la donna e il sindacato
riproponiamo la necessità di lottare per una sempre maggiore partecipazione e potere di controllo nel sindacato e per il mutamento dell’organizzazione del lavoro.
nella IV conferenza nazionale della FLM sono intervenute molte compagne delegate che hanno sollevato nel dibattito la condizione della donna nella fabbrica, nella società, nel sindacato. Questi interventi sono il frutto di una nuova coscienza che emerge tra le lavoratrici e che si organizza e si esprime in forme nuove. Affinché il sindacato riesca a dare le giuste risposte al problema della condizione della donna è necessario infatti che siano soprattutto le donne in prima persona ad elaborare le proposte e le iniziative di lotta che devono diventare patrimonio di tutto il movimento, per realizzare quelle condizioni interne ed esterne alla fabbrica indispensabili a liberare la donna dal proprio ruolo e a creare un diverso e migliore modello di vita per tutti. La conferenza quindi: 1°) Impegna la FLM in tutte le sue strutture a portare avanti l’elaborazione di obiettivi immediati da inserire all’interno delle vertenze aziendali e di settore per:
— Una difesa reale dei livelli di occupazione femminile esistenti e di un loro ampliamento;
— Superamento dei ruoli e delle discriminazioni nella organizzazione del
lavoro e nei processi di qualificazione; — Rottura della concezione di maternità come fatto privato (tutela della salute nella gravidanza, retribuzione ed estensione ai padri dei diritti di assistenza ai figli; contribuzione aziendale e lotte nel territorio per i servizi); — Rilancio delle lotte per la modifica dell’organizzazione del lavoro e per una nuova professionalità anche delle donne, e sull’ambiente. 2°) Impegna la FLM a sviluppare questi obiettivi e a proseguire nella elaborazione anche attraverso il confronto con il movimento delle donne che in questa fase sta affrontando l’obiettivo del lavoro.
3°) Impegna la FLM in questa fase congressuale e di rinnovo dei Consigli di Fabbrica in un dibattito con le lavoratrici e con le delegate, e in gruppi di lavoro che si sono creati su questo tema, a verificare i livelli di presenza delle donne in tutte le strutture dirigenti del sindacato e a battersi contro ogni discriminazione nei ruoli politici. 4°) Impegna la FLM a promuovere tutte le forme di riorganizzazione che vedano le donne partecipi in prima persona anche con momenti di dibattito autonomo, e impegni i CdF a trovare le forme per facilitare la partecipazione delle lavoratrici alle riunioni che si svolgono nell’orario di lavoro anche con l’utilizzo del monte ore. 5°) Impegna la FLM a promuovere la partecipazione delle delegate in tutte le esperienze di formazione sindacale, e ad organizzare occasioni specifiche di formazione pei’ le delegate, sia a livello nazionale che nelle Provincie, nei settori, nelle zone.
6°) Impegna la FLM a costituire un coordinamento nazionale delle delegate e delle lavoratrici, che si riunisce il 25 e 26 marzo prossimo a Roma e che questo raccolga dalle esperienze in corso nelle varie province tutti gli elementi necessari per l’avvio nella FLM di una politica di prospettiva sulla questione femminile.
7°) Impegna la FLM a sollecitare la Federazione Unitaria CGIL-CISL-UIL a convocare l’assemblea nazionale intercategoriale delle delegate prima dei congressi confederali perché le lavoratrici possano dare un importante contributo unitario al dibattito congressuale”. La mozione riportata, scaturita dalla IV conferenza nazionale della FLM tenutasi a Firenze il 7-8-9 marzo, è un momento della lunga marcia delle donne nella struttura sindacale. Il momento successivo, quindici giorni dopo a Roma, ha sancito ufficialmente la costituzione di un coordinamento nazionale delle delegate e lavoratrici metalmeccaniche. I temi della mozione, sintesi di decine di incontri informali provinciali, regionali e nazionali e spunti per approfondimenti ulteriori, ripropongono a chiare lettere la necessità da parte delle donne di lottare da un lato per una sempre maggiore partecipazione e potere di controllo nel sindacato e dall’altro per il mutamento dell’organizzazione del lavoro; ma soprattutto esce ancora una volta ribadito il doppio ruolo strutturale che emargina !e donne nelle organizzazioni sindacali e nel posto di lavoro e l’incapacità reale di avere strumenti adeguati di conoscenza e di intervento.
“Se è un uomo che deve essere eletto delegato del CdF non ci sono problemi, ma se è una donna le si fa un esame di cultura politico-sindacale per vedere se è all’altezza dell’incarico” ci dice una lavoratrice di un’industria elettronica romana; “Nel sindacato si ragiona ancora in termini maschilisti: se stai nel consiglio di fabbrica, molto spesso vieni ascoltata per ultima, se lavori nel sindacato hai più che altro mansioni di organizzatrice-segretaria-dattilografa” sottolinea un’altra compagna; “Anche se capisci che la crisi economica ti frega ancora di più come donna, perché sei licenziata per prima e sei costretta a fare lavoro a domicilio, oltre che ad ammazzarti di fatica per il marito e i figli, poi con i compagni non sempre riesci a far diventare queste realtà temi di lotta comune”.
Si potrebbe continuare all’infinito, dicendo che le donne non sempre possono partecipare ai corsi 150 ore e fare qui un momento di riflessione sulla propria condizione, che non sempre possono intervenire alle riunioni sindacali quasi tutte serali perché il loro essere lavoratrici, casalinghe e madri ne fa delle escluse sia dallo studio che dal confronto politico. Il discorso è senza dubbio più ampio; è quello della divisione del lavoro che, nella società capitalistica, non solo genera sfruttatori e sfruttati ma fa sì che anche all’interno di questi ultimi si perpetui la divisione uomo-donna; pubblico e privato, da questo punto di vista, sono le due facce della stessa medaglia, perché rivendicare ai rapporti di produzione esistenti la struttura della famiglia, della coppia, del ruolo della donna, significa che questi sono fatti sociali e come tali rientranti a pieno titolo nella sfera del pubblico. Certo è che innanzitutto questi problemi vadano discussi tra donne e il coordinamento nazionale delle delegate e lavoratrici FLM è una notevole conquista in un sindacato che per anni si è dichiarato contrario alle commissioni femminili, che non sempre è stato sensibile, a livello di vertenze, alle tematiche di professionalità, di nocività, di orario, di servizi su cui le donne chiedevano un intervento. È vero anche, però, che dopo questo o parallelamente a questo momento di riflessione autonoma sia necessario un accordo con il sindacato intero, visto soprattutto nella dimensione della sua realtà di base, per non correre il rischio di dividere la classe e la lotta di classe in una contingenza storica in cui ha maggiormente necessità di rimanere unita. Le posizioni, dunque, pur con tutte le difficoltà di ordine strutturale e personale che è facile immaginare, comprese crisi di valori da non sottovalutare, mi sembra possano essere conciliabili nella lotta per obiettivi comuni tenendo ben fermo, però, che la donna abbia spazio non solo di far circolare nuove idee e nuovi bisogni, ma che abbia soprattutto la garanzia da parte del sindacato di poter contare con le proprie analisi in termini decisionali.