i ruoli
Quando stiamo con un uomo tendiamo a vedere il nostro rapporto come intimo, privato. Spesso siamo solo parzialmente coscienti di come la maniera in cui cerchi-amo d’i soddisfare i nostri reciproci bisogni, in cui definiamo le nostre aspettative l’una verso l’altro, in cui viviamo il nostro «amore», sia mediata da un complesso sistema d’i fattori economici, giuridici, politici, religiosi e sociali che delimitano e regolano il rapporto uomo-donna. Essere femministe significa cercare di indagare come i condizionamenti sociali influiscano sul modo in cui le donne e gli uomini organizzano la propria vita. Molta strada ha fatto il femminismo negli ultimi anni nell’esaminare, ad esempio, le conseguenze di leggi discriminanti a favore dei maschi e gli effetti della attuale divisione e distribuzione del lavoro che vede le donne occupate per la maggior parte in un lavoro non Pagato (domestico) e con un limitato accesso a posti di lavoro retribuiti (soprattutto a quelli a più alto livello di potere). Particolari critiche sono state mosse al fatto che la donna è costretta ad addossarsi quasi per intero il peso della cura dei figli e molto spazio è stato dedicato alla problematica della sessualità nelle sue diverse espressioni, grazie a questi contributi teorici, alle nostre esperienze di piccolo gruppo, Bile nostre lotte politiche, ognuna di noi è ora in grado di capire un po’ meglio come il sociale si traduce nel nostro quotidiano, come tutti questi fattori «esterni» gravino sui nostri rapporti più intimi. Tuttavia, se siamo tutte più consapevoli di dieci anni fa dei maggiori condizionamenti sociali, ci resta ancora molta strada da fare per capire le profonde conseguenze della presente divisione dei ruoli sui nostri ‘atteggiamenti, comportamenti e sentimenti interpersonali, specie nella sfera del potere e dell’azione (due campi dove siamo state largamente emarginate) e nella sfera dei rapporti «sentimentali» (il campo che ci è stato delegato come «naturale», come quello per cui abbiamo attitudini speciali). L’altro giorno un’amica mi raccontava che non era riuscita a far passare una sua proposta in una riunione mista, perché non aveva osato contraddire uno dei grossi papaveri presenti: «gli voglio bene, poveretto, e mi fa anche tenerezza e compassione: ha così bisogno del potere che io glielo lascio». Le ho chiesto se mai lui in riunioni del genere avesse appoggiato una sua proposta per ragioni di simpatia: «no figurati lui non si lascia travolgere dai sentimenti, per, lui la politica e lavoro sono una cosa, i rapporti un’altra». Lo diceva con un sorrisino in cui ai la commiserazione si univa però una certa fierezza, quasi fosse orgogliosa del comportamento del suo amico. I maschi — diceva ridendo — si sa, devono essere razionali, forti, prepotenti, procedere dritti per la strada scelta senza curarsi degli effetti delle loro strategie vittoriose sulle eventuali vittime. Caso mai toccherà a una donna lenire le eventuali ferite. Questo incontro mi ha fatto riflettere su se e quanto siano cambiati gli stereotipi sessuali maschili e femminili negli ultimi anni, e su come ancora molte di noi, nei nostri rapporti con gli uomini, siano influenzate da questi modelli culturali, che attribuiscono caratteristiche e qualità diverse ai due sessi.
Si potrebbe pensare che, data la ricettività dei giovani a discorsi più nuovi, non esistano più rigidi stereotipi su’ «femminile» e il «maschile». Due recenti ricerche, condotte su gruppi di studenti (teoricamente uno dei gruppi sociali che dovrebbe essere più «avanzati») dimostrano purtroppo che molto rimane da fare per liberarci da stereotipi che emotivamente continuano a condizionare i rapporti donne-uomini.
Partendo dall’ipotesi che nella nostra cultura, fondata principalmente sui valori maschili, si verrebbe a determinare un rapporto «maggioranza-minoranza tra l’uomo che crea i valori e la donna che li subisce, Mirella Bonnes ha cercato di appurare se esista ancora una tendenza alla stereotipia sessuale (vale a dire a descrivere il sesso femminile con tratti differenti da quelli attribuiti al sesso maschile e viceversa) e se il contenuto cognitivo degli stereotipi avrebbe rivelato una prevalenza di caratteristiche di superiorità e dominanza per il sesso maschile e elementi di dipendenza, incapacità e inferiorità per il sesso femminile. Attraverso questionari e liste d’aggettivi, sottoposti a 100 ragazze e ragazzi non sposati tra i venti e 1 trent’anni, la Bonnes ha ottenuto definizioni dello stereotipo maschile e femminile sia a livello di ruoli ideali sia di ruoli effettivi.
Stereotipo maschile – Sia gli uomini che le donne attribuiscono al sesso maschile caratteristiche ritenute positive che denotano dominanza, capacità e razionalità: attivo, combattivo, coraggioso, creatore, deciso, dinamico, indipendente, ingegnoso, inventivo, lucido, obbiettivo, patriottico, perseverante, razionale, sicuro di sé. Al negativo gli uomini sono visti come aggressivi, arrivisti, cinici e collerici. Fanno inoltre parte dello stereotipo comune altri aggettivi descritti come neutri da un sottogruppo degli studenti intervistati, cioè: autoritario, dominatore, focoso, possessivo, rigido e scettico.
Le caratteristiche che solo gli uomini attribuiscono al proprio sesso sottolineano qualità di efficienza e controllo (pratico, diplomatico, costante, disciplinato, discreto, posato, calmo, coscienzioso, scrupoloso); doti morali quali: «leale, generoso, idealista, sincero» oppure aggettivi come «ambizioso, egocentrico, orgoglioso». Gli aggettivi che solo le donne attribuiscono al maschio sembrano indicare nella donna l’esistenza di due diverse tendenze: da un lato la scelta di aggettivi come «esigente, ostinato egoista e geloso» dimostra la tendenza a sottolineare ulteriormente le caratteristiche di dominanza dell’immagine maschile; dall’altro il significato prevalentemente negativo di questi aggettivi lascia intendere come la donna sia incline a valutare tale elemento di dominanza in una prospettiva tendenzialmente negativa e a sottolineare gli aspetti deteriori che a tale caratteristica si col legano. Questa propensione è confermata secondo la Bonnes se si esaminano i rimanenti tratti che solo le donne attribuiscono agli uomini (e che gli uomini non attribuiscono a se stessi) «crudele, meschino, presuntuoso» che indicano come la donna sia incline a percepire la dominanza del sesso maschile come prevalentemente ostile e repressiva nei propri confronti. Stereotipo femminile: Le caratteristiche che sia gli uomini sia le donne attribuiscono al sesso femminile confermano il carattere dipendente, incapace e sottomesso degli stereotipi femminili. Le donne sono infatti descritte come «sottomesse, servizievoli, deboli, influenzabili, delicate», inoltre sono viste come dotate di scarso equilibrio e controllo emotivo (frivola, isterica, capricciosa, vanitosa e suscettibile). A questo proposito la Bonnes nota che queste caratteristiche attribuite dalle donne e dagli uomini alle donne rispecchiano quel comportamento di adattamento che di solito minoranze oppresse sono costrette ad assumere nel rapporto con la maggioranza o i gruppi dominanti.
Nella donna questo adattamento si esprimerebbe ad un primo livello con atteggiamenti apertamente remissivi, accomodanti e inoffensivi (tra gli aggettivi comunemente scelti sono infatti «servizievole, premuroso, compassionevole, tenero, dolce e sottomesso»), con un sottofondo di aggressività mascherata (maldicente, curiosa) nei confronti del gruppo dominante. Un’ulteriore conferma di questa contraddittorietà della donna, sembrerebbe scaturire dalla constatazione che ‘l’unica caratteristica attribuita solo dagli uomini alle donne (oltre alle già descritte, comuni anche per le donne) è quella di «bugiarda». Bugiarda potrebbe esprimere sia il carattere di aggressività mascherata che l’immagine femminile suscita nella maggioranza maschile, sia la necessità implicitamente riconosciuta che le donne devono mentire per sopravvivere.
Per quanto riguarda l’immagine che le donne danno di se stesse, oltre agli aggettivi in comune cogli uomini, le donne si descrivono come prevalentemente razionali (sentimentale, sognatrice, fantasiosa, intuitiva, incoerente, mistica) e con alcune doti morali particolari (morale, pudica, religiosa, fedele, ordinata). Inoltre l’auto stereotipo femminile ha una minore percentuale di fattori percepiti più come positivi e una maggiore percentuale di tratti negativi rispetto all’auto-stereotipo maschile (le donne si attribuiscono i seguenti tratti negativi: affettata, capricciosa, chiacchierona, curiosa, debole, frivola, incoerente, influenzabile, isterica, maldicente, passiva, suscettibile e vanitosa, mentre i maschi si vedono al negativo come: aggressivi, arrivisti, cinici, collerici, egogentrici e impulsivi).
In conclusione da questa ricerca risulta che c’è una tendenza per le donne ad attribuire al proprio sesso più difetti e meno pregi di quanto i maschi attribuiscano al loro, mentre i maschi tendono ad attribuire al sesso femminile più difetti e meno pregi di quanto le femmine attribuiscano al sesso maschile. Questi risultati, secondo la Bonnes, si possono interpretare come una conferma della tendenza del gruppo dominante maschile a proporre una immagine negativa del gruppo minoritario femminile, il quale, a sua volta, assimilandola stessa immagine formulata dalla maggioranza, concorda con tale immagine negativa. In un’altra ricerca Maria Banissoni e Anna Paola Ercolani hanno chiesto a 181 maschi e 264 femmine, tra i 18 e i 25 anni di descriversi, e poi di ridescriversi in termini negativi e positivi, scegliendo da una.lista di 155 aggettivi.
Per quanto riguarda la descrizione di sé, i maschi hanno scelto solo due aggettivi: sincero e altruista con una frequenza percentuale superiore a 50, mentre invece le donne hanno scelto ben nove aggettivi con frequenza dal 50 al 68%, ad esempio le ragazze si sono descritte più frequentemente dei maschi come fantasiose, sincere e spontanee al positivo e al negativo apprensive e impulsive. Tra gli aggettivi scelti con maggior frequenza dai maschi 12 su 17 hanno una connotazione positiva e solo 4 su 17 hanno una connotazione negativa, mentre tra gli aggettivi scelti più frequentemente dalle femmine, solo 7 su 20 aggettivi hanno connotazione positiva e 13 su 20 connotazione negativa. Anche da questa ricerca sembrerebbe emergere la tendenza per le donne a descriversi nei termini di un quadro stereotipato «svalutativo». Tuttavia si deve notare che da una elaborazione statistica più attenta, cercando di vedere quali gruppi (pattern) di aggettivi vengano scelti sempre con più frequenza dai maschi e dalle femmine non si ottengono differenze significative tra i sessi; piuttosto risulta che quando devono far riferimento a modelli positivi e negativi in chiave sociale, i maschi e le femmine non utilizzano gli stessi modelli.
In altre parole, ragazzi e ragazze, farse anche ‘in virtù dei valori di una nuova cultura giovanile, quando descrivono se stessi sottolineano una dimensione di «apertura all’altro» (aperto, spontaneo, socievole, cordiale, sincero, generoso); quando devono descriversi in senso negativo o positivo si rifanno a modelli culturali prevalenti. Ad esempio per i maschi è negativo l’insieme di aggettivi come timidi impacciati chiusi appartati, come pure aggettivi come conformista e conservatore.
Gli aggettivi conformista e conservatore non compaiono in nessuno dei gruppi di aggettivi femminili. Ciò fa pensare, ad esempio, che i termini abbiano un diverso significato per i maschi e per le femmine. Probabilmente alcune delle difficoltà di comunicazione che inaspriscono i rapporti uomo-donna derivano anche da questo tipo di equivoci sociolinguistici. A questo proposto sarebbe interessante esplorare le differenze di linguaggio tra uomo e donna, con particolare riferimento all’uso del linguaggio in situazioni «private» e «pubbliche». Invitiamo chiunque abbia fatto qualche studio in proposito o sappia di qualche indagine interessante a farcela conoscere, in modo che su Effe possiamo tutte insieme discutere e prendere coscienza della varietà dei modi in cui il «femminile» e il «maschile» si sono evoluti e di come continuino ad influenzare la nostra vita.
1) Bonnes, M. Stereotipia sessuale e «ruolo minoritario» della donna, Rivista di Psicologia Sociale, 1971, M3-265.
2) Banissoni, M. e Ercolani SM. AP. Descrizione di sé e ruolo sessuale. Psicologia sociale e dello sviluppo 4, 1974.