black women womens’ lib
negre e… femministe
La grande e positiva novità di quest’anno per la lotta femminista americana è, paradossalmente, una scissione avvenuta all’interno di un altro movimento per i diritti civili, quello della minoranza negra. Perché ciò sia paradossale è evidente: minoranza oppressa come e più apertamente delle donne, i negri — con le lotte degli ultimi dieci anni — hanno costituito un potente fattore scatenante della rivolta femminile negli Stati Uniti. Ma per l’asprezza della lotta, per la forza del pregiudizio razziale, la minoranza negro-americana non aveva potuto dedicare sufficiente attenzione ad altri importanti problemi, come quelli della donna.
Nell’agosto di quest’anno, a dieci anni esatti dalla prima grande marcia su Washington, le donne negre, che >— si ricordi Angela Davis — hanno avuto un ruolo di primo piano nella lotta al razzismo, hanno ritenuto ormai realizzate le condizioni per aprire un «secondo fronte», quello della lotta non più alla sola discriminazione razziale, ma anche alla discriminazione sessuale. La grande e positiva novità dell’estate nella scena politica americana, è stata infatti la creazione della «National Black Feminist Organization» che ha subito raccolto un numero altissimo di adesioni soprattutto tra le donne negre delle classi sociali meno abbienti, con la nascita immediata di gruppi locali in molte città degli Stati Uniti. Questo successo indica un importante mutamento psicologico: fino a ieri le donne negre, per timore di rompere la solidarietà negra che ha consentito tante vittorie in questi ultimi vent’anni, esitavano ad impegnarsi nei movimenti femministi. E ciò nonostante esse avvertissero ancora più delle donne bianche la condizione di inferiorità che risultava dall’essere donne e condividessero più di queste gli obiettivi del movimento di liberazione della donna, come peraltro hanno dimostrato due indagini di opinione, la Harris e la Virginia Slims Polis condotte nel 1972. Il 67% delle donne negre è infatti favorevole ai movimenti femministi, contro il 39% delle donne bianche. L’importanza di questo fatto nuovo, per il movimento femminista nel suo complesso, non sta soltanto nel fatto che un gruppo di rappresentanti di una minoranza così violentemente oppressa come quella negra abbia riconosciuto che l’esser donna è altrettanto importante e difficile quanto avere la pelle di un altro colore, ma soprattutto nel fatto che si è avuta così la riprova del successo del movimento femminista nella sua lotta per superare la falsa Immagine — largamente accreditata da tutta la stampa e dagli altri mezzi di comunicazione — che si tratti di un movimento sostanzialmente borghese, diretto soprattutto da donne dei ceti privilegiati. Tra le battaglie condotte dalle femministe americane a favore delle donne delle minoranze razziali ricordiamo il boicottaggio della «General Mills» (una grossa società che discriminava le operaie sia in base alla razza che al sesso) e il processo contro la AT&T che ha segnato un momento importante nella lotta sostenuta in favore di tutte le donne e degli uomini delle minoranze razziali per quanto riguarda l’uguaglianza nel lavoro. Inoltre, come la stessa deputatessa negra, Shirley Chisholm, ha sottolineato, le femministe sono state tra «i più forti e più efficaci sostenitori» della legge recentemente approvata sui minimi salariali. Senza l’appoggio delle organizzazioni femministe alla coalizione formatasi per il lobbying (pressione esercitata sui parlamentari, comunemente usata nel sistema politico americano) e senza il loro impegno, l’estensione dei minimi salariali alle lavoratrici domestiche, per il 98% donne e in massima parte negre, non sarebbe mai stata approvata.
Se nei prossimi mesi 11 successo di questa nuova iniziativa troverà conferma, sarà possibile affermare che il movimento femminista americano è riuscito a raggiungere un fondamentale traguardo: quello di affermarsi agli occhi dell’opinione pubblica come espressione di un gruppo sociale autenticamente discriminato ed oppresso, capace di stabilire un collegamento di solidarietà psicologica e politica con altri gruppi sociali, esclusi, in maniera più o meno grande dal pieno godimento dei diritti civili.
Le donne negre sono le più qualificate a fare da collegamento perché il fatto che soffrono della doppia discriminazione è un fatto concreto e obiettivo che si può ricavare addirittura dalle statistiche. Su 9 milioni di donne negre al di sopra dei 16 anni, solo il 50% lavora. I dati disaggregati per settore di occupazione rivelano che il 26% delle donne negre lavora come inservienti o cameriere, il 12,8% come domestiche in case private, il 23,5% come segretarie, il 17% come operaie, il 2,3% come commesse, I’1,6% è occupato nell’agricoltura e solo il 13% ha una professione. La discriminazione è molto notevole nei livelli di retribuzione. Ciò spiega perché i due terzi delle famiglie negre aventi come capofamiglia una donna (e che rappresentano il 34,6% delle famiglie negre) vivano in povertà, con un reddito medio che è la metà del reddito medio di tutte le famiglie negre e un quarto di quello delle famiglie bianche.
I collegamenti tra il movimento antirazzista e il movimento anti-sessista non sono di oggi. Le radici stesse del femminismo ne sono impregnate. La maggior parte infatti delle donne americane che lottarono per il suffragio alle donne nel 19° e 20° secolo aveva iniziato l’attività politica nel movimento abolizionista. Tuttavia alla convenzione mondiale contro la schiavitù tenutasi a Londra nel 1840 esse non furono ammesse alla discussione e furono co strette a sedere in silenzio nella tribuna degli ospiti. E questo solo perché erano donne. Ciò rafforzò la loro convinzione che la battaglia per l’abolizione della schiavitù non poteva essere vinta senza aver vinto la battaglia per l’abolizione della schiavitù delle donne. Nacque così il primo movimento femminista americano. Quando il quindicesimo emendamento alla costituzione americana concesse agli schiavi negri il diritto di voto, questo fu concesso solo agli uomini negri. Le donne negre dovettero aspettare il 1920 quando tutte le donne ebbero finalmente il diritto di voto.
Le femministe si sono accorte che il rapporto tra liberazione delle minoranze oppresse e liberazione delle donne era un rapporto irrisolto e che gli stessi uomini delle minoranze oppresse opprimevano le loro donne. È questo d’altronde un meccanismo psicologico ben noto: che chi è costretto a vivere in un mondo non suo, in cui è emarginato, tende poi a prendere posizioni estremamente arroganti nel mondo che gli appartiene, che vede come più propriamente suo. Ciò vale per l’emigrato siciliano in Germania o algerino in Francia che subisce lo sfruttamento, vive nelle baracche, però poi schiavizza moglie e figli.
Questo nuovo movimento delle femministe negre può avere un ruolo centrale per chiarire questo nodo irrisolto del movimento per i diritti civili. Non a caso dice Margaret Sloan, redattrice di Ms e una delle fondatrici della N.B.F.O.: «Sappiamo che il problema degli uomini negri è il razzismo bianco e il fatto che le donne tornino in cucina non darà certo un lavoro a un uomo negro. È un Insulto per gli uomini negri dire che le donne negre devono stare dietro di loro e sostenerli. Sorelle, voglio essere sicura che, quando verrà la rivoluzione, sarò in grado di usare tutto il mio talento e la creatività e le mie energie, il che non ha niente a che fare con il cucinare focacce per i rivoluzionari!» L’organizzazione delle donne negre ricorderà al movimento di liberazione dei negri che non ci può essere liberazione solo per mezza razza.