le guerrigliere della pace

un’intervista esclusiva delle due leaders del movimento della pace in Irlanda del Nord: Betty Williams e Mairead Corrigan e alla pasionaria dell’IRA: Maire Drumm.

dicembre 1976

Claude Servan-Schreiber: Betty, come è cominciato il movimento delle donne per la pace?

Betty Williams: Il 10 agosto, l’incidente di Finaghy Road si è svolto davanti a me. E’ stato terribile quando la macchina il cui conducente era stato appena ammazzato è salita sul marciapiede e ha schiacciato Anne Maguire e tre dei suoi quattro figli contro una saracinesca. Tutto il giorno sono rimasta in uno stato di schock tale che non potevo neppure piangere; credevo di essere impazzita. La sera dello stesso giorno stavamo discutendo degli avvenimenti con dei parenti e ho detto: «qualcuno deve pure fare qualcosa». Ho preso un bloc notes, sono salita in macchina e mi sono diretta verso il quartiere cattolico di Anderstown. Ho bussato alle porte a caso. Nel giro di dieci minuti, un centinaio di donne aveva firmato la mia petizione e cominciato a raccogliere loro stesse delle firme. Avevo soltanto detto: «Volete la pace? Non ne avete ancora abbastanza? Scrivete qui il vostro nome».

C.S.S.: Betty da dove è venuta l’idea della marcia per la pace?

B.W.: Mi sono detta: come è possibile sapere quante donne vogliono la pace. Sarebbe bene potere farne il conto. Ho sentito spesso Maire Drumm, la vice presidente di uno dei nostri partiti politici, ognuno di noi sa che parla in nome dei «provo» dell’IRA, dire: «io parlo in nome delle donne di Andersonstown». Volevo dimostrare che non era vero; che rappresentava solo l’I 96 delle donne cattoliche, una piccolissima minoranza violenta. Volevo sapere quante donne la pensavano come me… Dopo avere radunato le mie firme — ne abbiamo ottenuto più di 6.000 in tre ore — sono tornata a casa. Tante donne mi cercavano. Ho fatto loro questa proposta: «perché non chiamiamo la redazione del giornale locale per annunciare che 6.000 donne hanno appena firmato una petizione per la pace e che esse dimostreranno sabato prossimo il loro desiderio di pace?». Il giornale ha pubblicato la notizia e ha annunciato la nostra dimostrazione. Da allora abbiamo manifestato ogni sabato in diverse città d’Irlanda e decine di migliaia di donne si sono unite a noi. Donne cattoliche e donne protestanti. Si deve considerare che i cattolici e i protestanti non si parlano più da anni. E ad un tratto, delle protestanti ci hanno chiamato per telefono, ci hanno offerto la loro collaborazione, ci hanno chiesto di venire a manifestare insieme a loro nei loro quartieri. Qui, a Belfast, 4.000 dei nostri hanno sfilato nel quartiere di Shankhill, un bastione protestante nel quale nessun cattolico sano di mente oserebbe arrischiarsi. Le donne protestanti di Derry ci hanno ugualmente invitate a casa loro. Fanno parte di questo movimento perché vogliono la pace con la nostra stessa passione.

C.S.S.: A che cosa attribuisce il successo di questo vostro movimento?

B.W.: E’ arrivato al momento giusto: l’«impasse» politica è totale. Non c’è nessuna speranza di soluzione nonostante il 99% della popolazione voglia la pace. Dall’inizio dei disordini del 1969, la gente di qui ha subito una violenza incredibile. Ma non finisce lì. Dopo sette anni di guerra, la nostra economia è devastata. Chi vuole che venga a costruire una fabbrica qui? Oppure a creare dei posti di lavoro? I nostri figli sono diventati violenti. Ha visto i nostri bambini di sette anni buttare dei sassi contro i soldati? Le condizioni di vita nei nostri ghetti sono peggiorate. I quartieri di religione diversa sono separati da filo spinato, nonostante i cattolici e i protestanti lo siano già, con delle barriere ancora più grandi, quelle della paura. Che cosa ci hanno portato questi sette anni di violenza, La morte e la miseria. Niente di più. Tutto ciò non valeva una sola vita umana.

C.S.S.: Altri sforzi sono già stati tentati. Non sono riusciti. Perché?

M.C.: Fino ad ora, quelli che hanno provato a portare la pace si sono accontentati di dire: «preghiamo perché la pace ritorni. «I risultati sono stati minimi perché la preghiera non basta. Si deve agire. Chiediamo alla gente un impegno militante. E’ la chiave del nostro successo. Noi chiediamo alla gente di dedicare — dovrei dire consacrare? — la loro vita alla pace. Noi vogliamo che si crei in ogni strada di questo paese una cellula, un gruppo di militanti della pace.

C.S.S.: Vi rivolgete solo alle donne?

M.C.: No, vogliamo essere chiamati i «cittadini della pace». Questo movimento è venuto fuori dal popolo. Noi vogliamo che gli uomini e le donne del popolo formino dei gruppi in modo da potervisi esprimere e fare sapere che cosa vogliono. Noi non escludiamo gli uomini.

Nell’immediato, le donne possono agire con efficacia e da sole ogni volta che occorre. Possono intervenire ogni volta che ci sono degli incidenti, Tutti i giorni, degli autobus vengono incendiati per strada. Le donne possono interpellare quelli che fanno simili azioni. O radunare le loro vicine per protestare…

C.S.S.: Portate un fischietto intorno al collo. Perché?

M.C.: Per chiamare altre donne in modo di aiutarci in caso di bisogno. Noi cerchiamo di fare soprattutto molto rumore con lo scopo di fare scappare o fermare chi sta commettendo atti di violenza. Delle donne tedesche ci hanno mandato 4.000 fischietti. Li abbiamo tutti distribuiti. Ma ne avremo altri.

C.S.S.: Voi chiedete ai militanti della pace di servirsi del «telefono confidenziale» che l’esercito e la polizia mettono a disposizione di tutti coloro che li vogliono informare?

M.C.: No, Noi diciamo soltanto ai partigiani della pace: «se assistete ad un atto di violenza, fate quello che vi detta la vostra coscienza». Ogni donna deve decidere lei stessa quello che può fare per promuovere la causa della pace.

C.S.S.: Quali sono i vostri progetti immediati?

B.W.: Noi dobbiamo aiutare le donne pacifiche a mostrarsi forti. Per cominciare, è a noi che tocca non avere paura. La forza di carattere gioca un ruolo decisivo in questa campagna. Le donne devono veramente tenere duro quando sono confrontate agli uomini, in modo particolare a quelli più vicini a loro. Alla radio, alla televisione, nei giornali, ripetiamo ogni qualvolta ce ne viene data l’occasione: «donne, ascoltateci. Siete formidabili. Quello che avete fatto è incredibile. Non sospettavate la vostra forza ma guardate quello che siete state capaci di fare». Evidentemente, è la pura verità. Delle donne vengono ogni tanto a trovarmi e mi dicono: «Betty, lei è così coraggiosa!». Certo che non è vero. Sono loro che hanno questo coraggio! Ne hanno avuto abbastanza per infrangere i vincoli che separano cattolici e protestanti, e per sfilare insieme.

C.S.S.: Ci sono state delle rappresaglie?

B.W.: E’ evidente. Alla fine di una delle nostre manifestazioni, delle donne del movimento sono state lapidate da altre donne. Avreste dovuto vedere l’odio sul loro viso! Ci sono stati altri incidenti. E ce ne saranno altri. Dell’intimidazione. O peggio…

C.S.S.: Come riuscite a considerare il futuro?

M.C.: Il tipo di società che noi vogliamo per l’Irlanda del Nord è all’opposto di quello che conosciamo oggi. Qui, ma ciò è valido pure altrove; l’uomo armato fa la parte dell’eroe. L’uomo che viene più ammirato è quello che ha le spalle più larghe, che è capace, con un pugno, di stendere tutti i suoi avversari. Non vogliamo più che le cose siano così. Per noi, l’uomo veramente coraggioso è quello che è capace di tollerare, di considerazione, di bontà. Avere del coraggio e di riportare la calma, di non nascondere che si desidera la pace. Occorre che le donne dicano agli uomini che oramai un eroe, per loro, è l’uomo di pace. Ma continueremo soprattutto a manifestare in cortei, fino a quando ce ne sarà bisogno, dapertutto in Irlanda del Nord. E chiediamo alle donne del mondo intero di sostenerci. Delle donne hanno già manifestato, come noi, nella Repubblica d’Irlanda (del Sud), negli Stati Uniti, in Inghilterra. Noi speriamo che questo continui.

C.S.S.: Avete dichiarato più volte, alla televisione: «non c’è niente che ci possa fermare». Lo pensate veramente?

B.W.: Certo. Quello che abbiamo cominciato non morirà. Alcune tra di noi forse moriranno. Io voglio vivere, con tutte le mie forze, ma quello che deve avverarsi, avverrà. Allora continueremo. Niente ci fermerà.

M.C.: E il mondo che ha sempre considerato gli Irlandesi del Nord come degli esperti Guerriglieri vedrà forse un giorno in noi, degli esperti pacifisti. Non abbiamo nessun’altra ambizione che quella di essere le guerrigliere della pace.

 

Copyright Claude Servan-Schreiber

Traduzione di Martine Cavanna