Europa

facciamola da noi

“Effe”, il Gruppo Donne per l’Europa e la Lega delle donne per il Socialismo lanciano una proposta.

settembre 1979

nessuna di noi si attendeva miracoli dalle elezioni al Parlamento europeo. Quante tra di noi avevano creduto, e ancora credono, in un’Europa diversa,’ avevano considerato questo avvenimento nient’altro che un piccolo passo verso l’Unione non solo economica ma anche politica, dei paesi europei. Ma forse avevamo sperato che, trattandosi di un’istituzione nuova, nascesse almeno all’insegna di una divisione di seggi se non altro equa tra uomini e donne. Invece solo 65 donne su 410 membri sono state elette al Parlamento europeo, il 15,8 per cento, mentre le donne rappresentavano il 52 per cento del corpo elettorale. Difficilmente dunque “un gruppo parlamentare femminile” potrà spingere il Parlamento europeo, che indubbiamente non mancherà di accrescere la propria influenza e i propri poteri, a tutelare gli interessi delle donne della Comunità.

Nell’ambito dell’altro organo comunitario, la Commissione di Bruxelles (che è composta peraltro soltanto da uomini), esiste sì un ufficio diretto da Jacqueline Nonon che si occupa dei problemi della donna, specie per quanto riguarda il lavoro, ma è un piccolo ufficio, senza mezzi, con poteri limitatissimi (vedasi Effe n. 6, giugno 1979). Anche il Consiglio dei Ministri, che pure ha emanato due direttive sulla parità di retribuzione fra lavoratori maschili e femminili e sulla parità di trattamento fra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale, non è certo un organo adeguato a tutelare gli interessi delle masse femminili, ancora discriminate dal punto di vista giuridico, assenti ai livelli in cui si prendono le decisioni e che rappresentano in tutti i paesi la più alta percentuale dì disoccupati,

Nell’ambito della democratizzazione delle Istituzioni europee ci sembra non impossibile oggi pensare alla creazione di un Comitato capace di indirizzare la politica comunitaria, per le donne. Il femminismo ha ormai sgombrato il terreno dagli equivoci basati su un falso emancipazionismo che ha per anni paralizzato l’azione delle donne con il rifiuto di commissioni e uffici femminili. Non si tratta infatti di lasciarsi emarginare, né di limitarsi ad attività di rivendicazone di categoria. La verità è — come aveva già avvisato Bebel — che le donne non devono aspettarsi dagli uomini più di quanto gli operai
possono aspettarsi dai padroni e dunque le donne devono esse stesse studiare, proporre e controllare senza più delegare “agli addetti ai lavori” le soluzioni ai tanti problemi che la cultura maschilista e fallocratica ha creato e che tuttora pesano sulle donne, perché tali.

Partendo da queste premesse abbiamo pensato di proporre la creazione di un comitato permanente per la politica comunitaria delle donne, anche in considerazione della ristrutturazione che certo la commissione deve prevedere per far fronte ad una attività che il nuovo Parlamento renderà più vivace. Altri comitati, non previsti dai Trattati, sono stati costituiti in questi anni — basti pensare a quello efficientissimo dei consumatori —. Il Comitato per la difesa della donna dovrebbe essere composto da donne appartenenti ad associazioni, gruppi e collettivi dei paesi membri e avrebbe così anche la funzione di essere un luogo permanente di incontro e di confronto sulle realtà dei vari paesi, realtà che spesso non emergono nei documenti ufficiali o nei testi legislativi. Il Comitato dovrebbe avere un Centro studi e ricerche e do-dovrebbe poter emettere dei pareri di propria iniziativa e dovrebbe essere consultato fin dall’inizio dei lavori della Commissione in tutti i settori che interessano le donne della Comunità. Per questo motivo il Gruppo donne per l’Europa, la Lega donne per il socialismo e la rivista Effe, intendono presentare ufficialmente questa loro proposta alla Commissione delle Comunità Europee, previa discussione con gli altri gruppi femministi particolarmente interessati ai problemi europei e con le parlamentari europee progressiste, Pensiamo di organizzare un’azione di pressione concertata nei vari paesi e siamo già entrate in contatto con il gruppo Femmes pour l’Europe di Bruxelles e con il gruppo Choisir di Parigi.