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aborto obiezione di coscienza

se è pur vero che ogni Paese ha la classe medica che si merita, noi di solito così pessimiste, non possiamo non sospettare che la nostra classe medica
possa essere molto ma molto peggiore del Paese al quale appartiene

luglio 1978

se è pur vero che ogni Paese ha la classe medica che si merita, noi di solito così pessimiste, non possiamo non sospettare che la nostra classe medica possa essere molto ma molto peggiore del Paese al quale appartiene. Mentre abbiamo assistito in questa prima fase del dopo-legge ad un atteggiamento almeno formalmente corretto degli organi ufficiali dell’ordine dei medici; da parte di giornali, giornaletti ed organi vari, rappresentanti gruppi anche considerevoli di medici, si sono avute dichiarazioni e prese di posizione a dir poco preoccupanti; tutti si dichiarano nel senso di una condanna, spesso superficiale e scopertamente mistificante della legge dell’aborto, si schierano duramente soprattutto contro la decisione finale alla donna, e suggeriscono implicitamente o esplicitamente il ricorso all’obiezione di coscienza da parte dei medici, allo scopo di rendere inoperabile questa legge negli ospedali. È uscita così allo scoperto, in modo spesso sconcertante, l’anima integrista e corporativa dei nostri medici, condita spesso con un atteggiamento sprezzante nei confronti dei pazienti, specie se donne.
Insomma, questa legge ha tolto il velo ad una classe medica potente e ricca, nascosta da secoli dietro privilegi e coperture, disinvolta e decisa quando si tratta di difenderli.
Il ricorso all’obiezione di coscienza nasconde spesso, dietro motivazioni etiche, il disprezzo per un intervento, quello abortivo, chirurgicamente non «qualificante», non redditizio, spesso «rischioso» professionalmente, all’interno di reparti dove, magari, il primario si è già pronunciato decisamente contro la legge. Nelle strutture ospedaliere cattoliche è stato richiesto a tutti indiscriminatamente di firmate una dichiarazione di obiezione, raccolta dalla direzione e certamente premessa ad eventuali ambizioni di «carriera» all’interno dell’istituto.
Si è tentato, si sta tentando di emarginare all’interno degli ospedali i pochi medici non obiettori (ma molti di più di quelli che si temeva e questo è in sé un dato confortante) che vengono sballottati da un reparto all’altro, per coprire «buchi» di assistenza voluti dai loro non molto rispettabili collega.
Sta quindi di nuovo alle donne il compito di farsi carico di queste prese «posizione da parte dei medici (in parte, ma non totalmente previste) portando ovunque la propria ostinata determinazione a far sì che questa legge già così carente, venga applicata senza cadere in trucchetti giuridici, nel modo più somigliante che sia possibile alle nostre esigenze. Deve crescere la coscienza che l’aborto non si limita esclusivamente all’intervento chirurgico in sé, ma comporta un’accurata assistenza pre e post operatoria, un’atmosfera tranquilla, un’assistenza da parte di tutto il personale, che rispetti e sostenga la donna in un momento molto difficile della propria esistenza, e tutto questo si deve accompagnare ad una sempre più accurata prevenzione, e informazione sugli anticoncezionali.
Inoltre le donne devono denunciare puntigliosamente tutti i casi di medici singoli o gruppi di medici che sia nel concreto, sia con pressioni psicologiche o «di contesto» si prendano la responsabilità d’impedire o rendere difficile il compimento dell’aborto, oppure che esercitino illegalmente l’aborto dopo aver presentato domanda di obiezione, o che non rispettino il segreto professionale o che in qualsiasi modo violino il diritto delle donne o lo applichino a loro arbitrio. Insomma denunciare tutti quei casi nei quali le donne di nuovo siano costrette a subire il peso di una condanna ingiusta della società, contro la loro volontà e capacità di crescita e cambiamento.

Invano la coscienze bagasce… accampano singhiozzanti, gli obbrobri degli aborti clandestini… O si gonfiano di retorica parlando di autogestione della donna…
Negli ospedali, in molte strutture sanitarie, negli istituti religiosi, nelle case di tutti i medici, da alcuni mesi, ma soprattutto in questo ultimo periodo, arrivano decine e decine di lettere, appelli, giornali, documenti, per spingete i medici ed il personale paramedico all’obiezione di coscienza.
Il tono varia dal minaccioso al suadente, dal fervido all’incredibilrnente grossolano, ma la sostanza è la stessa, quella di invalidare e rendere inapplicabile nella nostra realtà sanitaria questa legge per l’aborto, negando alle donne la possibilità di abortire, sia pure con molte difficoltà, in un ambiente sanitario protetto, criminalizzandole, ricacciandole nella solitudine e nella clandestinità.
Salta fuori l’anima farisea, la violenza sconcertante di certe argomentazioni, il classismo, la profonda divaricazione di tanti medici, di una «cultura» della medicina, che non possiamo che temere lontanissima dalla società italiana, ad essa profondamente estranea.
Che questa reazione in qualche modo potesse verificarsi, era cosa che la sinistra, ma soprattutto il movimento delle donne ben sapeva, non si pensava che assumesse i toni da crociata e la vastità che sta oggi assumendo.
Fortunatamente queste prese di posizione stanno però ottenendo un risultato positivo, quello di toccare di nuovo, in modo radicale ed immediato la coscienza e la volontà stessa di sopravvivenza di moltissime donne. Si costruisce così la capacità e la rabbia per una riorganizzazione del dissenso e della lotta in tutti i luoghi in cui essa si renda necessaria.
Avvisaglie di quanto sta avvenendo ci sono ovunque, ma sono più chiare proprio dove più radicale e violento,è stato l’atteggiamento della classe medica, del personale paramedico religioso e non religioso.
Dobbiamo riuscire ad ottenere l’applicazione di questa legge; per farlo dobbiamo avere subito le informazioni da tutta Italia sulle illegalità che vengono commesse, per poter denunciare i casi più gravi; bisogna organizzarsi (vv. policlinico) contro le situazioni di stallo volute da alcuni primari, bisogna stimolare in tutti i modi i partiti e le organizzazioni democratiche della sinistra a farsi carico di questo problema che di giorno in giorno si fa più urgente. Bisogna avere la coscienza che non è in gioco solo la salute delle donne, ma la credibilità, la possibilità di cambiamento ed il potere contrattuale della sinistra tutta.
Riportiamo qui sotto per la riflessione di tutte, tre esempi di diverso tono ma di uguale sostanza, tra i molti materiali che si stanno diffondendo in tutta Italia, contro tutte noi.
Chi avesse altro materiale, denunce, notizie, anche casi positivi di situazioni dove la collaborazione con i medici funziona e si allarga, può inviare tutto al giornale, che volta per volta, renderà pubbliche.

1° esempio, di tono «fervido» scritto da Padre Eugenio Brangatti: superiore dei cappellani: Ospedale Santo Spirito, Padri cappellani
«Egregio Dottore o Infermiere,
Perdoni il mio zelo, ma la responsabilità che sento come sacerdote-cappellano incaricato del Bene religioso e morale anche di tutto il personale ospedaliero mi spinge a consigliarle un bene che reputo essenziale e necessario per la sua dignità professionale, di cui ho altissima stima. Il consiglio è questo: “sollevare la sua obiezione di coscienza” poiché ne ha il diritto in relazione alla legge sull’aborto, recentemente approvata, che, come ella sa, oltre a permettere e appoggiare la soppressione delle vite nascenti, coinvolge e strumentalizza il medico e i suoi assistenti a commettere ciò che non solo la morale cristiana ma anche quella umana considera delittuoso. Il quinto comandamento di Dio — non uccidere — è troppo esplicito e chiaro perché non dia rimorsi e dubbi a chi osa infrangerlo per motivi più o meno ignobili, pur se avallati da leggi umane. Inoltre la missione dell’arte medica è soltanto “aiutare la vita, difendere la vita e combattere la morte” ed è immorale il tranello che subdolamente le si sta facendo, di trasformarla in strumento di morte o comunque di soppressione di vite in nome di criminose libertà o di inumano progresso o di falsa “pietà”.
Dio l’aiuti, la illumini per scegliere la difesa della vita, sempre, coraggiosamente, come hanno fatto e faranno tutti gli onesti e i coerenti. Scegliendo la civiltà dell’amore non quella dell’uccidere».

2° esempio, di tono ispirato, da una lettera della dott.ssa Giuseppina Pastori al giornale «La coscienza del cittadino» 12-6-78
«…non per proseguire la lettura del testo sacro (la storia dei tre giovanetti ebrei deportati a Babilonia) ho preso dallo scaffale il libro di Daniele profeta; non per ricordare la discesa dell’Angelo nella fornace… né il miracolo del fuoco che non li tocca, né il melodioso “cantico dei tre fanciulli” che rieccheggiò, agli albori della nostra lingua, nel “cantico delle creature” e che ancora oggi si recita nell’ufficio divino… e non stanca mai. Più bella di ogni racconto, di ogni inno e di ogni cantico, più bella di ogni miracolo è l’obiezione di coscienza: “la tua statua non la adoriamo”, Penso ai giovani medici, alle ostetriche, agli infermieri, che, sfidano, non la fornace accesa, ma l’insuccesso nella carriera (n.d.r.), saranno obiettori di coscienza di fronte alla deplorata legge che legalizza l’aborto e poco si scosta dalla sua liberalizzazione».

3° esempio, nello stesso giornale, di sconcertante volgarità, da un articolo dal titolo «La coscienza degli abortisti» a firma Francesco Maria Agnoli.
«Osserva il teologo Giacomo Biffi, nel suo libro “Contro Maestro Ciliegia” che “ciò che è detta coscienza e viene spesso chiamata in causa è molte volte una specie di prostituta interiore che si adegua rapidamente, che apprende in fretta quali siano le voglie del suo tiranno, che impara subito le parole da dire, i giudizi da dare, i consensi attesi”. Di queste coscienze da postribolo, di questi puttanoni da quattro soldi si sono largamente mostrati forniti in questo periodo quanti hanno cercato di contrabbandare appunto sotto le mentite spoglie di una questione di coscienza l’approvazione alla legislazione liberalizzatrice dell’aborto…
«…Invano le coscienze bagasce, col deteriore sentimentalismo che è loro proprio, accampano singhiozzanti gli obbrobri’degli aborti clandestini, s’infiammano d’indignazione bollando con roventi parole, i ginecologi divenuti miliardari e le mammane fattesi milionarie, o si gonfiano di retorica parlando di autogestione della donna, di maternità consapevole. La Ragione e la Scienza non si lasciano smuovere da queste carezze lascive, da queste parolette sentimentali, da questa adattabilità a tutte le sollecitazioni, e continuano imperterrite a sostenere che se il feto (gli imbecilli radical-chic lo chiamano zigote credendo di cambiare la sostanza col mutare delle parole) è il primo e necessario stato dell’uomo e in lui è già necessariamente presente la vita umana, e che se la soppressione di una vita umana è assassinio, assassinio è l’aborto e assassini sono coloro che lo praticano anche se indossano il camice bianco del chirurgo o portano le mezze-maniche dei burocrati della mutua…».