i due cervelli

novembre 1980

A proposito di un libro di Paul Watzlawik, Per troppo tempo la “cultura” ha rimosso o proiettato l’irrazionale, l’immaginario, il creativo ed il femminile sui “pazzi” sugli artisti e sulle donne. Invece essi sono parte integrante della natura umana.

 

Già nel 1851 era nota la principale differenza funzionale tra i due emisferi cerebrali: il sinistro che presiede alle funzioni linguistiche ed il destro più specializzato nell’analisi di processi non verbali e delle funzioni percettive. Gli studi dì neuroanatomia, di neurofisiologia, neuropsicologia hanno portato ad un maggior chiarimento delle varie funzioni cerebrali ed hanno aperto la strada ad altre ipotesi di lavoro, specie sulle ancora pressoché sconosciute, anche se potenzialmente molteplici, funzioni dell’emisfero destro. Sintetizzando i dati a nostra disposizione possiamo dire che l’emisfero destro non può più essere considerato l’emisfero minore, ma risulta invece essere dominante per certe funzioni, come compiti visuospaziali, compiti musicali e certi aspetti delle risposte emotive; inoltre mentre la produzione e comprensione del linguaggio sembra legata all’integrità dell’emisfero sinistro., la prassi sembra associata all’integrità dell’emisfero destro. L’emisfero sinistro sembra dominante per compiti di discriminazione e identificazione fonetica, soprattutto per le consonanti {mentre le vocali possono essere analizzate anche dall’emisfero destro), e nell’analizzare g i aspetti sintattici e prosodici di una frase e quindi di mantenere ed utilizzare gli aspetti sequenziali dell’informazione. L’emisfero destro è specializzato e dominante per compiti visuospaziali, come, è stato dimostrato da test e cioè per compiti di riconoscimento e costruzione nei quali sono richiesti l’orientamento spaziale e la sintesi percettiva.

La dominanza emisferica assume un’ importante significato funzionale permettendo all’emisfero che ha la superiorità nella risoluzione di un determinato compito di inibire simultaneamente l’altro in modo che non si verifichino interferenze. Il meccanismo di dominanza sembra possa avere origine sia da asimmetrie anatomiche, sia da meccanismi fisiologici e sia da fattori ambientali, psicosociali). Sul fattore ereditario interviene anzi in modo determinante il ruolo della pressione sociale. Presumibilmente una regione comincia ad essere utilizzata più di quella controlaterale. Per la tendenza a dirigere l’attenzione alla regione meglio sviluppata, la capacità di apprendere, le funzioni interpretative si realizzano rapidamente nell’emisfero cerebrale che per primo è stato utilizzato.

Durante il periodo evolutivo, la potenzialità ereditaria, come già accennato, lungi dall’affermarsi in modo ineluttabile, è esposta all’azione della pressione sociale e dell’educazione familiare. Inoltre è stata anche messa in evidenza la capacità vicariante dei due emisferi, ed anche il fatto che l’emisfero dì destra è più capace di compensare il sinistro e non viceversa. Sin da -l’antichità l’uomo ha intuito la dicotomia della sua natura ed ha parlato di tempo e spazio, Jin e Yang, Logos ed

Eros (Platone), processi primari e secondari (Freud), primo segnale e secondo segnale (Pavlov), razionale-integrale (Ravhakrishnam), positivo-mitico (Lévi-Strauss), per citare soltanto alcuni dei tanti esempi che potremmo fare, ed ha sentito la necessità di raccontare sempre due tipi di storie sulla natura delle cose. Persino la Bibbia inizia sempre con due storie diverse della creazione. Parmenide di Elea sentì la necessità di dividere il suo trattato sulla visione dell’universo in due vie: la via della verità e la via dell’opinione.

In passato tuttavia queste intuizioni erano state sempre campo dei poeti, dei filosofi o dei mistici, contrapponendosi alle vedute della scienza.

Oggi invece le ricerche basate sulle differenze di funzionamento dei nostri due emisferi indicano non solo che vi sono due fondamentali modi di conoscenza, ma soprattutto che ambedue sono egualmente importanti e che il nostro equilibrio e la nostra crescita dipendono dall’armonica integrazione dei due tipi di processi.

Per troppo tempo la “cultura” ha rimosso o proiettato, l’irrazionale, l’immaginario, il creativo, ed il femminile sui “pazzi”, sugli artisti e sulle donne, quello che invece è parte costitutiva integrante della natura umana. Oggi cominciano tentativi di sintesi tra due modi di conoscenza che per lungo tempo hanno viaggiato su binari distinti: è l’esigenza stessa della scienza che comincia a riflettere su se stessa e a prendere consapevolezza di se stessa. Anche Freud aveva riconosciuto i contrasti tra due sistemi di processi mentali ed ì loro corrispondenti linguaggi. Ma Freud privilegiò (anzi lo ritenne l’unico valido ed esprimente la normalità) il linguaggio analitico, razionale, logico, e quindi tutte le altre espressioni psichiche dovevano essere tradotte nel linguaggio di questa realtà. Jung invece è stato in passato, ed in parte ancora oggi negletto e poco compreso proprio perché ci ha parlato prevalentemente col linguaggio dell’emisfero destro, linguaggio escluso dalla scienza ufficiale e dalla cultura razionale del XIX e in parte del XX secolo. Anche in treapia Jung favorì le tecniche espressive: disegno, pittura, scultura, danza, e di immaginazione attiva. Tutto ciò è più vicino alle caratteristiche immaginative, ghestaltiche e visuospaziali dell’emisfero destro. Comunque l’importante per Jung era di sviluppare in modo armonico tutte le funzioni, ed oggi possiamo dire entrambi gli emisferi cerebrali. Mentre ancora oggi la maggior parte delle scuole tendono a valorizzare maggiormente i processi razionali. Non dimentichiamo che se l’emisfero sinistro fa da guida nelle funzioni cognitive, e il destro che attiva le funzioni creative, e che gli emisferi cerebrali sono in un continuo processo di oscillazione e bilanciamento reciproco. Vorrei ricordare ancora tra i neo-junghiani la Singer il cui libro sulla “androgenia” esplicita

come la dualità è stata detta in molti modi, ma principalmente rappresentata attraverso la opposizione sessuale del maschile e del femminile. L’immagine dell’androgino viene difficilmente accettata dalla coscienza, in primo luogo per il suo essere fuori dall’ordinario, e quindi pericoloso per l’equilibrio psichico; in secondo luogo minaccia molte supposizioni attorno al nostro essere “uomini” e “donne” e quindi la sicurezza circa la propria identità sessuale. La Singer è del parere che Freud operò una distorsione nell’interpretazione dei dati, confondendo spesso la forma dei sintomi con ciò che realmente accadeva nella profondità della psiche dell’individuo in psicoterapia. In questo senso Freud partecipò e contribuì alla reazione che s; creò allora nella società alla troppo ampia opposizione tra la psicologia femminile e la psicologia maschile. Ricorderò la “famosa” frase di Freud « Il difficile sviluppo che conduce alla femminilità sembra esaurire tutte le possibilità dell’individuo ».

Mentre l’assunto di Freud si basa su presupposti biologici, non essendo la psicologia altro che il riflesso della biologia, ed arriva così alla inevitabile conclusione che la bisessualità è al centro di tutta la psicopatologia, Jung preferì fondare la sua tesi su studi archeologici, mitologici, osservazioni cliniche, antropologiche, etnologiche, di religioni comparate etc, ponendosi nei confronti della bisessualità come fenomeno da comprendere. Inoltre mentre Freud metteva in rilievo l’aspetto interpersonale della sessualità, Jung era più interessato all’interazione tra le componenti maschili e femminili nella psiche individuale. Lungo il cammino, continua la Singer, che conduce dalla bisessualità all’androgenia, cioè all’accordo tra i due aspetti della nostra natura ed alla conseguente liberazione di energia altrimenti impegnata a ridurre il conflitto; si tratta di permettere l’acquisizione da parte della coscienza delle opposte polarità presenti nella psiche dell’individuo e dell’accettazione del loro libero inter-gioco.

Gli studi di neuroanatomia, neurochimica, neurofisiologia e neuropsicologia e di psicoanalisi, psicologia analitica, antropologia sono ancora molto indietro. Ma come escludere che questo sia dovuto anche a quella resistenza psichico-culturale che spinge l’uomo all’inerzia o a rimanere abbarbicato alle sue vecchie identificazioni, senza le quali perderebbe la sua bella sicurezza? Ricordiamoci che tutte le rivoluzioni culturali hanno sempre suscitato le più ampie resistenze, da Galileo in poi ad esempio la realtà del mondo e delle cose è mutata varie volte. Io spero che la ricerca su tutti i fronti ci porti ad una nuova sintesi conoscitiva e comprensiva di cui sono convinta abbiamo tutti tanto bisogno, donne e uomini.