io divorzio, tu mi annulli, la sacra rota benedice

novembre 1973

Certo, non è una novità che la donna è un essere non gradito alla Chiesa, dalla famosa mela fino alla esclusione dalle più alte cariche liturgiche. Essere peccaminoso e infido che la Chiesa ha cercato di educare alla santità del matrimonio, della famiglia e dei figli, spesso con esito negativo. Essere tanto peccaminoso e infido da dover essere punito esemplarmente in quelle controversie tanto di moda oggi, che sono gli annullamenti rotali. Sissignore, il papa ti annulla e facile, per i motivi più eterogenei e immaginifici, ma te la fa pagare in vari modi e ce n’è uno che vale per tutti, la mancanza di alimenti insomma come lo vogliamo chiamare, l’assegno familiare, così la moglie annullata, spesso anche madre, si ritrova nubile, ragazza-madre e anche sul lastrico (non sul marciapiede, a quello, per rabbia e necessità, ci potrà arrivare).

Questa misoginia clericale ha fatto il suo ennesimo show nella vicenda dell’onorevole Filippo Traina, del partito comunista italiano, deputato della circoscrizione della Sicilia Orientale. L’onorevole ha chiesto l’annullamento del matrimonio avvenuto nel 1947 al tribunale ecclesiastico siculo con la motivazione che era stato contratto con volontà di escluderne l’indissolubilità. Non si capisce perché un comunista preferisca l’annullamento al divorzio. La moglie però, non d’accordo, ha tentato un’azione d’incostituzionalità della legge del 27 maggio 1929 davanti alla corte d’Appello di Catania. Il tribunale non ne ha tenuto conto, già procede per i fatti suoi, in contumacia della donna. Ma il disprezzo che la chiesa ha verso la donna si rivela più pungente in altri procedimenti di annullamento, diventati famosi per la pubblicità che l’avvocato Mauro Mellini, radicale, ha saputo dargli; rivelazioni che hanno messo in imbarazzo Paolo VI e compagnia, ma non hanno certo modificato le linee politiche dei tribunali ecclesiastici. Anzi, l’ultimo exploit papale è formidabile, «rivoluzionario»: l’introduzione della «mancanza d’amore» come una delle cause di annullamento, principio consacrato al congresso internazionale di diritto canonico a Milano, lo scorso settembre. A farci mente locale, appare chiaro che tutti i matrimoni possono ora essere nulli e quindi annullabili, decisione che Paolo VI aveva preso nell’enciclica «motu proprio» e lasciata largamente applicare dai tribunali ecclesiastici. I quali si pongono in diretta concorrenza con il divorzio e le procedure giuridiche statali, rendendo sempre più incerta quella «certezza del diritto» che è la base dello stato italiano. Ma vediamo come la donna-moglie viene trattata dai giudici in sottana.

Un principe e una principessa, romani, sposati nel 1946, un figlio, ai ferri corti, arrivano davanti al tribunale del Vicariato. Perpetuando l’ipotesi della colpa, i due anni di istruttoria rivelano «cose turpi» soprattutto nei riguardi di lei: «audax foemina», scrive il Sacro Tribunale, tanto spregiudicata da attestare il falso e da indurre parenti e amici sulla stessa scia, persino sacerdoti; la proterva peccatrice tenta anche la corruzione dei giudici invitandoli a casa. Così la donna è giudicata «affetta da una costituzionale mentalità menzognera» e su questo giudizio, la bugia come causa di annullamento, i principi tornano liberi. Senza grossi danni materiali per la donna, una principessa povera a piazza della Cancelleria non s’è ancora vista. Altra bella storia è quella di un esponente democristiano, Manfredi Bosco, sposato nel 1956, che chiedeva l’annullamento per non consumazione, per il rifiuto tenace opposto, a dir suo, dalla moglie, per ben tredici anni. Questa donna che non voleva consumare, per rendere la cosa più semplice, si era pure fatta sverginare con il bisturi. Ma non è bastato, testimoniava il marito davanti ai preti giudici: «ora non se la sentiva, ora dichiarava di avvertire dolore come se uno dovesse avvicinare un trapano a un dente malato, ora diceva persino che non avevo esperienza…». E infine l’annullamento è concesso perché la donna ha dimostrato «un atteggiamento altero e scostante» e ha anche «spudoratamente mentito… invero il suo comportamento nel giudizio manifesta il callido proposito di ostacolare l’attore e impedire il trionfo della verità». Come punizione di tanta efferatezza, alla donna viene vietato il passaggio a nuove nozze.

Altra peccatrice è quella moglie (causa Canali-Stella) che pochi giorni prima delle nozze, su consiglio della Lid (lega per il divorzio) si era indirizzata una lettera in cui dichiarava di non credere all’indissolubilità del matrimonio e quindi predisponeva gli strumenti per la nullità. Nullità subito concessa dai prelati per non venir meno agli insegnamenti del Signore. Ed è colpevole anche quella vergine sposa di un altro onorevole democristiano, Mauro Bubbico, in un matrimonio non consumato in dieci anni a causa di un vaginismo «dovuto alla particolare costituzione neuropatica del partner femminile». Il marito non sarà ispezionato, non sarà sottoposto a quelle torturanti pratiche psicologiche e fisiche dei periti del tribunale o di parte. La sua parola basta. La donna invece avrà la vagina martoriata dagli esami e la dichiarazione finale è: «superflua sarebbe una dichiarazione d’ufficio da eseguire sull’uomo; infatti appare certa, secondo i periti, l’anomalia della donna».

C’è poi il caso della fanciulla figlia di noti socialisti (e quindi già rea soltanto per questo) con una «personalità senza religione… con un dissidio sorto per motivi religiosi e politici… perché avente origine da una famiglia ateo-marxista». La quale ha il torto di sposare un cattolico democristiano Giovanni Maria Dominedo. L’annullamento è dietro l’angolo: la S.B. è pro divorzio, fa vita libera, non crede a nulla, sparla del papa e della chiesa, è favorevole al controllo delle nascite, addirittura alla pillola’ Così il giudizio del Vicariato è unanime: «considerata la grave malizia della donna, si deve affermare l’intenzione della contraente di escludere l’indissolubilità del matrimonio e la prole».

Anche quando il tribunale ecclesiastico arriva all’annullamento di un matrimonio giudicando colpevole il partner maschile, chi ne esce fuori malamente ,è la donna, per una ragione o per l’altra. Basta esaminare con attenzione alcune sentenze, tra le più recenti quella che riguarda un ufficiale dell’aereonautica, certo signor Verreggia, annullato dal Tribunale del Vicariato per «eccesso di spirito aviatorio», ma se esiste una colpa è della femmina anche qui, perché va benissimo che il maschio aviatore non abbia famiglia, moglie e figli, che lo distolgono dalla sua missione: «essi fossero d’intralcio alla sua aspirazione militare e alla sua professione aviatoria».

E l’altra, che potrebbe essere narrata come storiella oscena, dove la moglie rifiuta il giudizio di non consumazione trovandolo ridicolo e inappropriato al suo stato, dopo tanti anni di matrimonio e di consumazione dello stesso, e viene subito punita. Periti e controperiti si danno da fare a misurare con gli strumenti più aggiornati e, pur di concedere l’annullamento al marito (fratello di un autorevole avvocato rotale), costui viene descritto con «un membro un poco superiore alla norma» e quindi il matrimonio anche se la vagina non era integra .non poteva dirsi consumato per la mancanza delle fasi richieste dalla dottrina ecclesiastica (erectio, introductio, penetratio, ejaculatio), anzi «occorreva chiedersi se (le lacerazioni) non dovessero attribuirsi alle ispezioni ginecologiche»…

La Sacra Rota gira vorticosamente e i prelati fanno nottata a trascrivere sentenze. Si sta consumando una gara tra tribunali ecclesiastici e tribunali civili perché l’annullamento sia concesso prima del divorzio, gara facile se si pensa che un giudizio ecclesiastico oggi può ridursi a pochi mesi e non richiede i cinque anni di separazione. Così si moltiplicano i casi di giudizi paralleli, in genere più sfibranti psicologicamente per la moglie la quale sa che se annullata perderà ogni diritto di mantenimento, ogni assegno non solo per lei stessa, ma per gli eventuali figli, che diventano tigli di chi? Di lei, ragazza-madre peccatrice e nessun altro perché annullamento significa che il matrimonio non è mai esistito. La misoginia della chiesa ha dunque un risvolto pratico preciso. Fino al 1965 gli annullamenti sono stati in media non più di 300; nel 1968. sono saltati a 579, nel ’69 a 756; nel 1970 a 812-e nel 1971 al record di 917, cifra mai raggiunta.

Non sappiamo quante sono le donne che, anche su consiglio del confessore, ricorrono ai tribunali ecclesiastici piuttosto che a quelli dello stato per sciogliere un vincolo esistente soltanto sulla carta. Sono probabilmente ancora ‘ante perché non conoscono i trabocchetti, perché non sanno.

Maria Adele Teodori

Se continua così, gli unici matrimoni indissolubili in Italia saranno quelli fatti in municipio. L’annullomania che miete soprattutto nel campo MSI-DC annovera altri insigni nomi: Bosco (DC), Giorgio Bo (DC), Vanda Pella (DC per parte di padre), Roberti (MSI), a differenza del suo leader Aimirante che si batte contro il divorzio dopo averne personalmente approfittato.