quella mostra era davvero un mostro?

…è ancora la vecchia pratica maschile per cui se ci sono contrasti politici si accusa l’altro di essere un venduto al nemico…

maggio 1978

dopo aver detto d’articolo di Antonella Barina sul numero di Effe di febbraio, intitolato «Mostra o mostro?» e il manifesto del collettivo soggetto donna pubblicato nel medesimo numero, come compagne femministe che hanno partecipato a quel poco di lavori che sono stati fatti per l’organizzazione dei convegni a cui si fa riferimento, sentiamo un assoluto bisogno di fare chiarezza su come si sono svolte in realtà le cose sui contenuti del convegno. Pubblicare menzogne non serve né alla crescita del movimento, né a far un passo in avanti all’annoso dibattito sul rapporto donna-istituzioni. L’assessore alla condizione femminile invita il coordinamento femminista ad una riunione assieme alle commissioni femminili del PCI, PSI e dell’UDI e ad altri gruppi femministi ‘(‘salario al lavoro domestico, presente una volta e che poi rifiuta la partecipazione e donne in lotta presenti saltariamente). L’invito viene fatto durante una assemblea in villa Franchin occupata e nessuna si oppone.
Alla riunione si discute sulla modalità di partecipazione e sui contenuti del convegno. Si dice che il convegno deve essere di sole donne e per le donne (la compagna del PCI Isabella Peretti sostiene l’opportunità di aprire il convegno ai maschi — se sono esperti perché non invitarli? — per il PSI sono presenti anche due maschi). Inoltre sosteniamo di non rappresentare nessuno perché nel coordinamento non si è mai discusso della cosa e che comunque noi siamo sempre contrarie alle rappresentanze e al lavoro tra donne come somma di componenti politiche.
Inoltre contro una proposta del comune di convegni sulla donna e la stampa in generale proponiamo un convegno seminario su donne e letteratura e un altro su donne e città. Resta fisso un terzo convegno sulle riviste femministe in Europa. Della mostra non si parla quasi, si sa che c’è ma non si entra in merito.
I presupposti della nostra partecipazione sono: ci interessa, dibattere, di questi temi, che noi stesse proponiamo che toccano la vita delle donne sia per come è organizzata sia per i suoi miti, fantasia è immagine di sé che offre a se stessa e al maschio (interessanti spunti e analisi sono già stati fatti in questi anni da compagne femministe e non, non solo in studi teorici ma anche come pratica di vita e di lotta, perché non provare a tirare un pò le fila?). L’idea che oggi il movimento ha bisogno di crescere non solo verticalmente, le nuove deve, ma anche orizzontalmente con l’apporto di donne che anche se profondamente toccate e messe in crisi dal femminismo stentano a riconoscersi nei momenti organizzati dal movimento.
Infine avevamo la pia illusione che se il comune metteva a disposizione dei soldi, perché non approfittarne cercando di tirare le cose a nostro favore? In un paio di riunioni ‘seguenti vengono definiti meglio i contenuti (ma su questi entriamo in merito dopo). Il convegno su donne e letteratura viene elaborato da un gruppo di compagne di Ca’ Foscari, quello su «donne e città» da due di noi laureate in architettura. Tutto questo prima di Natale. Dopo le vacanze, precisamente il 10 gennaio, si tiene l’ultima riunione. Le componenti si sono un po’ sfumate, sono presenti compagne venute semplicemente per informazioni. Il PSI se ne è andato ma non si sa perché (i due maschi presenti alle riunioni precedenti avevano criticato, l’istituzionalità della cosa — al solito senti chi parla — e le donne del PCI e del PSI si erano litigate tutto il tempo) e si suppone che questi siano i motivi della dipartita. .Noi facciamo presente che la mostra non è una cosa separata dai convegni e che vogliamo mettere il naso anche in quella, come vengono spesi i soldi e come viene organizzata la parte tecnico-grafica.
Proponiamo una gestione collettiva dei fondi in questo modo: il comitato organizzativo ‘(formato ovviamente da qualunque donna voglia partecipate) decide quanti soldi assegnare per ogni singola attività e convegno, es. tot milioni per la parte grafica e pubblicitaria, i soldi vengono dati ad un gruppo di donne che si interessa di queste cose e che ci lavora e che pubblicamente presenterà il consuntivo delle spese e i propri guadagni, che non saranno quelli del mercato degli specialisti ma tali da avere comunque il proprio lavoro pagato. Tutto questo lo proponiamo perché non vogliamo lavorare gratuitamente, cosa che come donne ci fanno fare da secoli, mentre vengono dati fior di milioni a tecnici e consulenti di vario tipo, già pieni di lavori e soldi. Inoltre vogliamo evitare che eventuali posti vengano appaltati per componenti come succede ormai ovunque, o che si creino fittizie lotte tra donne per avere quell’unico miserabile posto. Infine, tutte d’accordo, diciamo che non oi interessa il convegno come passerella di donne che «sanno», ma un momento di riflessione collettiva che coinvolga, per quanto riguarda donne e letteratura soprattutto la scuola e i criteri di insegnamento e apprendimento delle donne. Per quanto riguarda donne e città, sia un confronto, tra tutte noi che ci siamo organizzate nei quartieri, che abbiamo lottato per avere spazi per la donna, sia che siano servizi, o case della donna o comuni ecc. A queste richieste, fatte anche dopo aver discusso a ‘titolo personale con Antonella Barina e dopo un volantino delle compagne del collettivo soggetto donna, d’Assessore risponde di non poter dare nessun impegno fino a che lei stessa non saprà quanti soldi il comune ha intenzione di stanziare (L’assessorato alla condizione femminile può contribuire con 20 milioni).
Da allora non si è saputo più niente, la riunione che era stata fissata fu disdetta all’ultimo momento, facendo andare le compagne in comune per niente. Sappiamo però che le donne del PCI e del PSI si riuniscono intanto privatamente e ci incazziamo, perché al solito si dice bene e benissimo e poi però si decide tra quelle che «contano veramente».
Nei frattempo della cosa si discute anche in coordinamento e nessuna solleva critiche all’operato delle compagne che hanno partecipato alle riunioni, dove vi erano molte perplessità, da parte di noi stesse.
Immaginate quindi il nostro stupore di vederci trasformate in un caso nazionale con accuse velenose e pesantissime, tipo «Il femminismo non è un partito, che si tacita dando potere ad alcune sue esponenti, che, isolate dalle altre, non solo non rappresentano il femminismo, ma non.hanno alcuna forza, contrattuale». Che potere? E in che termini, gloria, soldi, mah?
Inoltre siamo accusate di fare tutto ciò perché abbiamo tempo da perdete, sfizi da donne che hanno, un lavoro e frustrazioni politiche. Già è da vari anni che abbiamo l’hobby della nostra liberazione e della costruzione del movimento delle donne, non siamo prostitute e facciamo il lavoro domestico il meno possibile, per quanto ci è possibile.
Ci sembrano quelle accuse di infausta e maschista memoria del tipo che nel movimento non c’erano le donne quelle «vere» proletarie e operaie per cui la nostra ansia di liberazione erano semplici sussulti piccolo borghesi. Che tristezza! E ancora vecchia pratica maschile per cui se ci,sono contrasti politici si accusa l’altro di essere un venduto al nemico. Scusateci la noia di queste precisazioni.