dopo il 6 dicembre
«Una rivoluzione senza donne e senza donne che svolgono un ruolo d’avanguardia non sarà mai una rivoluzione».
sono una compagna della sinistra rivoluzionaria, la mia formazione è avvenuta interamente, fin dagli inizi, a sinistra dei partiti tradizionali. Quando ho incominciato a lavorare come segretaria a EFFE mi consideravo prima di tutto una militante comunista di Lotta Continua e poi femminista.
Oggi so invece o, meglio, sento dentro di me, che prima di tutto sono una donna e mi ritengo femminista anche se ho coscienza di dover compiere su di me ancora una profonda rivoluzione «culturale». Devo dire che la mia presa di coscienza delle contraddizioni che vivo in quanto donna e militante di L.C. è letteralmente «esplosa» dopo il 6 dicembre ma i germi e i «sintomi» di questa esplosione erano già in me da diverso tempo. Nel mio privato, nei rapporti col mio compagno, nella mia esistenza quotidiana, nel mio modo di vivere la sessualità e la maternità, in queste ed altre cose non c’è stato un «prima» e un «dopo» perché da anni ormai affronto questi problemi in termini di autonomia ed in generale mi pongo criticamente di fronte ad essi. Il femminismo mi ha dato molte cose, con gioia ho riscoperto l’esistenza di valori alternativi in cui altre donne, tante, credono e per i quali lottano. Con gioia ed entusiasmo mi sono unita alle compagne della mia sezione per formare un gruppo di autocoscienza, insieme, da subito, abbiamo scelto di andare dalle donne del quartiere, quelle con cui fino ad allora avevamo parlato solo di autoriduzione e carovita, per verificare insieme a loro le origini del nostro doppio sfruttamento. E sono anche venute fuori le contraddizioni, problemi tra noi compagne, diffidenze, difficoltà a portare avanti una pratica femminista. Ma questo non mi spaventa. E devo dire che scegliere di fare una militanza, femminista restando all’interno di un’organizzazione comunista non è una contraddizione perché per me il femminismo è parte integrante del comunismo. Una rivoluzione senza donne, e senza donne che svolgano un ruolo d’avanguardia, non sarà mai una rivoluzione. Presto mi sono dovuta rendere conto che non era tutto facile come sembrava, noi eravamo le «nuove femministe» all’interno del movimento, noi soprattutto eravamo, agli occhi delle compagne, prima militanti di L.C. e poi donne, noi ci portavamo appresso il marchio di quell’infame 6 dicembre, non importa che da quella sera stessa, invadendo la sede del nostro Comitato centrale, avessimo affermato che L.C. era un partito maschile, non importa che dal giorno successivo la maggior parte delle donne di L.C. decidessero di muoversi in maniera totalmente autonoma all’interno del partito. Il peccato originale è quello che conta. Devo dire che all’interno della vasta polemica sorta sul problema della militanza, tra vecchie e nuove femministe all’interno di L.C. mi sono trovata di fronte ad esempi lampanti di antifemminismo da parte di compagne che si definivano interne al movimento. Sono uscita sconvolta da molte riunioni senza trovare una risposta a tutto questo. Io ho scelto di portare la mia battaglia anche all’interno del mio partito perché credo ohe in esso vi siano le condizioni per una sua trasformazione in senso femminista. Questo non significa che io sia esterna al movimento, che io disconosca il valore e l’importanza della sua autonomia però credo che oggi questo movimento esprima molte posizioni diverse, e credo non sia giusto discriminare settori di compagne solo perché queste scelgono di portare la loro battaglia su più fronti. Così come non è assolutamente giusto e corretto confondere oggi la posizione delle compagne femministe di L.C. col punto di vista generale di questo partito sulle donne. I vertici di L.C. non hanno nulla da spartire con noi compagne. Comunque credo che la scadenza delle elezioni non sia estranea alle donne tanto più che la battaglia sull’aborto ha di fatto contribuito a far cadere il governo e ad anticipare le elezioni. Ciò premesso voglio spiegare perché io darò il mio voto alla sinistra rivoluzionaria.
Son convinta che dobbiamo partire da un’analisi del nostro privato per conquistare la nostra essenza di donne. Ma tutto ciò non è sufficiente, non può essere fine a se stesso ma deve dar luogo a una presa di coscienza più complessiva nei confronti della realtà che ci circonda. Io voglio, come donna, portare il mio punto di vista su tutto e poiché riconosco che l’oppressione materiale ed economica a cui sono soggetta è frutto della società capitalista e che questo tipo di oppressione materiale condiziona fortemente il mio essere donna. Per questo io voto e voto a sinistra dei partiti tradizionali in quanto ritengo che nessuno di loro, rispetto al mio sfruttamento materiale, abbia fatto qualcosa di veramente valido.