da una crisi un libro

l’autrice di “Analisi in famiglia” racconta perché ha deciso di scrivere la storia dei suoi rapporti familiari

maggio 1977

questo libro è andato crescendo anno dopo anno per tutto il tempo che ho impiegato per risalire dalla profonda crisi esistenziale che mi ha travolta, all’interno del mio nucleo familiare, co-me persona e come funzione; ma l’ho scritto in pochi mesi quando me ne sono state chiare tutte le cause, e allora ho capito che dovevo denunciare, analizzare, spiegare, uscire dal privato, fare del privato un discorso politico. Dato l’ambiente in cui viviamo, fare questa operazione è costato del coraggio, che però mi è venuto dalla convinzione che la fase successiva all’autocoscienza e alla liberazione individuale è la presa di posizione pubblica e la battaglia politica da condurre con tutti gli strumenti che si posseggono. Perché, dopo che hai preso coscienza, hai recuperato il tuo diritto ad essere persona, hai imparato a difendere questo diritto e ad esprimerti coi mezzi che ti sono propri, ti rendi subito conto che ben poco hai realizzato se sei costretta a confrontarti con gente che non è libera, ma condizionata a vivere e a lavorare in un ambiente che non ti concede spazio, se fai parte di una società che ti opprime e ti stritola; e allora portare in pubblico la battaglia, costringere la gente ad ascoltarti, farti a posta lo spazio giusto nell’ambiente di lavoro, combattere le istituzioni sclerotiche della società diventa la tua stessa ragione di vita. E ti viene il coraggio, riesci a rompere il cerchio massiccio del privato che ti isola e ti uccide, riesci a gridare le tue ragioni, e gridi così forte che la tua voce deve arrivare lontano, deve scuotere altri isolamenti, mettere in moto altre liberazioni.
È con tanti atti di questo genere che tutte le schiavitù, di tutte le epoche, di tutte le civiltà che si sono avvicendate, hanno spezzato le loro catene. E oggi è la nostra condizione di donne la punta di diamante che sta scalfendo il cristallo del potere, certo ancora duro, ma non tale da resistere per sempre.
Perché noi siamo la metà del cielo, e l’uomo deve fare i conti con noi, e anche se ora reagisce con la violenza e con la repressione, presto starà tanto male che dovrà prendere atto delle nostre ragioni, e farle sue, e mettersi a collaborare per trovare insieme nuovi sbocchi, nuovo amore, nuovo rapporto, nuove forme.
Infatti, come risulta dall’analisi da me trascritta sui motivi e sulle cause del nostro malessere che è stato patito e -attaccato alla base da tutti i componenti del mio nucleo familiare, l’uomo che pure storicamente si pone come il padrone e spesso il carnefice della donna, non è meno condizionato e quindi meno tormentato e infelice di questa, sicché l’abbattimento dei ruoli tradizionali e la ricerca di un modo rivoluzionario di stare insieme e di vivere ben presto diventerà la sua stessa ragione di vita, magari quando la nostra lotta sarà arrivata a metterlo veramente in ginocchio ed egli non vedrà altro sbocco alla sua stessa crisi esistenziale e di identità che nelle indicazioni noi nel frattempo sempre più lucidamente saremo andate elaborando. Così almeno è capitato a noi. E poiché la nostra storia è simile a quella di tutti, e assomma le tematiche dell’umanità di ogni tempo e clima, non vedo perché per vie simili non possano risolvere anche gli altri la propria. Naturalmente, allo stato attuale delle cose c’è da rimboccarsi le maniche, confrontarsi, lottare, appropriarsi di tutti gli strumenti della odierna ricerca antropologica, sociologica, politico-economica, sessuologica, mettere in discussione praticamente tutto, perché una cultura è come un mosaico fatto di migliaia di tasselli e se uno si illude di trasformare il mosaico sostituendone alcuni si accorge che l’insieme è rimasto identico: bisogna avere il coraggio e la pazienza di togliere tutti i tasselli, scegliere quelli ancora utilizzabili, farne altri di sana pianta, e mettersi a costruire un altro disegno. Per preparare una rivoluzione di cultura occorre studio, ricerca, volontà di lotta, estrema onestà di coscienza, continuo confronto e verifica; non ci si improvvisa persone nuove, con nuovi valori e nuove fedi, se non si affronta l’impresa con impegno. E poiché questa rivoluzione non si attuerà nell’arco di una generazione, e neppure di poche, occorre che ci si ponga il problema dei figli: pochi, pochissimi, quelli solo voluti, ma pur sempre figli; e il problema figli non si risolve se non elaborando un nuovo codice dell’educazione, che non si potrà attuare finché la coppia non abbia risolto la propria conflittualità, traguardo che non potrà essere raggiunto se non avranno fatto entrambi una rigorosa autocoscienza.
Da una coppia liberata, autenticamente liberata dalla castrazione dei ruoli, formata quindi da un uomo e da una donna che sappiano vivere come persone, potranno nascere i figli della nuova cultura.
Ma il processo dovrà essere omogeneo e parallelo, cioè implicare tutta la popolazione del pianeta.
E siccome questa operazione avrà una gradualità molto varia, avremo da lottare per chissà quanto tempo. Ma la lotta per l’esistenza è stata sempre espressione dell’istinto di conservazione, il che vuol dire che lottare è bello, lottare è giusto, nella lotta c’è la gioia.
E per cominciare a lottare, come per cominciare a capire, non è mai troppo tardi.
L’autocoscienza di una donna di mezza età può essere utilissima per le nuove generazioni.
Quando anche gli uomini di mezza età si metteranno a fare autocoscienza, vorrà dire che già staremo meglio. Noi possiamo fornire ai giovani e ai giovanissimi una serie di analisi interessanti, e aiutarli a scardinare i pilastri del sistema.
Ecco, per questo ho scritto questo libro.