la gioia di spazi nostri
Gemma – C’è sempre tanta sofferenza nelle storie d’amore delle donne, una specie di masochismo che è anche un destino, una prerogativa. Anna – Secondo me l’unico modo per uscirne è imparare a godere di altre cose, di tante cose, di non trarre l’unico momento di gioia dal rapporto d’amore. Ma non si tratta nemmeno di imparare, ma di scoprire una nuova dimensione. Non credo che la sofferenza si possa evitare in assoluto, a meno che non ci si voglia corazzare contro tutte le emozioni, il che sarebbe terribile, ma si può bilanciare con la capacità di trarre emozioni e sensazioni da altre cose, da altre esperienze. Questa mattina c’era un sole meraviglioso e prima di andare a lavorare ho fatto una scappata a Campo di Fiori, e nel vedere tutti quei colori, tutta quella gente m’è venuto uno scoppio di gioia, e qualsiasi cosa succeda, so che c’è sempre la possibilità di godere tutto questo. Wilma – Come quando nello spettacolo il folletto dice alla donna: «Hai trovato un momento per te e vuoi farlo diventare più grande, sempre più grande».
Anna – Anche l’uomo soffre per amore, ma fino ad una certa età; quando diventa «grande», «uomo», perde in gran parte questa capacità, quando entra nel gran numero dei «guerrieri» deve perdere una buona dose della sua emotività. Per questo mi trovo bene con i ragazzi giovani. Wilma – In questo modo recuperi anche una certa dimensione di spontaneità che è difficile mantenere in un rapporto standard. La nostra educazione, da bambine e da adolescenti, è ispirata al mito dell’attesa: l’attesa di crescere, di trovare l’«uomo giusto», di fidanzarsi, di sposarsi… il seguito del copione è già scritto. In questa attesa continua e vuota non c’è spazio per ciò che si vorrebbe, si è come un assetato che beve goccia a goccia la propria personalità e non è mai contento.
E’ importante invece costruirsi momento per momento la propria dimensione, senza differirla nel tempo, o demandarla ad altri, o ricalcarla su ruoli. Per questo è importante, anche all’in terno di un rapporto di coppia, avere un grande spazio per noi stesse. Vivere in case separate aiuta molto ad essere autonomi, ma non basta. La cosa più difficile è avere un rapporto veramente alternativo, per esempio conservare la propria disponibilità per altre persone, anche per altri rapporti. Il lavoro, il poco tempo e la stanchezza non sono le cause fondamentali della chiusura «a coppia». Il nemico peggiore è la pigrizia, cioè l’adagiarsi in una confidenza verificata, nella non-curiosità per altre persone; è così che nasce la noia anche volendo si bene. Così degli altri rapporti aiuterebbero a vivere il proprio rapporto, e questo a sua volta sarebbe la «spinta» per altri rapporti ancora. E’ tutto un giro, ma da quale parte si entra? Gemma – Tu, Leila, adesso senti il bisogno di un rapporto d’amore? Leila – Non molto, perché sono tutta presa dal lavoro, dalla nuova casa che devo sistemare, sono molto interessata a scrivere. Avrei timore di ricadere in un rapporto del tipo di quello con Pier Carlo, un rapporto previlegiato che mi rinchiuderebbe, mi farebbe perdere tanti spazi che mi si sono aperti. Piera – Questo non succede se si riesce a mantenere un proprio spazio di autonomia, fatto di rapporti e di attività che sono soltanto nostri. Leila – Ma si tratterebbe sempre di un rapporto previlegiato. Io adesso entro in «sintonia» con persone a cui mi sento legata perché abbiamo interessi comuni: prima dell’estate con Anna perché andavamo alle riunioni di via Capo d’Africa e a quelle sui consultori, adesso con Christine che sta scrivendo delle cose molto belle, un anno fa ancora con Christine quando il gruppo non si decideva a «partire». La persona «amata» è lei perché è lei e basta. “”
Anna – C’è anche da considerare che nel rapporto previlegiato c’è il linguaggio del corpo che ha un peso rilevante. Vi ho già parlato della mia situazione prima dell’estate, in cui avevo tre rapporti contemporaneamente e senza grossi problemi. E’ vero che il tutto era facilitato dal fatto che Roberto stava a Firenze, Franco a Potenza e Saverio a Roma per cui era possibile uno «smistamento», ma non c’era nessun previlegio mentre c’era tutto lo spazio per la specificità delle persone.
Adesso la situazione è cambiata perché mi sento «in coppia» con Franco e se da una parte avverto un po’ di limitazione, dall’altra sono fortemente tentata a lasciarmi andare alla sua dolcezza, al suo amore.
Leila – Insomma ti senti molto gratificata.
Wilma – Non è solo un fatto di sensualità, è che il rapporto a due ti dà sicurezza. Ti hanno sempre parlato di un uomo al tuo fianco per tutta la vita e solo così ti senti «a posto», tranquilla.
Perciò sei portata a dare importanza all’uomo piuttosto che a tutto il resto, noi comprese.
Anche i rapporti di tutte noi, all’interno del piccolo gruppo, risentono di questo. Quando si tratta di decidere tra partecipare ad una nostra riunione, o uscire col ragazzo, c’è sempre il dubbio, e ogni scelta lascia un po’ di rimpianto per l’altra alternativa. Questo mi succedeva soprattutto all’inizio, quando nei confronti del gruppo avevo un fondo di sospetto per questo rapporto strano, nuovo, di confidenza non finalizzata, di creatività non più brancolante, ma così esplosiva. Adesso tutto questo mi riempie e mi dà una grande forza. Mi sento più tranquilla, pur nell’inquietudine che mi spinge continuamente.
Laura – C’è anche un grande bisogno di affetto.
Leila – Si dice sempre che l’uomo è il «politico» e la donna «il personale», il fatto è che l’uomo vive il proprio «personale» attraverso la donna. Mi ricordo bene che Pier Carlo manifestava a me e soltanto a me i propri giudizi di carattere personale sulle persone che incontravamo e con le quali aveva rapporti «politici». Mi diceva: «Quel tizio è insopportabile», oppure «Caio è insopportabile» e io non capivo perché nel vivo delle situazioni si comportasse come se le sue impressioni fossero del tutto diverse. Prendevo la cosa come una specie di vigliaccheria e non lo stimavo molto, per questo.
Anna – Il fatto è che in un mondo dove tutto quello che conta viene praticato in modo «razionale», «politico», il peggio tocca a noi donne, a meno di non rinunciare al nostro «personale». Una soluzione potrebbe essere cercare di far entrare più lucidità nei nostri rapporti personali e più emotività nella nòstra attività «politica», a tutti i livelli, in tutte le situazioni. Cercare insomma di essere il più possibile sempre noi in senso globale.