SELF-HELP

self-help – le sreghe sono tornate

giugno 1975

 

Le riunioni sono iniziate un anno fa con l’autosservazione per mezzo dello speculum di plastica. Questo gruppo romano del «self-help» o auto-aiuto continua nella ricerca della conoscenza, tecnica e psicologica, sull’apparato genitale femminile. Fine aprile, a Roma, al primo convegno sulla salute della donna, sotto lo striscione con lo slogan «le streghe sono tornate», ci siamo trovate in più di trecento giunte da tutte le parti d’Italia, da Palermo a Varese, da Imola a Cagliari. Iniziato in America, a Los Angeles, nel ’71, il movimento del self-help si è subito rapidamente diffuso. In Svizzera, Francia, Svezia, Danimarca, Inghilterra, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Messico, ci sono gruppi attivi di donne che hanno deciso di armarsi di una vera conoscenza di se stesse per poter rivendicare cure giuste, una medicina che risponda ai bisogni reali del-e donne, e per poter spaccare l’onnipotenza del ginecologo sul corpo della donna.

«Il rapporto donna-medico è un rapporto principale di potere nella vita di una donna. Le donne dal medico ci vanno spesso, molto più spesso degli uomini; e sono dunque alla mercè di questo tecno-stregone che ha il potere della sua scienza sopra di loro» sosteneva una ragazza romana al convegno. «Le donne sono abituate a vivere i propri organi genitali come cosa da nascondere perché vergognosa, indecente, e brutta; abbiamo vissuto la vagina come una parte che ha sempre riguardato un uomo (il marito, l’amante o il ginecologo non importa) ma come una cosa che non ci ha appartenuto veramente. La passività è aumentata dalla posizione sul lettino ginecologico e da ciò che il medico fa e vede dentro di noi mentre teniamo le gambe aperte in completa impotenza.»

Primo passo: imparare ad autovisitarsi. Lo speculum, arma di metallo lucido nelle mani del ginecologo (serve per dilatare la vagina, mettere in evidenza il collo dell’utero e poter osservare gli organi genitali interni), per le femministe del self-help è uno strumento del quale ogni donna dovrebbe servirsi periodicamente per controllare la propria salute e osservare un’eventuale malattia allo stato iniziale (si usano gli economici speculum di plastica fatti venire dall’Inghilterra; esistono le spiegazioni dettagliate sul loro uso: per le prime volte è consigliabile farsi aiutare da una compagna già pratica). Oltre l’aspetto «salute», c’è quello della pura conoscenza. Il mistero dei genitali nascosti si rivela con lo speculum e la pila. E’ come ritrovare la piena identità di se stesse. Inoltre «molte di noi, prima della visita erano convinte di avere malformazioni o anomalie del tutto particolari, tutte viste come malattia piuttosto che come normale caratteristica del proprio corpo. L’autocoscienza è poi più facile, ci si può confrontare con le altre donne in tutto, compresi i nostri genitali». Da parte di alcune compagne è stato obiettato che in fondo l’auto-visita è cosa per donne borghesi e che bisogna pensare alle proletarie. «Vi sono certo dei modi più o meno privilegiati per risolvere i problemi della salute — hanno risposto le altre — ma il modo di vivere la vagina con ansia e passività è stato finora simile per tutte, borghesi o proletarie»? «Stiamo preparando delle schede basate sull’osservazione quotidiana dell’apparato genitale» dice Stefania, una del self-help romano «E’ una ricerca mai fatta: nessun ginecologo, infatti, potrà mai avvalersi della conoscenza delle variazioni giornaliere. Il medico interviene sempre dopo, a malattia scoppiata; noi, con le auto-visite ginecologiche così come con l’esame regolare delle mammelle, potremo invece scoprire uno stato patologico molto prima di loro perché ormai ci conosciamo e sappiamo qual è il nostro stato normale.» Secondo passo: avere una conoscenza e una documentazione abbastanza vasta per poterci opporre alla superficialità, alla noncuranza, e, spesso, all’ignoranza, specie in materia di anticoncezionali dei ginecologi. «Quanti ginecologi Italiani fanno una completa anamnesi (raccolta dei dati sui precedenti clinici) alle loro clienti? Quanti di loro dedicano tempo per rispondere alle nostre domande? E quanti ginecologi, nell’ordinare gli anticoncezionali (se li ordinano) prendono, nella loro scelta, in considerazione anche i fattori psichici, di lavoro, di ambiente, di abitudini ed esigenze sessuali»?

Si vuol creare un centro di documentazione che si avvarrà principalmente delle informazioni contenute nelle riviste scientifiche e nei bollettini degli altri gruppi internazionali di self-help. Sono sotto accusa, soprattutto, le sperimentazioni indiscriminate che le case farmaceutiche fanno sugli anticoncezionali, il loro tuttora ampio margine di rischio per la salute della donna, la mancanza di interessi per i contraccettivi che potrebbero essere più idonei o comunque per non compromette^ re soltanto la donna (il controllo del ciclo mestruale e la pillola maschile).

Terzo passo: creare dei consultori che rispondano effettivamente ai bisogni delle donne. A Milano, un consultorio delle femministe è stato aperto a gennaio. E’ situato in un quartiere popolare e raccoglie molte operaie delle fabbriche vicine. «Il nostro consultorio, però — spiegano le compagne milanesi — non è soltanto un servizio dove trovare magari il medico migliore, più disposto. La visita da noi viene sì fatta da un medico, una ginecologa, ma è una visita diversa: le discussioni, confronti e chiarimenti che la precedono fanno sì che la donna capisca ciò che succede al suo corpo, prenda parte attiva al

controllo del proprio corpo, non lo subisca più passivamente». La «riappropriazione del proprio corpo», lo slogan più importante delle femministe del self-help vuol anche dire opporsi ai concetti tradizionali sulla salute. Non considerare più la mestruazione come «diversità», o la menopausa come malattia da curare.

In America, le donne del self-help si muovono ormai su una strada maestra (benché molte siano state processate per esercizio abusivo della medicina). A Los Angeles hanno preso possesso di un ospedale di cinque piani, e organizzato anche, per mille dollari, degli stages per medici desiderosi di imparare a fare un aborto non traumatizzante o il parto indolore.

Per non avere problemi legali, nei centri di self-help vengono utilizzati dei medici che fanno gli aborti. A Oakland, però, per essere assunti, prima di iniziare il loro lavoro, devono spogliarsi e mettersi sul lettino ginecologico. «Un’esperienza terribile» hanno decretato, «fino ad ora non avevamo capito in che situazione si trovano le donne di fronte a noi».