gentilezze e sorrisi compresi nel prezzo

novembre 1980

‘L’Albergo è una grande casa dove si lavora finché non si è finito tutto.,, come se fossimo nelle nostre case e andiamo a letto soddisfatte solo se tutto è ordinato e lucido con la coscienza a posto.”

 

Quattro donne e si manda avanti una pensione con capienza 60-80 clienti; i padroni lavorano al tuo fianco naturalmente ma questo significa solo maggior controllo e supersfruttamento. Le ore di lavoro non si contano, si lavora finché c’è da fare, in pratica dalle 12 alle 14 ore al giorno e tutti i giorni, la paga è inferiore al 50 per cento del salario stabilito dal contratto nazionale di categoria, qualificazione nulla.

Questo vale in genere per tutti gli stagionali, ma per le donne c’è qualcosa in più da dire; esse costituiscono circa il 70 per cento dei dipendenti di questo settore e ci sono precisi motivi, vediamone alcuni.

Le donne si sbattono dappertutto, camere, cucina, lavanderia, sala, facchinaggio, lavori spesso molto pesanti fino all’assurdo di ragazze che fanno le camere più il servizio di sala. Un breve appunto: in locali di un certo livello si preferisce personale maschile in sala; il cameriere è più disinvolto, elegante, sa meglio trattare con il cliente, insomma più qualificato. Ma in genere sono le donne che possiedono le qualità necessarie per il buon andamento dell’ albergo, le acquisiscono da sempre nel lavoro casalingo già particolarmente frustrante. Proprio per il tipo di esperienze quotidiane e per l’educazione che assimilano fin dall’infanzia le donne sono le più sottomesse, obbedienti, disponibili a tutto, meno ribelli. Gli albergatori riescono così a utilizzare « l’attitudine » delle donne all’ordine, alla pulizia, alla precisione, alta dedizione totale alla casa (che si trasforma qualche volta in ossessione), e sfruttando queste abilità acquisite nel lavoro domestico compensano « la scarsa qualificazione » del personale femminile; del resto chi meglio di una casalinga sa pulire una camera, un bagno, curare la biancheria etc? Qualificazione non riconosciuta quindi e non pagata.

Alle donne inoltre sono attribuiti con una naturalezza incredibile, lavori che esulano completamente dal loro compito specifico, se così ancora si può chiamare, quali fare da baby sitter ai figli dei padroni, occuparsi della biancheria personale di questi e del restante personale maschile, o addirittura di qualche cliente senza scrupoli. In pratica il lavoro non finisce mai, come in casa produciamo una quantità dì servizi scarsamente riconosciuti, sottopagati e subito distrutti.

La gestione “famigliare” soprattutto nelle piccole e medie aziende fa sì che il personale specialmente femminile sia disponibile giorno e notte quasi per tutto quello che c’è da fare. Ho visto donne che si alzavano la notte per ritirare la biancheria stesa perché cominciava a piovere, e non è raro che la sera tardi, già ritirate nella propria stanza, il padrone venga a chiamarle per preparare la camera a un cliente imprevisto.

Questo tipo di “disorganizzazione” del lavoro, peraltro certamente voluta dai padroni, vede le donne particolarmente coinvolte nell’andamento della casa-azienda, caricate di tutte le responsabilità previste e non che comporta la gestione di un albergo, con notevole fatica fisica e mentale, ma espropriate di qualsiasi pur minimo diritto rispetto all’organizzazione del lavoro. La logica estremamente mistificante della “grande famiglia”, imposta dai padroni fa particolarmente presa sulla abitudine della donna al lavoro ripetitivo e senza limiti, in un’atmosfera di buoni rapporti e familiarità che significa solo maggiore sfruttamento. Qui come nella famiglia i rapporti sono di tipo autoritario, tanto più quanto più ciò viene paternallsticamente negato, la sottomissione al marito-padre-padrone diventa da dipendenza puramente economica coinvolgimento totale che ci fa sentire sempre in dovere verso chi ci sfrutta. L’albergo è quindi una grande casa dove si lavo-

ra finché non si è finito tutto e dove anche le famose 2 ore di riposo pomeridiano non sono affatto garantite, bisogna guadagnarsele a prezzo di ritmi incredibili durante tutto il giorno. Come se fossimo nelle nostre case andiamo a letto soddisfatte solo se tutto è ordinato e lucido e la coscienza a posto.

Il lavoro qui è così personalizzato e il controllo del padrone così diretto e onnipresente che il meccanismo dello incentivo, del rimprovero e dell’approvazione ha facilissimo gioco, e certo è molto gratificante sapere che il padrone è contento di noi, e fare con cura il nostro “dovere” è un modo per essere più tranquille di fronte a lui e a noi stesse (!). Bisogna rendersi conto che tutto questo è lavoro non pagato, perfino le gentilezze, i sorrisi, le quattro chiacchiere col cliente sono d’obbligo e incluse nel prezzo…Siccome il lavoro si “deve” fare meglio farlo con passione e col sorriso suK le labbra; gentili, carine, le donne interiorizzano la logica del dovere e si autogratificano al massimo per il loro buon rendimento. Dobbiamo fare uno sforzo anche individuale, ognuno nello nostra testa, per liberarci da questa identificazione nel lavoro, cominciamo a rifiutarci, a smetterla di fare sempre questo dovere, cerchiamo di considerarci per noi stesse e non di sentirci realizzate solo quando un padrone è soddisfatto di noi.

Altri brevi cenni sulla condizione delle stagionali, altri aspetti della violenza subita dalle donne. Le giovanissime in particolare sono oggetto di una violenza più specifica e più palese, si controlla il loro tempo libero, con chi escono e a che ora rincasano la sera, come e peggio dei genitori i padroni si intromettono nella vita privata delle loro dipendenti, sorvegliando sulla loro serietà e giungendo anche alla violenza fisica ” con ragazze che non si sottomettono volentieri.

Due parole anche sull’uso di contattare la manodopera femminile per l’estate: nel quasi totale assenteismo degli uffici e degli organi preposti a tale funzione di collocamento del personale si trova spesso in mano ai cosiddetti mediatori, magari preti, che sono ottima garanzia di serietà e obbedienza. Questo commercio attinge negli ultimi anni soprattutto al meridione ma ancora in larga parte all’entroterra romagnolo, raccogliendo manodopera facilmente ricattabile, casalinghe, disoccupate, studentesse il cui reddito non sarà così fondamentale come quello dei capofamiglia; donne che vivono spesso in una situazione di notevole chiusura, nella mancanza di prospettive economiche e di ogni altro genere e che si prestano a lavorare 12 ore al giorno per 3 mesi per uno stipendio che è di arrotondamento