la dinamica dell’amore

rileggiamo qualche pagina da «La dialettica dei sessi» dì Shulamith Fìrestone

novembre 1976

Le donne e l’amore sono alla base. Criticateli, e minaccerete la struttura stessa della cultura.

La logora domanda: «Che cosa facevano le donne mentre gli uomini creavano i capolavori?» merita qualcosa di più dell’ovvia risposta: le donne erano messe al bando dalla cultura, sfruttate nel loro ruolo di madre. Oppure-l’inverso: le donne non avevano bisogno di dipinti dal momento che creavano bambini. L’amore è legato alla cultura in modi molto più profondi. Gli uomini pensavano, scrivevano e creavano, perché le donne non creano la cultura perché si preoccupano dell’amore.

Che le donne vivano per l’amore e gli uomini per il lavoro è un luogo comune. Freud fu il primo a cercare le basi di questa dicotomia nella psiche individuale: il bambino maschio, sessualmente respinto dalla prima persona che conosce, la madre, «sublima» la sua «libido» — il suo serbatoio di energie sessuali (vitali) — in progetti a lungo termine, nella speranza di ottenere l’amore in una forma più generalizzata; così egli trasforma il’ suo bisogno d’amore in un bisogno di consenso. Nella femmina questo processo non si verifica con altrettanta intensità: la maggibr parte delle donne non smette mai di cercare calore e approvazione diretta…

Come opera il fenomeno «amore»? Contrariamente all’opinione corrente, l’amore non è altruistico. L’attrazione iniziale è basata su una curiosa ammirazione (più spesso, al giorno d’oggi, invidia e risentimento) per l’autodominio, l’unità integrata dell’altro, e sul desiderio’ di far parte in qualche modo del suo Sé (oggi, leggi: invadere o prendere possesso), di diventare importanti in quell’equilibrio psichico. Il riserbo dell’altro crea il desiderio (leggi: la sfida); l’ammirazione (invidia) per l’altro diventa desiderio di incorporare (possedere) le sue qualità. Segue una collisione di personalità in cui l’individuo cerca di respingere il crescente potere dell’altro su di sé. L’amore è la finale apertura (o resa) all’altro. La amante mostra all’amato come egli stesso vorrebbe essere trattato («Ho faticato tanto per farlo innamorare di me che mi sono innamorata io di lui»). Così l’amore è il culmine dell’egoismo: il sé cerca di arricchirsi attraverso l’assorbimento di un altro essere. L’amore è essere psichicamente spalancati all’altro. E’ una situazione di totale vulnerabilità emotiva. Perciò deve essere non solo l’incorporazione dell’altro, ma uno scambio di personalità. Qualunque cosa che non sia un reciproco scambio danneggerà l’una o l’altra parte. Non c’è niente di intrinsecamente distruttivo in questo processo. Un po’ di sano egoismo sarebbe un piacevole cambiamento. L’amore tra due uguali sa-sebbe un arricchimento, in cui ciascuno dei due si estende attraverso l’altro: invece di essere uno solo, chiuso nella cella del suo sé con la sua esperienza e la sua visione del mondo, egli potrebbe partecipare all’esistenza di un altro — una finestra in più sul mondo. Questo spiega la beatitudine che provano gli amanti fortunati: gli amanti sono temporaneamente liberati da un isolamento che ogni individuo deve sopportare.

Ma la beatitudine in amore si trova raramente…

Io credo che l’amore sia essenzialmente un fenomeno semplice: a meno che non venga complicato, corrotto od ostacolato da uno squilibrio di potere. Abbiamo visto che l’amore esige una reciproca vulnerabilità, altrimenti diventa distruttivo: gli effetti distruttivi dell’amore si verificano solo in un contesto di disuguaglianza. Ma se, come abbiamo visto, la disuguaglianza biologica è sempre rimasta una costante, sia pure a diversi gradi di intensità, allora è comprensibile che si sia sviluppato l’«amore romantico»… In che modo il sistema di classe ses-

suale basato sulla disuguale distribuzione del potere nella famiglia biologica influisce sull’amore tra i sessi? Discutendo il freudismo, abbiamo visto come si struttura psicologicamente l’individuo all’interno della famiglia e come questa organizzazione della personalità debba essere diversa per il maschio e la femmina a causa della diversità dei loro rapporti con la madre. Attualmente l’interdipendenza insulare del rapporto madre-figlio costringe sia i bambini che le bambine all’ansia per la perdita dell’amore materno, dal quale dipendono per sopravvivere fisicamente. Quando più tardi (con buona pace di Erich Fromm) il bambino impara che l’amore materno è condizionato, e che gli viene elargito in cambio di un comportamento approvato (vale a dire, un comportamento in linea con i valori della madre e con ciò che gratifica il suo io: perché essa è libera di modellare il suo bambino «creativamente» qualunque sia la suo apinione in merito), l’ansia del bambino diventa disperazione. Questo, coincidendo con il rifiuto sessuale del bambino maschio da parte della madre, causa, come abbiamo visto, nel ragazzo una schizofrenia tra emotività e sessualità, mentre nella ragazza, il rifiuto della madre, che avviene per motivi diversi, produce una insicurezza sulla sua identità in generale, il che le dà per tutta la vita un bisogno di approvazione. (Più tardi il suo amante sostituirà il padre come garante del necessario surrogato di identità: essa vede ogni cosa attraverso gli ochi di lui). Qui prende origine la fame d’amore che più tardi manda i due sessi alla ricerca di una persona dopo l’altra per trovare la sicurezza dell’Io. Ma a causa di questo precoce rifiuto, nella misura in cui è avvenuto, il maschio si sentirà terrificato dalla prospettiva di impegnarsi, di «aprirsi», e poi essere schiacciato. Co-.me questo agisca sulla sua sessualità lo abbiamo già visto: nella misura in cui una donna assomiglia a sua madre, il tabù dell’incesto agisce per frenare il suo totale abbandono sessuale-emozionale; per potersi abbandonare .con sicurezza al tipo di risposta totale che sentì per la prima volta per sua madre, e che fu respinta, egli deve degradare questa donna in modo da distinguerla dalla madre. Questo comportamento riprodotto su scala più vasta spiega molti fenomeni culturali, compreso forse J’ideale di amore-adorazione del periodo cavalleresco, precursore del moderno romanticismo. L’idealizzazione romantica è parzialmente responsabile, almeno negli uomini, di una peculiare caratteristica del’ «innamorarsi»; il cambiamento ha luogo nell’amante quasi indipendentemente dal carattere dell’oggetto d’amore. Talvolta l’amante, anche se fuori di sé, vede con un’altra parte razionale delle sue facoltà che, parlando oggettivamente, colei che ama non merita tutta questa cieca devozione; ma è incapace di porvi rimedio, è uno «schiavo di amore». Più spesso si inganna completamente. Ma gli altri vedono che cosa sta succedendo! («Sa il cielo come abbia potuto innamorarsi di quella!»). Questa idealizzazione è molto meno frequente nelle donne, come si vede dagli studi clinici di Reik. Un uomo deve idealizzare una donna al di sopra delle altre per giustificare la sua discesa a una casta inferiore. Le donne non hanno alcun motivo del genere per. idealizzare gli uomini — in realtà, quando la propria vita dipende dalla capacità di «psicanalizzare» gli uomini, una simile idealizzazione potrebbe essere pericolosa — anche se il timore del potere maschile in generale può trasferirsi nelle relazioni con singoli uomini, creando apparentemente lo stesso fenomeno. Ma benché le donne sappiano quanto questo innamoramento maschile sia inautentico, tutte le donne, in un modo o nell’altro, ne esigono una prova prima di permettersi di amare (sinceramente, nel loro caso) in cambio. Perché questo processo di idealizzazione agisce in modo da eguagliare artificialmente le due parti, un requisito minimo perché nasca un amore non corrotto: e abbiamo visto che l’amore esige una reciproca vulnerabilità che è impossibile ottenere in una situazione di disparità di potere. Così, «innamorarsi» non è altro che il processo di alterazione della visione maschile attraverso l’idealizzazione, la mistificazione, la glorificazione che vanifica l’inferiorità di classe della donna.

Tuttavia, la donna sa che questa idealizzazione, per produrre la quale essa lavora così duramente, è una menzogna, e che è solo una questione di tempo prima che lui «le veda attraverso». La sua vita è un inferno, oscillante tra un divorante bisogno di amore e approvazione maschile che la sollevi dalla sua soggezione di classe, e continui sentimenti di inferiorità quando essa riesca a conquistare il suo amore. Così la sua identità pende tutta intera nella bilancia della sua vita amorosa. Le si permette di amare se stessa solo se un uomo la trova degna d’amore. Ma se potessimo eliminare il contesto politico dell’amore tra i sessi, non avremmo ancora qualche grado di idealizzazione nel processo amoroso? Penso di sì. Perché il processo si verifica nello stesso modo qualunque sia la scelta dell’oggetto amato: l’amante «si apre» all’altro. A causa di questa fusione di Ego, in cui ciascuno vede l’altro e si cura di lui come di un nuovo se stesso, la bellezza-carattere dell’amato, forse nascosta agli estranei sotto strati di difese, si rivela. «Mi chiedo che cosa ci trovi in lui», allora, significa non solo «è pazza, accecata dal romanticismo», ma «il suo amore le ha dato la vista a raggi X. Forse ci sfugge qualcosa». (Notate che questa frase è più spesso usata a proposito delle donne. La frase equivalente sulla schiavitù d’amore degli uomini è più spesso del genere di «Lei se l’è girato intorno al dito», «lo ha così accecato, che lui è l’ultimo a conoscerla»). Ma una maggiore sensibilità ai veri, anche se nascosti, valori dell’altro, no né «cecità» o «idealizzazione», ma è, in effètti, una visione più profondo. E’ solo la falsa idealizzazione che abbiamo descritto sopra che è responsabile della distruzione. Così non è il processo dell’amore stesso che è in colpa, ma il suo contesto politico, cioè lo squilibrio di potere: il suo chi, perché, quando e come, e ciò che fa dell’amore, oggi, una simile rovina.