informazione
le voci diverse
pubblichiamo una breve rassegna delle riviste femministe uscite, spesso in numeri unici, o in quaderni aperiodici, negli ultimi anni.
sottosopra
Nasce nel 1973 su iniziativa di alcuni gruppi femministi milanesi. Lo scopo è quello di creare uno strumento di dibattito e di collegamento tra i gruppi femministi, non solo quelli milanesi. Il fine più ampio è la costruzione di un movimento femminista «che sia qualcosa di più dell’esistenza più o meno nota di vari gruppi di donne che conducono diverse esperienze. Sentiamo l’esigenza di fare qualcosa che incida nella realtà in cui viviamo, che coinvolga un numero crescente di donne: e per far questo bisogna costruire una realtà diversa dal piccolo gruppo, più vasta, più complessa, non alternativa certo, ma semplicemente con funzioni diverse da quello». Un giornale che sia lo specchio del movimento, che «non crei» un dibattito «chiuso e specialistico tra le femministe», ma che non si rivolga nemmeno «genericamente a tutte le donne». Ne usciranno tre numeri, un numero-fascicolo nel 1973, 74, ’75, ’76 e un supplemento-foglio,
Il primo e il secondo numero raccolgono le esperienze dei ‘gruppi femministi in Italia anche se nel primo emerge nell’impostazione e nei contributi la presenza di Lotta Femminista, che si pone in quel periodo come l’unica forza organizzata nell’ampia costellazione dei collettivi femministi italiani. Il secondo (1974) è eterogeneo per la diversità dei collettivi e dei contenuti. Il fascicolo del 1975 riporta documenti di gruppi femministi e testimonianze di donne che cominciano a presentare una omogeneità tra di loro, come pure gli interventi dell’incontro dell’I e 2 febbraio al circolo De Amicis di Milano. I temi sono la sessualità e l’aborto e «i testi documentano la presa di posizione le riflessioni e le proposte di gruppi femministi e di singole donne». Il tema della sessualità e del corpo si delinea chiaramente soprattutto ad opera del collettivo dei gruppi femministi di via Cherubini di Milano e su loro iniziativa escono il fascicolo del 1975 e il numero del 1976. Dicono nel fascicolo: «Il movimento delle donne da anni ha una pratica politica che investe la sessualità e quindi anche il problema dell’aborto. Recentemente nella società è prevalsa l’idea di trovare un compromesso meno ipocrita e meno iniquo su tale problema, salvo restando che tocca e toccherà sempre alle donne assicurare la limitazione delle nascite con i sistemi esistenti dei quali l’aborto è quello principale. Noi donne invece diciamo: (1), che non vogliamo più abortire; (2) che non si può parlare di aborto senza chiamare in causa la sessualità dominante e la struttura sociale».
L’ultimo numero raccoglie testimonianze individuali e collettive del e sul convegno nazionale dei collettivi femministi tenutosi a Pinarella di Cervia l’I, 2, 3 e 4 novembre 1975 e i rapporti fra donne nei collettivi e fuori (le vacanze, per esempio). È importante l’impaginazione, la grafica, le fotografie; c’è il tentativo di usare diversi linguaggi.
Dopo questo numero e il supplemento del dicembre 1976 a cura dei gruppi in cui si è articolato il collettivo di via Col di Lana per riflettere sulla pratica politica.
Da queste ultime esperienze nasceranno nuove esigenze, nuovi bisogni che verranno espressi da nuove riviste.
differenze
«Differenze tra uomo e donna, tra classe e classe, tra donna e donna, tra femminismo dell’800 e femminismo di oggi, tra emancipazione e liberazione, -tra femminismo e femminismo, tra numero e numero di queste pubblicazioni». Così dal primo numero di questa rivista romana nata per permettere una comunicazione in uno spazio autonomo alle compagne, dei collettivi femministi. Non esiste un gruppo redazionale, il gruppo di donne che ha curato il primo numero ha creato una struttura alla messa a disposizione dei collettivi femministi realmente autonomi, non legati a partiti e gruppi.
Non è quindi «una pubblicazione che rappresenta il movimento femminista, che, se è vero quanto abbiamo detto, si sottrae ad ogni individuazione che utilizzi una sola ottica; quanto ci sarà scritto sarà responsabilità di chi firma, volta per volta, quella determinata pubblicazione e non rappresenterà l’ultima parola del femminismo sull’argomento trattato».
Il primo numero, a cura di donne appartenenti al collettivo Donna e Cultura, Donna e cinema e del Movimento Femminista Romano di via Pompeo Magno, nasce insieme all’esigenza di creare collegamenti più stabili e continui tra i collettivi che si concretizzano anche nella costruzione della «sede centrale» di via Capo d’Africa.
«Vogliamo aprire un discorso sul femminismo come riscoperta della nostra Storia, non come ricerca culturale di elites, ma come ripensamento di militanti femministe, ai fini della riconquista di una nostra specificità, anche storica, che ci serva a chiarire i problemi politici dell’oggi. Perciò abbiamo scelto il primo movimento femminista italiano dell’Ottocento, e le sue differenze, sia interne, sia tra noi e i temi da esso affrontati».
Dopo il primo numero del giugno 1976, ne escono altri otto curati dai diversi collettivi romani. Dal collettivo di pratica dell’inconscio di via della Pace o meglio «da un gruppo di noi che ne ha più voglia», dalle donne di Maddalena Libri con i dibattiti fatti al centro della Maddalena sulla comunicazione delle donne, sul rapporto donne-politica.
Dal Movimento femminista Romano di via Pompeo Magno «dopo una lunga discussione collettiva sul tema della sessualità, ma anche con altri argomenti emessi dopo il Movimento degli. studenti del ’77, da alcune donne del collettivo donna e cultura» un collettivo femminista — scrivono — che da anni è sospeso tra due linee: fra l’autocoscienza e la pratica dei rapporti tra donne, e il problema del lavoro e «dell’intervento sociale». Il gruppo femminista per la salute della donna dedica il numero doppio 6-7 al convegno internazionale sulla salute della donna tenutosi a Roma il 24, 25, 26 giugno 1977, «non vuole riportare una elaborazione omogenea ma piuttosto far rivivere quello che è stato un incontro collettivo». L’ultimo numero uscito è curato dalle donne dello studio Ripetta «uno studio molto bello dove Alessandra e Diana studiavano e lavoravano, ed erano disposte a dividere il posto con qualcun altro».
catalogo di testi di teoria e pratica politica
Sulle servitù della scrittura. E sulle sue grandi possibilità. Gruppo del catalogo – Libreria delle donne, Via Dogana 2 Milano. L. 1.000, aprile 1978. Senza illustrazioni.
L’idea di questo catalogo è nata stando nella Libreria delle donne di Milano. Venivano richiesti di preferenza i libri dichiaratamente e notoriamente femministi, piuttosto che testi collettivi legati direttamente a concrete esperienze di donne o libri pensati senza schemi ideologici precostituiti Dopo aver riflettuto su questo fatto le donne della Libreria hanno scritto un cartello che hanno affisso nella Libreria. «Non esiste punto di vista femminista. I libri cosiddetti femministi che sono in questa libreria valgono, se valgono, per il legame ohe hanno con la lotta delle donne e con la modificazione della realtà, In ogni caso non contengono il punto di vista femminista.
«Il pericolo. che si corre in questa libreria è di far credere ohe qui si possa vendere e comprare la nuova visione del mondo dal punto di vista femminista. Su ogni argomento: favole, musica, letteratura, maternità, educazione, ecc.»
«È importante che il sapere conquistato dalle donne attraverso l’esperienza e la pratica politica circoli in documenti, riviste, volantini e anche libri. Ma sarebbe catastrofico se questo sapete venisse assunto come ideologia, cioè come un discorso precostituito, tutto fatto. Invece di produrre idee attraverso la modificazione collettiva della realtà ci si accontenta di assorbire una visione del mondo traendola dai libri “femministi”, Così il movimento si riduce a fatto culturale. Usati in questo modo i testi del movimento servono da conferma e fanno censura. Esempio: l’insegnante donna, che cerca il libro femminista sulla scuola, in realtà sta subendo l’istituzione scolastica, avverte un disagio e tenta con la lettura di questo libro di sentirsi a posto come insegnante e come donna invece di fare una lotta là dove incontra le contraddizioni reali, «Di questa situazione hanno approfittato gli editori mettendo sul mercato una merce fatta per rispondere a questa domanda passiva. Immaginare che ci sia un punto di vista femminista toglie la voglia di prendere posizione perché nessuna (?) si sente di parlare in nome delle donne. L’ideologia — vale a dire il discorso politico che non ha più legame con la realtà — è molto chiacchierona, ma produce illusioni e consolazione a ripetizione, insomma lascia le cose come sono.
«Abbiamo bisogno di teoria e questa si guadagna da ciascuna e da tutte le donne attraverso la pratica politica (perché solo politica?). Tutte sono competenti, non ci sono né autorità né autrici».
Oltre a scrivere il cartello un gruppo si è formato per ragionare sull’uso che le donne fanno della carta stampata e sul rapporto che hanno con essa, come lettrici, venditrici, autrici di essa. «Vogliamo capire a fondo questo rapporto, vogliamo soprattutto che, il movimento sia il più libero e attivo possibile. Vogliamo soprattutto che il movimento delle donne rimanga tale e non si riduca a essere ideologia femminista. Nasce così il progetto del catalogo: leggere o rileggere e commentare quello che le donne hanno scritto individualmente o collettivamente, alla luce della nostra pratica politica, di ciò che siamo oggi, già diverse da ieri».
Tentativo di (ri)lettura e scrittura collettiva.
I libri e i documenti esaminati in questo primo catalogo sono legati direttamente alla nascita e alla crescita del movimento delle donne: «Alternative», Betty Friedan «La mistica della femminilità», Sh. Firestone «La dialettica dei sessi», «Sottosopra Rosso», «Sottosopra N. 4», L. Irigaray «Speculum», K. Millet «La politica del sesso», J. Kristeva «Donne Cinesi», Scritti di Rivolta Femminile, C. Lonzi «La donna clitoridea e la donna vaginale». «È già politica», AA.VV. «La coscienza di sfruttata», «La parola elettorale», «Noi e il nostro corpo», «Insieme contro»,
non è detto
pagine di donne
Piazza Bertarelli 4, – Milano 1978, L. 1.200.
Il primo numero di questa rivista è stato realizzato da un gruppo di. donne che, pur apparendo con i loro nomi sulla rivista, non firmano gli articoli, dato che questi sono il frutto di un lavoro collettivo «di attenzione reciproca, di attenzione ai significati dei gesti e delle parole, di proposizione delle proprie passioni, delle proprie voglie, di confronto, di scoperta… lavoro aperto alle donne che a tutto questo sono interessate…».
per alcune di noi, che avevano fatto parte del gruppo di via Cherubini prima e di Col di Lana poi, il 1977 è stato l’anno della nausea delle identificazioni generiche, degli ideologismi alla «donna è bello», dei motti «io sono mia». Per tutte, dopo anni di discussioni in grandi e piccoli gruppi, è venuto naturale il desiderio di lavorare su un progetto concreto, di esprimere il nostro momento politico, il punto a cui una è arrivata, la voglia di capire come andiamo avanti nella nostra storia, nel movimento delle donne, la voglia di stare attente a più fatti, di portare sulla scena cose nuove, sia come modo. di lavorare sia come argomenti da trattare». Le donne che. lavorano a questo progetto non si sono date scadenze fisse e regolari, «…per ora dei fascicoli, dove raccogliere riflessioni, notizie, gesti, parole sulle nostre lotte, sulle nostre vite, sul lavoro, l’amore, la storia, che costruiamo giorno per giorno».
In questo primo numero:
II fascino della norma. Dopo il convegno del Collettivo Donne Omosessuali di Milano, alcune partecipanti e non, si sono ritrovate a discutere sull’omosessualità e il movimento delle donne.
Dopo la tempesta. Il ciclostilato sulla sessualità diffuso nel giugno 1977.
Da un corso delle 150 ore.
Libri, libri, libri, quattro donne della Libreria di Milano, insieme con alcune di Radio Popolare, hanno presentato in una trasmissione dei libri sulla sessualità.
Conchita
Quelle che fuggono e quelle che appaiono felici e La differenza internata, discussione su un documento del gruppo Donne e Cultura di Roma e un testò apparso sulla rivista francese «des Femmes en mouvement».
La mia storia è questa, discussione sul libro «Le donne di Ravensbrùk».
La libertà di dissociarsi, due comunicati sul 16 marzo 1978.
a zig zag
Non scritti, scritti, descritti, postscritti, inscritti, trascritti, prescritti, riscritti. Milano, maggio 1978. Numero unico. Senza illustrazioni. L. 1.200.Gruppo sulla sessualità e la scrittura. Scritti di Paola Redaelli, Maria Radaelli, Lidia Campagnano, Giancarla Dapporto, Donatella Bassanesi, Anna Maria Battistini, Adriana Monti, Luciana Percovich, Maria Luisa Magagnoli, Lea Melandri.
«Ci siamo ritrovate casualmente, qualcuna di noi ha cercato l’altra dopo averla sentita parlare, oppure dopo aver letto un suo scritto su un giornale o un periodico non del movimento. Ci siamo incontrate intuendo che era necessario, per ricominciare a capirsi, rompere con la norma femminista rispetto al linguaggio e alla scrittura, con l’anonimato, col mito del collettivo, col silenzio sulle differenze che fuori dal gruppo femminista si perpetuano tra le donne che scrivono e quelle che non scrivono, tra quelle che scrivono diari e quelle che scrivono libri di successo. Ci siamo incontrate intuendo che era necessario ridar valore allo scrivere di ogni donna e al non scrivere di molte; smettere insomma di ritenere sbrigativamente che la scrittura sia per le donne uno strumento (di comunicazione o di espressione)…».
…«Anche per noi le nostre riunioni erano simili ad altre di autocoscienza, di pratica dell’inconscio o di discussione, ma da quelle anche differivano per lo sforzo fatto da ciascuna di non considerare il gruppo come un insieme indistinto, ma come un collettivo di facce ben note, riconoscibili, individuali; alcune volte siamo riuscite a provare il piacere di lavorare tra noi, proprio tra noi quelle che siamo: nomi, cognomi, indirizzi…» «…Possiamo chiamare il lavoro che abbiamo fatto con l’abusato nome di pratica. Un’indagine che ha comportato un cambiamento per ciascuna di noi e un piccolo mutamento anche nel modo che abbiamo scelto di comunicarla, innanzitutto alle altre donne…» È passato un anno. «…Abbiamo deciso che ciascuna di noi scrivesse ciò che le pareva del lavoro fatto. Tutte, prima o poi, hanno scritto: anche quelle che non “usavano” che non avevano mai scritto nemmeno una pagina di diario…». «…Riteniamo che pubblicare questi scritti e le postille sia il modo migliore per comunicare ciò che abbiamo fatto, rispettando la reale dialettica individuo collettivo che si è avuta lavorando insieme, il confronto che ciascuna di noi a più riprese e in tempi diversi, ha avuto con le altre, il vissuto di questo confronto, drammaticità del processo con cui siamo giunte ad avere anche alcune opinioni comuni».
nuova dwf
donnawomanfemme
D. W. F. – Nuova Donna Woman Femme.
Viale Angelico 301 – Roma, tel. 3599465.
In vendita nelle librerie e per abbonamento.
È una rivista trimestrale di studi internazionali sulla donna, collegata a quella parte del movimento attiva nelle università italiane e straniere e in altre sedi di ricerca. Il suo scopo non è quello — o non soltanto — di rivisitare la cultura per scoprire quanti e quali contributi le donne abbiano apportato nel corso della storia, quanto quello di elaborare una metodologia ed un approccio di ricerca sulla donna che non sia la piatta applicazione di schemi ‘precostituiti, ma il tentativo di «reinventare» creativamente gli strumenti di una cultura diversa. Si tratta di un impegno duro e a lungo termine che vede momenti anche di incertezza, utili tuttavia ad approfondire e a riflettere anche un rapporto che le donne hanno col loro lavoro di ricerca quando l’oggetto dell’indagine diventano esse in quanto donne. Giunta al suo settimo numero, Nuova DWF è uscita sempre con numeri monotematici: donne e ricerca scientifica, donne e trasmissione della cultura, donne e ricerca storica, movimento e istituzioni, donne e letteratura, in cui si raccolgono elaborazioni di varie discipline intorno al tema esaminato, senza la pretesa di offrire un panorama esaustivo, ma come proposta di intervento e strumento per tutte le donne che si stanno applicando o sono interessate alla ricerca in quel campo. A partire dal numero 6-7 la rivista, dopo aver ‘sperimentato per due annate il rapporto con editori, esce in autogestione. Restano inalterati sia il prezzo dell’abbonamento (lire 8.000 per quattro numeri) sia quello dei fascicoli (lire 2.500).
Il numero che esce a luglio è doppio: imperialismo e maternità. Raccoglie un lungo saggio di Anna Davin sull’ideologia della maternità, riproposta in modo massiccio quando la Gran Bretagna nello stabilire l’Impero chiedeva una popolazione numerosa contro l’abbassamento della natalità dovuto al controllo delle nascite. L’articolo di Linda Gordon tratta della prima campagna per una «maternità volontaria» negli Stati Uniti. Julia Kristeva analizza le Madonne di Giovanni Bellini come documento attraverso il quale mi surare il senso attribuito dal pittore e dalla sua epoca alla maternità. Seguono due saggi di psicoanalisi: quello di Silvia Montefoschi espone alcune note critiche sulle teorie del «Maternage» mentre Rosaria Micela analizza a partire da una critica alla Lacan la teoria dell’inconscio materno come determinante la personalità dell’individuo figlio.
Il numero si chiude con una prima analisi tecnico-politica condotta da giuriste della legge sull’aborto.
quotidiano donna
Via del Governo Vecchio, 39, 2° piano, Roma.
Direttrice responsabile: Emanuela Mordi. Esce il sabato, in edicola. L. 200.
I primi otto numeri di questo settimanale sono usciti con il sostegno economico del Quotidiano dei Lavoratori, che ha messo a disposizione tipografia, distribuzione; carta ed ha dato alla redazione 2 milioni al mese. Gli articoli, le fotografie e i disegni sono pagati.
II giornale ha oggi una tiratura dichiarata di ottantamila copie.
Nell’editoriale del primo numero scrivevano: «Quotidiano Donna è nato da una riflessione di alcune compagne del movimento su come le donne, da sempre, siano condizionate dai mezzi di informazione, sia nei contenuti che vengono da loro imposti, sia nell’immagine di “donne” che questi propongono.
Pi qui la necessità di una informazione diversa, delle donne per le donne, che però è ancora tutta da inventare e noi lo vogliamo fare tutte insieme.
Su queste esigenze ci siamo incontrate, abbiamo formato un collettivo aperto ci siamo ritrovate a discutere in assemblea. Perché Quotidiano Donna. Perché vogliamo parlare della quotidianità delle donne, delle cronache mai scritte, delle storie mai sapute, delle “vergogne” e delle paure che nascondiamo dentro di noi. Ma anche delle lotte, dei momenti in cui ci organizziamo, in cui costruiamo il nostro modo di far politica… Il nostro progetto è anche quello di denunciare la informazione tradizionale che passa sulla nostra pelle, Quotidiano donna vuole essere un attento e critico contrappunto di questa “informazione” fatta dal mondo maschile a sua misura».
le operaie della casa
Il giornale esce a cura del Gruppo Redazionale, dei Comitato per il Salario al lavoro Domestico di Padova. Le redattrici lo definiscono un «giornale-collage di parole, di disegni e di fotografie. Diffondiamo notizie sulle lotte che le donne portano avanti nelle case, nelle fabbriche e nelle scuole contro il lavoro e lo sfruttamento che sono costrette a subire, parliamo della sessualità, scriviamo della musica». Già nel 1972 l’allora Lotta Femminista (dal ’74 costituitasi in Comitato per il Salario al Lavoro Domestico) aveva pubblicato sotto la forma di Quaderni una rivista a carattere teorico. L’offensiva, di cui uscirono due numeri, che si proponeva di «porre e sviluppare un punto di vista, quello del femminismo e della classe come un tutt’uni-co» sin dal primo numero, del giugno-luglio 1976, l’impostazione del giornale è però più chiaramente’ definita dall’editoriale «…avevamo… la voglia di dare un’interpretazione femminista delle notizie su noi donne… volevamo raccontare alle altre donne tutto quello che in questi anni abbiamo cercato di organizzare… volevamo costituirci come punto di riferimento… rete di collegamento tra tutte queste situazioni (i luoghi dello sfruttamento delle donne Ndr)… il nostro giornale è la voce dell’autonomia delle donne». E l’autonomia delle donne nasce dal-l’«unica» strategia politica, quella del salario al lavoro domestico. In questo modo il giornale si pone .come «strumento che dà delle indicazioni politiche» a sostegno del lavoro politico del Comitato per il Salario al Lavoro Domestico.
Il giornale ha un supplemento, Donne all’attacco, gestito dai Comitati per il salario delle diverse città.
..e siamo in tante…
Bollettino del Movimento Femminista Romano in via Pompeo Magno che riprende ad uscire dal marzo 1976 dopo due anni di interruzione.
C’è un «gruppo stampa» che si riunisce regolarmente e che coordina il lavoro per la pubblicazione; lo scopo è quello di portare fuori del collettivo le posizioni del gruppo. Le scadenze operative non devono però pregiudicare l’obiettivo principale che è quello «di creare rapporti fra noi necessari all’analisi dei contenuti che vogliamo comunicare». Il bollettino quindi come strumento di confronto e di comunicazione tra collettivi. «Non vogliamo mediare nulla, ma solo comunicare ed informare direttamente le compagne che operano con noi senza mediazioni di professionismo che, secondo la nostra esperienza femminista, equivalgono a non creare rapporti paritari fra chi scrive e chi legge».
lilith
È il giornale del Movimento di Liberazione della Donna Autonomo, costituito da un gruppo di militanti di ispirazione marxista che si scissero dal Movimento di Liberazione della Donna dopo che questo riconfermò nel congresso del 1975 la sua federazione al Partito Radicale. Lo scopo del gruppo è quello di «guadagnare alla lotta femminista un corretto spazio nell’ambito più generale della lotta di classe …comprendere …che la lotta per la liberazione della donna è una componente decisiva della lotta rivoluzionaria». Il foglio vuole esprimere le posizioni del gruppo e le sue successive elaborazioni e trasmetterle non solo agli altri gruppi e collettivi, ma anche alle altre donne «le lavoratrici e le casalinghe con uno o più figli e con il marito che quando torna dal lavoro vuole trovare il pranzo a tavola!» che non possono trovate il tempo di frequentare i collettivi.
volere è volare
Via Emilia S. Pietro 25, Reggio Emilia. Fatto da alcune donne che provengono da esperienze in collettivi femministi e da altre che non ne hanno mai fatto parte. «Abbiamo provato a fare questo numero 0 con la voglia che ce ne siano altri, perché c’era in tutte noi, che ne abbiamo discusso, un desiderio molto grosso di riprenderci alcuni strumenti come la scrittura, per poter parlare tra di noi e con le altre».
malafemmena
Giornale del coordinamento dei collettivi femministi di Via dell’Orso, 8, Milano. Supplemento a Stampa Alternativa. Maggio 1978, L. 500.
«Un grido di rivolta, un saluto, un bacio, un articolo, una canzone, un qualcosa dal di dentro, da parte nostra, anche per le compagne di Genova, di Bologna, per Flavia e Franca a Torino, per Manola a Padova, Caterina a Varese, Fiora a Napoli, Franca Salerno e Maria Pia, Nadia, Paola e tutte le altre a Messina e in tutta Italia. Anche per questo ci serve un giornale, per questo, mentre lo scriviamo, pensiamo che per parlare con molte compagne, troppe, dobbiamo superare anche le barriere del carcere…».
Tutti questi scritti di donne si possono trovare presso le seguenti librerie e centri di documentazione:
Libreria delle donne – Via Dogana, 2 Milano – Tel. 02/874213.
Libreria delle donne – Largo Monte-bello, 40 F – Torino – Tel. 011/876216.
Librellula – Strada Maggiore, 23 – Bologna – Tel. 051/235294.
Libreria «Al tempo ritrovato» – Piazza Farnese, 103 – Roma -Tel. 06/6543749.
Collettivo «Differenza Donna» – Via S. Maddalena, 59 – Catania.
Libreria Centofiori – Via Agrigento, 5 – Palermo – Tel. 091/297274.
Cooperativa «La Tarantola» – Via Genovesi, 7 – Cagliari.
Biblioteca delle Donne e Centro Documentazione di EFFE – Via della Stelletta, 18 – Roma.