cinema

un amico di nome giulia

un bel film, due brave attrici, la storia di un’amicizia che ciascuna di noi amerebbe vivere: in realtà non ci si può fidare…

aprile 1978

la curiosità di vedere Giulia è stata quella di verificare ancora una volta come si può riuscire a strappare consensi e lacrime a platee femminili, quando si è «bravi», come Zinnemann (quello di Mezzogiorno di fuoco e di da qui all’eternità) mistificando su un tema di grande attualità: le donne. Nel caso di Giulia l’operazione non è riuscita completamente, nonostante il film sia un raffinato prodotto dell’industria cinematografica americana. È fin troppo evidente l’uso strumentale degli ingredienti che ne hanno determinato il sicuro successo commerciale. Un’accoppiata di attrici come Jane Fonda (candidata all’Oscar per la migliore interpretazione femminile) e Vanessa Redgrave, note per l’impegno politico, garantiva di per sé la credibilità delle due protagoniste. Sullo schermo vediamo la storia dell’amicizia di due donne che seguiamo, attraverso vari flash-back, dall’infanzia alla maturità. Il tutto si svolge nella cornice socio-politica dell’alta borghesia dell’America rooseveltiana e di un’Europa che già risente della nascita del nazismo. La vera protagonista del film non è Giulia. Il personaggio interpretato da Vanessa Redgrave è una presenza-assenza, o meglio l’occasione per il dispiegarsi della storia di Lilli. Difficilmente infatti ci si può identificare con una rivoluzionaria, non a caso ricca e aristocratica, il cui destino è pagare con la vita l’impegno politico. Il modello identificativo offerto alle platee femminili è invece Lillian, cioè quello della self-made-woman, testarda, ma fragile e delicata, elegante e raffinata, vale a dire l’emancipata che conserva tutte le debolezze che fanno il fascino della vera donna. La contrapposizione tra la mitica irrealtà di Giulia, proiezione del sogno di eroismo che ci portiamo dentro, e la realtà più accessibile della vita di Lillian è la più evidente mistificazione del film, perché pur raccontando di due donne, due vite, due storie, solo apparentemente si propongono anche due modelli di vita. L’unico realmente possibile è e rimane quello di Lillian, che non si discosta dal solito ruolo di donna.
Più sottile è invece il conformismo con cui lo sceneggiatore Alvin Sargent e il regista raccontano l’amicizia fra le due protagoniste, ricorrendo alla tipica polarizzazione maschile-femminile. Confessiamo di non aver letto la novella «Pentimento» di Lillian Hell-iian dalla quale è stato tratto il film. Ma fonti fidate ci dicono che i tratti distintivi di questo legame: l’ammirazione, la dipendenza ed una tenerezza tanto forte da far pensare all’omosessualità, sono toccati dall’autrice e discretamente tenuti sul problematico. Invece Zinnemann traccia con delicatezza da elefante queste due figure femminili: cecità di maschio o esigenze spettacolari? Rimane che Giulia ha tutte le qualità di una donna-uomo. È brava, coraggiosa, intrepida, fa scelte politiche, affronta sorridendo il pericolo e il martirio. Si ribella alla sua ricchezza, fa coraggio all’amica, insicura e debole, sia nell’affrontare con disinvoltura i nonni arcigni sia nel farle accettare la sua mutilazione: «Non piangere», le dice sorridendo nel bar di Berlino dove si incontrano per l’ultima volta. Di tutto questo Lilli subisce il fascino e per tutte queste ragioni si porta dentro il cuore Giulia per il resto dei suoi giorni: Giulia è la sua guida, l’altra parte di sé, quella maschile. Solo per un momento è coraggiosa quanto Giulia, quando accetta, più per affetto che per convinzione politica, di trasferire clandestinamente a Berlino una somma di denaro che serviva all’espatrio dei perseguitati politici.
Il conformismo non è nel non aver saputo immaginare un’amicizia paritaria fra donne: quanto essa sia rara lo sappiamo bene. Ma dove per noi questo è un problema, Zinnemann e Sargent schematizzano, accentuano i tratti contrapposti maschili e femminili delle due protagoniste, riducono lo spessore del tema, che invece la scrittrice sentiva molto. Nel film Lilli dà uno schiaffo violentissimo al pettegolo che osa parlarle del sospetto di amore omosessuale fra loro due. Nella realtà Lillian Helknan ci scrive sopra una commedia (Children’s hour, diventata poi i film La calunnia e Quelle due). Il conformismo è nel non dare alcuna sostanza, oltre allo schema, a questo legame. Lillian e Giulia — ma più Lillian che Giulia — vivono di ricordi romanticamente adolescenziali: quella che vediamo è più un mito che un’amicizia. Insomma, se Giulia fosse stata un uomo non ci saremmo stupite neanche un po’. Siamo alle solite, se imparassimo a raccontarle da noi le cose, potremmo cercare di evitare, questi lacrimosi-racconti Hollywoodiani sulle nostre fascinose vite di donne impegnate.