il centro storico è anche nostro

Roma
Via del Governo Vecchio
l’occupazione continua

novembre 1976

sabato 2 ottobre ore 14. Riunione nella sede del movimento di liberazione della donna pronta a partire alla «caccia al tesoro» a cui Lydia, attraverso la radio, aveva invitato tutte le compagne e le donne a partecipare. Finalmente siamo in tante e tantissime le nuove, tanti anche i bambini, la_più piccola Valentina ha 8 mesi. Il piano è già pronto, nessuna conosce la destinazione, salvo Marisa che ha organizzato tutto, sappiamo soltanto che andiamo ad occupare uno stabile per noi donne. I bambini sono eccitati, noi pure. Tutto il gruppo si ferma davanti alla Chiesa Nuova, parte una staffetta di quattro di noi, suoniamo, arriva il portiere: diciamo che siamo interessate a vedere i soffitti del palazzo, ci fa entrare, saliamo le scale. Siamo molto tese, il portiere è un po’ sospettoso, con una scusa, mentre in tre lo distraggono, Marisa riscende e spalanca il portone; entrano in massa tutte le altre con manifesti, striscioni, macchine fotografiche, bambini in braccio. Contemporaneamente dalle finestre del primo piano viene calato lo striscione con su scritto «occupazione del movimento di liberazione della donna» Irene per prima dalla finestra centrale unisce le mani nel simbolo delle femministe, si sentono i primi slogan, le prime canzoni, le facce sono allegre.

Il portiere non capisce più cosa sta succedendo, corre giù per le scale verso il portone tentando di arginare tutte queste donne che continuano a salire, tenta di chiudere il portone ma ormai è fatta.

Ora si tratta di superare la prima notte, Tirati su con una corda e un cestino sono arrivati i primi mezzi di sussistenza: sacchi a pélo, candele, lampade a gas torce elettriche, acqua minerale, 2 scope. La situazione ambientale è scoraggiante: uno spesso strato di polvere ricopre tutto, cerchiamo di migliorare la situazione spazzando: il risultato è polvere fin nello stomaco! Stendiamo dei giornali su cui poggiamo i sacchi a pelo. Facciamo una prima assemblea durante la quale insieme ” decidiamo il comportamento da tenere nel caso arrivi la polizia: secondo la prassi della non violenza, sedute per terra, ci saremmo fatte portare via a braccia dai poliziotti. L’interrogativo più grdsso, soprattutto per quelle di noi che per la prima volta vivono una esperienza politica fuori dalle mura domestiche è sapere con quanta probabilità e cosa ci avrebbe fatto l’arrivo della polizia. L’atteggiamento deciso e tranquillo di quelle di noi «più esperte» riesce a comunicare alle altre sicurezza ed euforia che però si affievolisce quando ci rendiamo conto che è proprio notte, noti ci

sono più^ le compagne che giù nella strada manifestano con noi con cartelli e megafoni; aumenta il silenzio e l’oscurità. In pochissime riusciamo a dormire, ad ogni rumore Liliana scatta alla finestra, alle sei tutte in piedi a riporre i sacchi a pelo, a pulire di nuovo per terra, a rendere abitabile la nostra nuova sede; Valeria appende manifesti e un grosso foglio di cartone bianco che diventa il nostro giornale murale tuttora parlante.

Arrivano le compagne che non hanno potuto dormire con noi portando caffé e i giornali. Siamo curiosissime di sapere come i giornalisti, che già la sera precedente erano venuti ad intervistarci, hanno riportato la notizia della nostra occupazione. Per tutta la giornata è un via vai continuo di compagne che ci portano la loro solidarietà non solo a parole, ma fatta di rifornimenti in viveri e di beni essenziali alla nostra permanenza nei locali. Molte radio e televisioni libere ci offrono lo spazio per parlare della nostra iniziativa. La nostra occupazione ha motivazioni politiche precise e le facciamo immediatamente conoscere attraverso telegrammi all’amministratore del Pio Istituto S. Spirito proprietario dell’immobile da noi occupato, al sindaco di Roma, al presidente della regione, al prefetto, al questore, al procuratore della repubblica di Roma. Abbiamo bisogno di uno spazio dove poter organizzare le nostre lotte, dove poter sviluppare la nostra creatività, dove incontrarci e crescere politicamente. E proprio perché siamo un movimento politico delle donne che rifiuta il concetto del finanziamento pubblico riteniamo che lo stato non debba dare soldi alle organizzazioni politiche, ma debba fornire le strutture. Inoltre questo stabile che abbiamo occupato è inutilizzato da 10 anni e per l’incuria delle autorità sta andando in disfacimento. Poiché è patrimonio di tutti è anche nostro e per questo intendiamo salvaguardare questo edificio dalla speculazione che sta subendo il centro storico. Dichiariamo che siamo pronte a restituire l’edificio dietro concrete assicurazioni di una destinazione più razionale ad uso della collettività.

La risposta dell’amministratore arriva dopo due giorni con un telegramma che ci intima lo sgombero entro le quarantotto ore, altrimenti interverrà la forza pubblica. I nostri lunghi telegrammi inviati alle forze politiche danno come primo risultato l’impegno di incontri e una solidarietà concreta che si manifesta con il non intervento della polizia.

Martedì è il contatto con le donne del -quartiere, quello che ci sembra più importante in questo momento; intervengono numerose alle riunioni per il consultorio anticoncezionali e aborto che abbiamo trasferito dalla nostra sede, e per organizzare insieme a noi l’asilo alternativo autogestito. Sono problemi immediati sentiti da tutte e la discussione e la partecipazione sono molto vive. Quasi ogni sera teniamo assemblee interne per discutere insieme i problemi pratici e organizzativi ed è in questi momenti che ci rendiamo conto di quanto sia bello stare insieme tra donne. Dice Luciana: «per me questo momento della mia vita di donna, che fino a prima dell’occupazione era consacrata alla casa e alla famiglia, mi ha fatto scoprire un’altra me stessa. Ho vissuto e sto vivendo tutt’ora un’esperienza meravigliosa accanto a tante donne e soprattutto a fianco di mia figlia Antonella che ha 17 anni. Questo nuovo rapporto mi ha maturata e fatto prendere coscienza di quanto noi donne abbiamo bisogno di stare insieme in modo diverso, di unirci per poter parlare, per poter organizzarci e prepararci a riprendere possesso della nostra vita senza più condizionamenti e oppressioni». Eugenia scrive una pasquinata in versi romaneschi che una compagna mette in musica intitolandola VIA DEL GOVERNO VECCHIO 39, la leggiamo alla radio radicale e secondo l’antica tradizione la attacchiamo alla statua di Pasquino. Il giornale murale cresce, insieme a tutta una serie di fotografie, fatte e stampate da Franca e da altre, cresce il tabellone con i ritagli, dei giornali che parlano di noi, non resta più spazio sui muri, tutto è coperto da manifesti, scritte, festoni, cartelli. Anche il vice questore che è venuto a controllare la situazione e a sentire le nostre intenzioni si congratula per il cambiamento che ha assunto la parte dell’edificio che ci siamo prese. Congedo è costretto a riceverci, obbligato dal presidente della regione in quanto la sua nomina è politica e gli è attribuita dalla giunta regionale. L’incontro risulta inutile per la durezza e l’equivocità politica di Congedo che ci rinnova l’intimazione allo sgombero entro tre ore. Non ci arrendiamo! Un altro telegramma più perentorio al presidente della regione ci fa ottenere un colloquio. Cominciamo ad essere ricevute con rispetto, otteniamo l’assicurazione che il patrimonio urbano del Pio Istituto sarà destinato ad usi sociali per la collettività. Ciò nonostante l’assessore Ranalli non approva né sostiene la nostra forma di lotta. Visti gli scarsi risultati chiediamo un incontro con i capigruppo del consiglio comunale. Contemporaneamente l’assessore Arata, per conto del Sindaco ci fissa un incontro, grazie anche alla stampa che quotidianamente dà molto rilievo alla nostra occupazione.

A proposito della stampa dobbiamo recriminare l’atteggiamento tenuto dai settimanali cosiddetti progressisti che o ci hanno completamente ignorato, vedi «Espresso» e «Panorama», o ci hanno usato come merce, come folklore della peggiore specie (vedi articolo di Maria Gentile su «Tempo»). Per protesta molte compagne inviano telegrammi e lettere alla redazione del giornale che naturalmente non pubblica.

Ritornando ai contatti politici: l’accoglienza dei capigruppo del consiglio comunale è diversa da quella avuta alla Regione, qui il clima è più disteso, moltissimi assessori del PCI e del PSI solidarizzano con la nostra occupazione e arrivano anche a parlare del come poter allacciare la corrente elettrica. A questo punto sembra veramente fatta, è chiaro che per ora non lasciamo via del Governo Vecchio, il pericolo della polizia si è allontanato per le precise garanzie che ci hanno dato. Torniamo esultanti di questo primo successo e finalmente ci sentiamo un po’ più sicure finalmente forse Liliana riuscirà a dormire e fare dormire anche noi!

Venerdì 15: la nostra occupazione è all’ordine del giorno del consiglio comunale attraverso un nostro documento letto dal consigliere radicale. Per la prima volta problemi come aborto, contraccezione, consultorio per le donne violentate, spazi dove le donne possano ritrovarsi esprimersi, creare, entrano in Campidoglio e costringono i suoi membri a prendere atto della mancanza assoluta di queste strutture che le donne rivendicano. La domenica festeggiamo la seconda settimana di occupazione. Gloria organizza una mostra mercato con oggetti creati da noi donne. C’è di tutto dalle marmellate alle serigrafie, dai lavori a maglia alle ceramiche. Sono cose bellissime e soprattutto è la prima volta che abbiamo uno spazio nostro dove esporre i nostri prodotti artistici e artigianali. Ci sono anche tanti bambini per i quali abbiamo organizzato uno spettacolo con un gruppo di mimi. Sono entusiasti non solo dello spettacolo ma soprattutto dal modo diverso con cui stanno con le madri e le compagne. Abbiamo raggiunto il 19° giorno a via del Governo Vecchio. L’occupazione continua!