la congiura dei giocattoli

la ruolizzazione non è una novità comincia dai primi giorni di vita. Il giocattolo ne è uno strumento fondamentale. Effe sta organizzando una manifestazione davanti a un negozio di giocattoli di Roma per il 18 dicembre.

dicembre 1976

i giocattoli per i bambini vengono scelti dagli adulti, talvolta aderendo a loro precise richieste, talvolta senza interpellarli. E’ soltanto molto tardi, non prima dei sette-otto anni, che alcuni bambini cominciano ad acquistare autonomamente alcuni giocattoli, ma prima di arrivare al traguardo della scelta cosiddetta spontanea, genitori e parenti hanno effettuato al posto loro innumerevoli scelte nelle quali il fattore dominante e discriminatorio è il sesso del bambino e attraverso quelle il bambino ha imparato a distinguere i giocattoli ammessi e quelli proibiti. I genitori scelgono il tipo di giocattolo secondo criteri diversi (dei quali l’indagine della Demoskopea ci dà un elenco esauriente ma anche sintomatico della loro confusione} ma il motivo di fondo, raramente espresso ma che emerge dall’analisi delle scelte reali, è che il giocattolo ha la funzione di addestrare il bambino ai suoi compiti di adulto e si colora quindi delle aspettative di cui i genitori inevitabilmente caricano i bambini, aspettative fondamentalmente diverse per i due sessi. E’ chiaro che la scelta di giocattoli che «stimolino l’intelligenza» è operata in funzione del futuro, del successo competitivo, della professione, ma sia quello sia il giocattolo che «serve a tener tranquillo il bambino» è differenziato secondo il sesso per cui la «tranquillità» maschile e femminile viene ottenuta con giocattoli diversi, ad esempio con le bambole per le bambine, con le costruzioni per il maschio e non c’è chi non veda quanto il gioco con le bambole stimoli più l’affettività che l’intelligenza e le costruzioni più l’intelligenza che l’affettività,

Per quanto si sappia che queste aspettative potranno concretizzarsi solo nel futuro, si sa altrettanto bene che quanto prima si comincia a incanalare i bambini verso i loro compiti futuri, maggiore è la probabilità di raggiungere qualche risultato. I giocattoli che vengono offerti, permessi o negati ai bambini, sono uno degli aspetti più importanti e delle armi più efficaci dell’addomesticamento del maschio e della femmina perché corrispondano agli stereotipi culturali previsti.

Esistono tre gruppi di giocattoli ben definiti: i giocattoli esclusivamente per maschi, quelli esclusivamente per femmine e quelli per così, dire neutri, ritenuti adatti a tutti e due i sessi. Tra i giocattoli neutri esiste ancora una sottofascia di quelli più adatti per maschi e di quelli più adatti per femmine, per cui quelli veramente neutri sono relativamente pochi. Appartengono al primo gruppo «esclusivamente per maschi», automobili, camion, motociclette, e in genere tutti i mezzi di trasporto che rivestono significati ritenuti tipici del modello maschile, cioè l’attività, l’avventura, l’esplorazione, il viaggiare, l’autoaffermazione, la competitività, l’idealizzazione della forza e dell’aggressività, cui si aggiungono armi di ogni genere, spade, archi, ecc.

Al secondo gruppo «esclusivamente per femmine» appartengono invece le bambole di ogni forma, dimensione e prestazione, dalle più semplici di pezza alle più complesse che parlano, dormono e fanno pipì con tutta la serie di accessori anch’essi numerosissimi che imitano perfettamente quelli usati dalle madri, carrozzine, lettini, bagnet-ti, completi per la toeletta del neonato, biberon, borsa da infermiera, frigoriferi, cucina a gas, aspirapolvere, ecc. Tra i giochi cosiddetti neutri, cioè ritenuti adatti per maschi e femmine indifferentemente, spesso si pretende un segno distintivo che li assegni a un sesso o all’altro, il colore, le decorazioni. Ad esempio, un giocattolo apparentemente neutro come un salvagente di plastica della misura adatta a un bambino di due anni, venne rifiutato da una madre per la sua bambina perché era contrassegnato da simboli giudicati adatti a un maschio, cioè navi spaziali colorate, e ne comprò invece uno ornato di fiori colorati, Tra i due gruppi di giocattoli, quelli per maschi e quelli per femmine, le scelte sono molto rigide fin da quando il bambino è piccolissimo e tali si mantengono. Per intenderci, i genitori non regaleranno mai una bambola direttamente a un maschio neppure quando ha un anno, così come non regaleranno mai a una bambina un carro armato. Ci sarà invece una certa tolleranza, minima nei ceti popolari, più accentuata nel ceto borghese, se i maschietti usufruiscono delle bambole della sorella giocando in gruppo con altri bambini, o viceversa le bambine delle automobiline del fratello, ma via via il bambino cresce diminuisce la tolleranza.

Se i giocattoli che si scelgono per loro sono diversi in maniera così sostanziale, mi sembra chiaro che i bambini dei due sessi vivranno esperienze diverse a causa del sesso cui appartengono e esperienze diverse danno luogo inevitabilmente a uno sviluppo diverso.

Né basta a contraddire queste realtà la presenza di una fascia di giochi che vengono offerti indifferentemente all’uno o all’altro sesso. Questa rigida differenziazione è la causa di un gran numero di frustrazioni di cui soffrono i bambini d’ambo i sessi: le bambine a causa della resistenza degli adulti a permettere il loro accesso a giochi attivi, aggressivi, movimentati, i bambini all’opposto a causa del divieto di dedicarsi a giochi in cui affiori maggiormente l’affettività o i giochi sedentari in cui sia importante la concentrazione, la precisione, l’uso raffinato delle mani e una minuta coordinazione dei movimenti. Si può però affermare che la frustrazione pesa maggiormente sulle bambine per una serie di motivi. La gamma di giocattoli approvati per loro è sostanzialmente più ristretta rispetto a quella assegnata ai maschi, per cui l’ampiezza delle loro possibilità di gioco viene automaticamente diminuita. Anche se apparentemente le voci indicanti i singoli giochi per femmine o per maschi più o meno si eguagliano, analizzandoli si scoprirà che quelli per femmine sono più giochi di ripiegamento che di espansione, monocordi, semplici variazioni su un tema, che è poi sempre quello dell’imitazione del ruolo materno e delle attività casalinghe ad esso connesse, mentre i giochi per i maschi sono numerosissimi perché il ruolo maschile si realizza in un ampio arco di possibilità, dall’astronauta al copotreno, dal soldato al vigile urbano; le professioni femminili pro poste dai giocattoli non esistono quasi, si riconducono sempre a quelle di madre, sarta, maestra, infermiera o bottegaia.

D’altra parte questo fenomeno non fa altro che confermare la realtà sociale e la evidente inferiorità professionale e sociale della donna. Quando si considerano le professioni femminili, si verifica che sono gregarie, subalterne, poco produttive, poco remunerative, confinate nell’area dei servizi e non della produttività, poco prestigiose e soprattutto meno esibite e celebrate di quelle maschili.

All’effettivo, minor numero di giochi destinati alle bambine, corrisponde anche la tendenza dei genitori a regalare tanto più spesso che ai maschi capi di abbigliamento invece che giocattoli, contribuendo in tal modo a spostare l’attenzione delle bambine dal mondo esterno alla propria persona, al proprio aspetto fisico, operazione che viene ripetuta dai genitori in.molte altre circostanze con il continuo richiamo al controllo dei propri atteggiamenti, dei movimenti spontanei, del linguaggio,

del riso, della pulizia e proprietà degli abiti e della persona, e così via. Al minor numero di giocattoli acquistati per le femmine, si aggiunge il tipo di giocattoli che per le femmine è di genere più sedentario. La maggior parte dei giochi delle bambine si svolge al chiuso delle pareti domestiche e quasi sempre nell’area ristretta di una stanza.

I giochi vivaci, di movimento, che sono consentiti ai maschi sia pure nello spazio ristretto delle abitazioni, sono permessi molto meno alle femmine. E’ più facile venga concesso ai maschi di giocare in cortile o di allontanarsi da casa con un gruppo di coetanei. Esistono le piccole bande maschili che si riuniscono per giocare a pallone, alla guerra, a guardie e ladri, ma sono rarissimi i gruppi femminili e inesistenti le bande miste. Ai giochi diversi suggeriti e concessi a maschi e femmine, va anche aggiunto il diverso tempo loro concesso per giocare. Infatti, mentre- il maschio è praticamente libero.di giocare;quando abbia adempiuto ai suoi obblighi scolastici, alla femmina vengono richiesti molto precocemente piccoli servizi casalinghi, commissioni, di occuparsi degli eventuali fratelli minori, tutte attività, che restringono e spesso cancellano del, tutto il tempo concesso per giocare e questo è tanto più verificabile nei ceti popolari.

Se consideriamo quanto il gioco e i giocattoli siano determinanti nel favorire o nel limitare le sperimentazioni infantili attraverso le quali, nel clima di un disteso rapporto familiare, si compie.lo sviluppo affettivo e intellettuale del bambino, non si può negare che la somma degli interventi discriminatori che l’adulto compie presso i bambini a seconda del sesso, abbia una pesante influenza. Anche attraverso il gioco e i giocattoli si compie quella congiura a danno delle femmine che le relega in un destino di sottosviluppo, il destino che fa comodo a questa società consumistica, che ha bisogno per sopravvivere e prosperare, di una grossa schiera di addetti ai servizi domestici non pagati e quindi sfruttati. Non c’è da meravigliarsi che le femmine vengano tenute ad atte in una condizione servile, perché è proprio questa indotta opacità della Coscienza che permette di averle consenzienti allo sfruttamento operato ai loro danni. La differenziazione nel gioco e nei giocattoli diventa ancora più pesante ed evidente nelle . classi sociali meno abbienti perché è proprio” ih quelle che gli stereotipi sessuali sono molto rigidi e si pretende dai bambini d’ambo i sessi un’aderenza conformistica completa al modello dato. I maschi, nelle classi meno privilegiate, devono essere eccezionalmente maschi, cioè rispondere a quell’idea della virilità che non ammette sfumature o ambiguità, devono essere violenti e arroganti, sopraffattori e insensibili, mentre le femmine all’opposto, le si vuole succubi, passive, dipendenti; servili, dedite anch’esse al culto del maschio, sia esso il marito o il figlio. E’ ovviò che a causa di queste pretese la selezione sui giochi e sui giocattoli si faccia più rigorosa per cui la gamma di giochi che genitori e parenti scelgono, a prescindere dalle disponibilità economiche minori, si fa ancora più ristretta e ancora più saldamente legata al sesso del bambino. Diminuiscono così i giochi che abbiamo chiamato neutri per aumentare quelli dichiaratamente per maschi-ó femmine. Naturalmente le diverse preferenze manifestate dai bambini dei due sessi per giocattoli diversi, preferenze che si accentuano e si delineano con maggiore precisione man mano che l’età del bambino aumenta, non sono soltanto il frutto delle scelte dei genitori e dei loro permessi o dinieghi, incoraggiamenti o biasimi, ma sono anche il frutto dell’identificazione spontanea, che fa parte del processo naturale di sviluppo, del bambino nel genitore dello stesso sesso, che lo spinge ad imitare atteggiamenti ed attività tipiche, ad assumere in poche parole il ruolo in cui il genitore stesso è confinato, Se i ruoli non fossero così rigidamente definiti, se non fossero, ognuno a suo modo, così ristretti e conformistici ma al contrario più liberi di aprirsi a una autentica originalità individuale, il processo inevitabile della identificazione del bambino in essi non sarebbe di per se stesso così restrittivo. La maggior parte delle madri sono casalinghe, se non lo sono interamente e svolgono anche un lavoro extradomestico, in genere questo è assai meno prestigioso di quello del padre, e comunque è certamente meno celebrato, vissuto come meno importante di quello paterno. La madre non pone l’accento sul suo lavoro, ma su quello del marito.

I bambini di un nido in cui ho condotto un certo numero di esperimenti di drammatizzazione (bambini che non raggiungono l’età di tre anni) e i cui genitori lavorano entrambi, rispondono che «mamma sta a casa» e «papà va in ufficio o a comprare il giornale oppure guarda la televisione mentre la mamma sta in cucina». Addirittura negano che la mamma guidi l’automobile, mentre ogni mattina vengono accompagnati in automobile al nido proprio da lei, e alla proposta che la mamma guidi la macchina e che papà stia seduto nel sedile posteriore, si ribellano e rimettono il padre al volante, la madre accanto a lui e loro dietro, dimostrando anche in tal modo di riconoscere l’automobile come un simbolo maschile nel quale si riproduce la gerarchia familiare e di aver captato con precisione l’uso e il significato diverso che l’automobile ha per donne e uomini: per le prime è un mezzo di trasporto utilitaristico, per gli altri un simbolo di virilità e di affermazione sociale.

Proprio per il valore sociale diverso attribuito ai due sessi, l’orizzonte ludico della bambina è destinato a restringersi nell’imitazione del ruolo casalingo della madre e quello del maschietto ad allargarsi nell’imitazione del ruolo aggressivo-competitivo del padre. L’aggressività naturale dei maschi viene stimolata per ottenere quel preoccupante prototipo di uomo moderno che vive contro gli altri ma non con gli altri’. L’aggressività altrettanto naturale della bambina viene invece coartata, frustrata, spenta. Letteratura infantile, film, televisione,

giornali per bambini e per adulti, ripetono e ripropongono questi modelli senza alcuna variazione. E’ dunque un coro uniforme, programmato, nel quale la voce «giocattoli» è però una delle più importanti se non la più importante.

La proposta diretta a coloro che si occupano a qualsiasi titolo dell’infanzia, è di mobilitarsi intorno al fenomeno della discriminazione nell’educazione dei bambini dei due sessi perché il problema venga discusso e approfondito e divulgato al massimo perché l’opinione pubblica ne prenda coscienza.

Si dovrebbe cancellare dalla pubblicità, dagli involucri, dai dépliants, dalla letteratura, dalle istruzioni, qualsiasi riferimento diretto o indiretto, al sesso del bambino cui il giocattolo è destinato, cosa quanto mai diffusa e che chiunque può constatare, enfatizzando invece la destinazione del giocattolo indifferentemente a bambini e bambine. Vorrei citare l’esempio di un dépliant illustrativo per un gioco di costruzioni che mi è capitato sottomano di recente. Si tratta di una scatola base che, secondo le indicazioni, è adatta a bambini di 4 anni e viene successivamente proposta arricchita per bambini di 6, 8 10 e 14 anni. Ogni scatola viene presentata con lo slogan: Antonio e Cristina hanno 4 anni — hanno 6 anni e via dicendo, ma le istruzioni sono strettamente concepite per il maschio: egli vuole sapere come funziona tutto e incomincia già a costruire a modo suo vari oggetti… * «Egli è diventato più abile e incomincia già a coordinare i suoi pensieri e i suoi ragionamenti…» «A questa età Antonio comincia già a rendersi conto…» «come tutti i ragazzi di questa età Antonio»… «Attraverso la scuola, la vita in famiglia, il lavoro e il gioco l’avvenire di Antonio assume una fisionomia più precisa orientata verso la tecnica …». Di Cristina, neppure si parla. E’ sì raffigurata sulla scatola, fino al modello per gli 8 anni, poi scompare del tutto, prima rimane solo Antonio e poi gli si affianca il padre, ma anche dove c’è, è sempre in secondo piano, come sempre ammirata spettatrice.

Gli esempi di questo genere potrebbero essere citati in gran numero. Mi basta concludere che ogni differenziazione suggerita rappresenta una discriminazione, qualche volta a danno dei maschi, quasi sempre a danno delle femmine.