pillola maschile: lo spermomicida

giugno 1975

 

Due comunicazioni hanno contribuito a surriscaldare l’atmosfera durante i lavori di chiusura del I Convegno nazionale dei gruppi femministi per una medicina della donna, tenutosi a Roma il 26 e il 27 aprile. La prima era dedotta dall’articolo apparso a seguito del convegno di marzo di una nota casa farmaceutica con il titolo: «Sul controllo della fertilità maschile per mezzo di un continuo basso dosaggio di C.P.A.» ed era praticamente, anche se data in sordina, la partecipazione di nascita dell’attesissima pillola maschile. (Vedi effe numero di aprile ’75). La seconda, presa di peso da Panorama del 17 aprile, parlava degli studi di Aaron Bendich ed Ellen Boren-freund dello Sloan-Kettering di New York sullo sperma umano ed animale. Questo, a loro dire, se introdotto in una normale cellula sana, è capace di sconvolgerla scatenando una serie di trasformazioni anomale, completamente estranee al suo codice di sviluppo. In parole povere, dà inizio ad un processo cancerogeno. I loro esperimenti sono ora tesi ad accertare se in certi casi particolari, lo sperma umano può provocare un tumore all’utero nella donna o un cancro alla prostata nell’uomo. Riferiamo ambedue le notizie con la dovuta cautela e circospezione, mancando di una documentazione più ampia ed essendo comunque profani della materia e non addette ai lavori. Una prima osservazione si. affaccia però ugualmente alla nostra mente. Qualora fosse accertata una relazione tra il tumore all’utero e il contatto con lo sperma (complice magari una precedente piaghetta o lesione al collo dell’utero stesso), non potrebbe essere decisivo l’impiego della pillola maschile ‘la quale, intervenendo con una modifica dei liquido seminale ed instaurando temporaneamente una completa azospermia, renderebbe per più versi innocuo il contatto? Per verificare la popolarità di questa nostra ipotesi, l’abbiamo proposta, nel corso di una piccola inchiesta, ad un campione di sei uomini e sei donne. Dobbiamo dire subito, però, che i risultati sono stati deludenti e scoraggianti.

Gli uomini si sono dichiarati, tutti senza eccezione alcuna, contrari e, diciamolo pure, contrariati. La risposta tipo è stata: «No, neanche in questo caso (cioè per non esporre la partner al rischio) prenderei la pillola». — Le motivazioni addotte sono state le seguenti: uno studente dell’ultimo anno in un liceo scientifico romano, scuola molto politicizzata: «No, non la prenderei. Non so dire perché, ma forse l’educazione che abbiamo ricevuto non ci ha preparato a questo. Devo riflettere. Trovo invece ‘normale che sia la donna a prendere la pillola».

Un ginecologo, — uno dei nomi che contano, uso a prescrivere con estrema leggerezza lunghe cure ormonali alle sue pazienti —; «No. Quella, la pillola maschile, dà dei danni e questo si sa». E richiesto di specificare quali, asciutto, asciutto, ha detto velocemente: «AtrofIa testicolare, eccetera». — E ha cambiato subito argomento.

Il rappresentante di una casa farmaceutica che importa in Italia diversi prodotti contraccettivi per la donna, ha risposto che è molto più facile agire sugli organi riproduttivi femminili che su quelli maschili. All’obiezione dell’autrice di questa piccola inchiesta che la donna è fertile solo per poche ore ogni mese, mentre lo sperma depositato nel suo corpo dal partner ad ogni eiaculazione, rimane vitale anche per più giorni, e posto di fronte all’evidenza di come per millenni l’uomo abbia sostenuto di avere una sessualità «diversa» da quella femminile e di aver bisogno quindi, a suo dire, di rapporti multipli e diversificati, e che perciò è su di lui che è più utile intervenire, — anche a prescindere dagli studi del tandem Bendich-Boren-freud — il professionista, sorridendo complice, confidava che ia sessualità maschile è estremamente complessa, si potrebbe quasi dire… fragile. Anche il Preside di una scuola di Roma, interessato all’introduzione nel suo istituto di corsi di informazione sessuale, ci ha detto che la pillola maschile potrebbe alterare l’equilibrio (non abbiamo capito di quale equilibrio parlasse) dei rapporti sessuali tra donna e uomo, e che quest’ultimo potrebbe risentirne nell’espletare l’atto amoroso.

Dobbiamo francamente dire che tutto questo ci ha molto sorprese. Per la prima volta abbiamo ascoltato delle ammissioni di fragilità e delle proteste di debolezza da parte maschile. Queste vengono dopo secoli, millenni, in cui l’uomo ha parlato della sua sessualità in termini di «potenza», «possesso» e, addirittura, qualificando m cifre il numero dei «suoi» rapporti sessuali. Dobbiamo credere, oggi, a queste rivendicazioni di insicurezza? Direi che sono confessioni troppo spontanee per essere insospettabili. E come mai esse sono fatte solo ora che, evidentemente, la minaccia della pillola maschile agisce da spauracchio — pensateci bene — non solo a livello di potenza sessuale in quanto potere decisionale sulla riproduzione — il che dovrebbe anzi aumentare la «fiducia» nelle proprie «possibilità» — ma anche e soprattutto come una precisa chiamata in causa ad assumersi, comunque, un ruolo in un contesto che già, minacciosamente, si profila per il futuro, più ampio, ai fianco della donna che fino ad oggi — sola — se ne era fatto carico? In parole povere e secondo un vecchio detto popolare partenopeo, è proprio vero che «O cazzo nun vvuole penzieri» e che questa conclamata sessuovirilità, se ancora regge di fronte al costume ormai invalso di fare ogni tanto i piatti, se ancora si puntella dinanzi all’usanza di dare sporadicamente una mano in casa, se eroicamente resiste anche a quella di doversi di quando in quando lavare i calzini, è costretta a capitolare, e nel peggiore dei modi, alla castrante prospettiva di doversi assumere, insieme alla pillola, delle precise responsabilità? Di dover mandar giù insieme a questa, anche la messa in discussione del proprio ruolo sessuale, di dover digerire insieme al quotidiano confetto anche più pesanti modifiche di costume? E se questa fragilità è sincera ed ha un fondamento di verità, come fa il maschio ad avere rapporti sessuali a pagamento? e cioè a pagare per l’uso temporaneo di un pezzo di un essere umano, per adoperarlo? Se si parla di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, come è possibile fare dei distinguo per la donna? Al limite, domandiamo: «E’ possibile fare un discorso di lotta di classe e poi andare a puttane?».

Dopo queste considerazioni, ci aspettavamo che le donne intervistate avrebbero detto, tutte: «Benvenuta»

alla pillola maschile che, agendo da catalizzatrice d’i molte delle attuali angosce e frustrazioni sessuali non potrebbe che dare un salutare apporto creando un momento decisivo di riflessione su di un argomento che gli uomini si sono per tanto tempo rifiutati di prendere in esame e che ancora sono restii ad affrontare compiutamente, e cioè i miti, le pecche e soprattutto i supporti sui quali si regge la loro virilità.

E invece, anche da parte delle donne, le riserve sono state massicce. Una studentessa ci ha detto: — «Se l’uomo prenderà la pillola, perderemo la nostra autonomia e la capacità di autogestirci». Come se non esistesse, praticamente da sempre, il preservativo e la P.M. (1 ) non fosse che una alternativa temporanea agli altri metodi usati dalla donna. Una ragazza che lavora in un consultorio di una città del nord: «Non vogliamo che l’uomo prenda la pillola. Non ci sono garanzie che non si avranno danni genetici nella discendenza a venire». Una rappresentante della commissione femminile di un gruppo extraparlamentare: «E’ un discorso di coppia. Va bene solo all’interno della coppia e la donna rischia di delegare ancora una volta all’uomo il potere decisionale sul suo corpo». È sfuggito quasi completamente il significato politico della proposta operazione P.M., e cioè: sensibilizzazione e responsabilizzazione dell’uomo su vasta scala, momento di riflessione e ridimensionamento della sua virilità, messa in discussione dei ruoli e della sua sessualità in quanto tale.

Ci ha detto ancora una sociologa: «Se sapessi che il mio partner prende la P.M., sarei inibita nei suoi confronti». E non ha cambiato idea neppure quando le è sfato fatto osservare che probabilmente avrebbe provato un trasporto maggiore verso chi le dimostrava attivamente di fare qualcosa per lei.

E’ strana questa opposizione femminile così totale e violenta. Fa pensare che celi motivazioni più complesse, non ancora portate alla luce e compiutamente analizzate. Dà anche un quadro più completo del rapporto esistente tra potere maschile e volontario — almeno in parte e laddove si possa escludere con una sufficiente sicurezza un totale condizionamento — supporto femminile masochista di base.

 

(1) Pillola maschile.