al solito nel pizzo più appartato, quello dove all’inizio non c’è mai nessuno), dopo un po’ compaiono a mo’ di indiani da dietro le dune, strisciando sulla- pancia, gli mancano solo le piume in testa. «Il seno scopritevelo a casa vostra, andate alla stazione Termini, bocchinare etc.», tutto il repertorio.
Ancora a Palinuro, tornando dal bagno faccio per scherzo alle altre, con forte accento -siciliano: «Sveggognate siete, in pubblico tutte scoperte; la multa vi faccio perché invidiosa sono: voi avete il seno bello e io no». Alcuni signori proprio lì accanto sorridono idiotamente imbarazzatissimi: fino a un momento prima avevano detto cazzate sui seni nudi.
Questi gli episodi salienti; sorvolo per stanchezza sui continui: «Scusi, ha un fiammifero»?
Già a questo punto è possibile fare delle analisi di simili comportamenti. Anzitutto, una o più donne «accompagnate» vengono lasciate in pace; si presume che «il responsabile» se ne faccia garante, e comunque sono sempre più audaci le donne quando non ci sono i loro uomini. Indipendentemente dalla presenza o meno di accompagnatori, osservo quanto segue. 1) In ceti sociali medio-alti e liberal-intelligenti, si può trovare l’uomo consenziente. «È sempre piacevole vedere un bel seno». La fedeltà si basa sui soldi e il sesso ne è la moneta. La donna ha come mezzo di scambio il corpo; il suo seno è un atto di propaganda perfettamente consono al sistema mercantile. L’atto di spogliarsi è così normalizzato e nel ricupero si perde lo scandalo.
In ceti sociali medio-bassi o comunque legati a tradizioni colpevolizzanti non può esistere forma di consenso né di recupero. Il potere dell’uomo sulla donna è sessuale e il denaro ne è la moneta. La donna che si spoglia da sola leva armi al maschio: non è il seno nudo ohe sconvolge, è il non poterglielo denudare.
Il compagno si trova in una duplice contraddizione. Da una parte è ben contento di vedere tante tette al vento e coglie l’occasione per spogliarsi anche lui; dall’altra si sente clamorosamente sorpassato sulla via della liberazione e allora col naso a dieci centimetri da un capezzolo parla di politica, normalizzando a suo modo pure lui. L’altra contraddizione è legata al suo pisello: da una parte è contento di fargli prendere il sole, si sente libero e solleticato pure lui; per di più, così dimostra ohe ha capito l’infondatezza del problema delle dimensioni; d’altra parte, se la normalizzazione a suon di discorsi politici non funziona, e il suo pisello lo dimostra, deve risolvere il dilemma: mostrarsi com’è, o improvvisamente decidete di abbronzarsi la schiena? Come vorrei che i giornalisti e tutti gli altri signori che ho nominato in apertura disquisissero sulle loro possibili erezioni, o sulla mancanza di quelle, in prossimità del nostro seno nudo, il quale c’è, e basta.