cinema

virilità e nasino all’insù

novembre 1973

Per fare un discorso sul cinema vorrei dapprima spiegare quello che è stato per anni il rapporto che ho avuto con esso nella mia infanzia in Grecia, e come sono arrivata a comprendere proprio da questa mia esperienza, il tipo di messaggio che l’industria cinematografica vuol trasmettere e trasmette infatti agli spettatori. Credo che il cinema sia stato per me il solo «amour fou» della mia vita, l’esperienza in cui ho condensato tutti i miei sogni e le mie aspirazioni. Deliravo continuamente nelle sale oscure, vivevo la storia dell’umanità come una allucinazione, inchiodata nella poltrona «subivo» le immagini. Passavo il mio tempo a contemplare questi «grandi maschi», dall’aria virile, che con la mano sicura di chi sa il fatto suo, spogliavano in un batter d’occhio delle donne morenti di gioia e di passività, gettandole sopra letti, tavoli, muri, per terra, baciandole avidamente; e non manca mai il primo piano della mano insidiosa che scivola tra le cosce. Nel frattempo lei sta naturalmente con le tette al vento, mentre lui è vestito di tutto punto, non si scioglie neanche la cravatta, perché ovviamente gli basta soltanto sbottonarsi la patta.

Per molto tempo ho bevuto passivamente queste scene, sicura che questo esprimesse perfettamente l’amore e le sue convenzioni. Il modello per la mia vita futura, non c’era dubbio, era proprio questo: il mio uomo doveva essere come uno di questi divi grandi e virili e sicuri di sé e io senz’altro, per avere un posto nella vita, dovevo essere una di quelle donne: se per disgrazia non avessi posseduto un nasino all’insù, una massa di morbidi capelli, la vita di vespa e naturalmente seni del formato giusto, non avevo speranza di cittadinanza nella società, non avrei attratto nemmeno uno sguardo; in altre parole ero fregata. A. Bazin ha detto: «Il cinema sostituisce ai nostri sguardi un mondo conforme ai nostri desideri». Questa «massima» sintetizza perfettamente la concezione del cinema e gli scopi che la nostra società porta avanti: in altre parole l’industria cinematografica e i cineasti in genere pretendono rappresentare nei loro film tutta la gamma dei desideri e delle aspirazioni nascoste e inespresse, tutto quel «calderone ribollente» che con la psicanalisi va sotto il nome di inconscio. Ma è ormai necessario smascherare il carattere oppressivo di questa operazione e di questa pretesa: i desideri e i sogni che ci vengono propinati nei film altro non sono che i desideri e i sogni codificati e istituzionalizzati dalla società patriarcale con vari mezzi, ultimo dei quali è la psicanalisi. Non per nulla quello che ci vediamo presentare in continuazione dalla produzione cinematografica è sempre, in ultima analisi, l’idea dell’amore e dei rapporti uomo-donna nelle varie versioni volute e imposte dalla società patriarcale.

In fondo il cinema continua a farti vivere il desiderio come desiderio di qualche cosa che a te manca; in altre parole ci rappresenta dei modelli di vita e di umanità, che noi dovremmo raggiungere faticosamente e che in definitiva fanno comodo al potere. Io penso al contrario che i nostri desideri e i nostri sogni rappresentano ciò che siamo, quello che noi viviamo quotidianamente e che esprimiamo attraverso questa nostra vita. Per esempio, nel rappresentare il nudo, il cinema è funzionale alla sessualità dell’uomo; l’esigenza di un corpo nudo, su di uno schermo, non è certamente richiesta per una situazione erotica per la donna. Non vorrei trarre delle conclusioni rapide e semplicistiche dicendo che l’uomo è più condizionato da un’eccitazione visiva, ma riferendomi ad esempio ad esperienze che non sono solo mie, e all’uso del nudo nel cinema, credo di poter dubitare del fatto che una donna si senta stimolata o abbia l’esigenza di vedere dei bicipiti potenti o qualche altro attributo maschile. Ma non vorrei che questo discorso sembrasse moralistico: un corpo nudo non ha nulla di volgare ovviamente, o di provocatorio; la provocazione è nell’uso e nello spirito con cui lo si rappresenta, Nei film di Pasolini, in cui il nudo maschile si trova a profusione, appare chiaro come questo sia ad uso e consumo di altri uomini. Non posso fare a meno di pensare ad un episodio del Decameron, dove la donna viene usata come una cavalla. Non ci sarebbe niente di male a farsi scopare come una cavalla, quello che è rivoltante è che ancora una volta la donna si fa imporre i desideri maschili. Io credo che le donne abbiano i loro desideri, conoscano il loro corpo e che in un rapporto erotico possano e sappiano esprimersi e anche che l’uomo non ha niente da insegnare loro. Analizzando un altro episodio, sempre del Decameron, in cui le suore perdono la testa alla vista di un cazzo, mi chiedo se queste indagini non siano altro che proiezioni di Pasolini. Come di dovere, parlando di sesso e di cinema, non sarebbe possibile esimerci dal menzionare l’Ultimo Tango a Parigi, questa storia tra un uomo vestito, un appartamento vuoto, e il cadavere di una moglie, ma invece, se permettete, lo tralasciamo proprio. Vorrei invece sapere perché tutti gli autori cinematografici proiettano sui loro personaggi femminili la loro parte masochista e passiva.