a proposito del convegno di parigi
care compagne di Effe,
speriamo che ci darete un po’ di spazio per rispondere a quanto avete scritto sul numero scorso di Effe a proposito dell’Incontro Internazionale di Parigi, e del ruolo delle compagne della IV Internazionale al convegno. Una delle cose che ‘ha creato più difficoltà fra le compagne italiane era proprio la mancanza di informazione sull’Incontro e soprattutto di una preparazione collettiva della partecipazione all’Incontro, a differenza di donne di altri Paesi che erano venute in base a una discussione collettiva a partire dalle proprie esperienze.
Alle donne italiane era difficile organizzarsi perché mancava una rete di informazione riconosciuta da tutto il movimento, mancano momenti di discussione collettiva a livello nazionale che coinvolgano tutte le componenti del movimento. Effe ha fatto sforzi per supplire a questo, infatti siete state quasi le uniche ad aver dato notizie sull’Incontro Internazionale! Effe non «aveva ricevuto la notizia solo pochi giorni prima della data di inizio» dell’Incontro: già un anno fa avevate pubblicato l’appello dell’Incontro, con 3 indirizzi di 3 compagne di Torino a cui fare riferimento per ulteriori informazioni. Avete anche pubblicato la notizia del rinvio dell’Incontro dalla fine del 76 al maggio del ’77. L’appello pubblicato su Effe era chiaro: era per organizzare un incontro di tutte quelle compagne che all’interno del movimento delle donne credono nel rapporto fra femminismo e lotta di classe, nella possibilità di un legame fra lotta delle donne e lotte operaie, e nell’efficacia di questa congiunzione per combattere gli attacchi della borghesia. Quando il convegno di Paestum è stato organizzato, l’anno scorso, nessuna ha gridato allo scandalo perché quella parte del movimento delle donne sentiva l’esigenza di incontrarsi e affrontare tematiche specifiche. Però, a Parigi, c’è stata chi ha gridato contro altre donne che speravano di poter iniziare un dibattito all’interno di quella parte del movimento che si richiama in modo più preciso alla lotta di classe. L’iniziativa di tenere l’Incontro era partita da due gruppi di compagne di Parigi, Les Petroleuses e Les Circles Elizabeth Dimitriev, che volendo approfondire il rapporto fra femminismo e lotta di classe pensavano di organizzare un incontro con donne di altri Paesi europei con simili esigenze. 18 mesi sono passati dal primo appello per l’incontro non solo per difficoltà tecniche e organizzative; le compagne di Parigi si rendevano conto che bisognava dare tempo alle donne di altri Paesi di organizzarsi, di confrontarsi, che bisognava superare una tendenza all’impostazione di «avanguardia» dell’Incontro, di cui risentiva originariamente, e ohe non corrispondeva alla radicalizzazione generalizzata delle donne in molti Paesi europei nell’ultimo anno. Ma a parte voi di Effe che avete dato notizie dell’Incontro 2 o 3 volte, nessun giornale della sinistra rivoluzionaria ha pubblicato una parola a proposito, tanto meno l’Unita e Noi Donne. Solo nell’ultimissimo periodo prima dell’incontro è comparsa la notizia, in modo che la maggioranza delle italiane sono andate a Parigi senza aver partecipato ad una istanza di dibattito collettivo del movimento in preparazione all’Incontro, avendo appreso la notizia dell’Incontro non nei termini del suo appello, ma come un’iniziativa molto più generica, ampia e non strutturata. La riflessione su questo dovrebbe portarci non ad accuse di burocratismo verso le compagne organizzatrici, ma alla volontà di ridarci quel coordinamento ohe permetta un reale scambio di informazioni e di dibattito più approfondito a livello nazionale. Abbiamo visto, ad esempio, come nella prima fase della lotta per l’aborto in Italia, in cui il movimento delle donne era riuscito a darsi strutture organizzative a livello nazionale, si sono sviluppate grandi mobilitazioni e un dibattito ricchissimo. Mentre in una seconda fase il non aver saputo mantenere questi coordinamenti ha facilitato ulteriormente l’espropriazione della lotta da parte delle forze politiche con il conseguente stato di disorientamento e frustrazione presente attualmente all’interno del movimento. Ancora sulla questione dell’informazione: siamo contente che abbiate dato tanto spazio a relazioni, interventi e resoconti delle Commissioni di lavoro all’Incontro. Ma dobbiamo dire che alcuni resoconti fatti da voi sembrano un po’ meno che obiettivi. In particolare ci dispiace che le nostre posizioni rispetto alla questione della violenza siano travisate. Non poniamo la pregiudiziale «lotta di classe o femminismo» (pag. 29 – Commissione sulla violenza). Diciamo piuttosto che noi come movimento delle donne abbiamo il compito di costringere il movimento operaio a farsi carico insieme a noi della lotta contro l’ideologia borghese contro la donna, proprio perché il maschilismo è così forte all’interno della classe operaia. Questo non significa abdicare alla nostra autonomia; significa imporre la nostra volontà a quegli strati della società che, guadagnati alla nostra lotta, recheranno più danno al sistema capitalistico.
Ma ci dispiace ancor più il tono, e soprattutto il contenuto del resoconto della Commissione femminismo e marxismo scritto da Yasmine. Personalmente nessuna di noi compagne della sezione italiana della IV Internazionale era .presente in questa commissione che era sorta all’ultimo momento, e quindi può sembrare presuntuoso da parte nostra criticare Yasmine che invece era presente. Ma lei ha attribuito alla IV Internazionale delle posizioni che certamente non sono nostre (né nostre come compagne italiane, né sono di altre compagne delle altre sezioni); e che anzi sono estremamente offensive per chi ha fatto la scelta come noi di stare in una organizzazione leninista perché siamo convinte che occorre imporre le tematiche del femminismo e la sua pratica all’interno dell’organizzazione, perché non vogliamo delegare al partito le nostre lotte, perché vogliamo arrivare al superamento della frattura fra coscienza femminista e coscienza di classe. Questa nostra battaglia è stata ed è tuttora faticosa ed imperfetta, ognuna di noi la paga cara nella vita personale e politica — e vederci imputate di posizioni incredibili ci è dispiaciuto profondamente. Non .possiamo rispondere in tutti i particolari perché sarebbe molto lungo, ma in termini molto sintetici possiamo dire questo: — Non solo non pensiamo che il movimento autonomo delle donne sia controrivoluzionario (pag. 9 di Effe) ma affermiamo la necessità di un movimento autonomo delle donne adesso, e per tutta la fase di una ascesa rivoluzionaria, e pensiamo che sarà necessario garantire la permanenza del movimento autonomo delle donne anche dopo il rovesciamento del capitalismo, proprio perché siamo convinte che l’ideologia maschilista sia profondamente radicata in tutti gli strati sociali compresa la classe operaia, e che la distruzione dei vecchi rapporti di produzione non sia affatto sufficiente per assicurare diversi rapporti fra uomo e donna in una società socialista. Ma a differenza delle femministe di Amsterdam {accludiamo la risoluzione finale del loro convegno — per vostra informazione — e ci dispiace di avere solo la traduzione inglese) non abbiamo una concezione riduttiva dell’autonomia per cui questa diventa semplice separatismo. L’autonomia è capacità di auto-organizzazione intorno agli obiettivi sentiti dalla massa delle donne, capacità di elaborare un’analisi a partire dalla nostra esperienza, e in questo modo dare un quadro nella nostra condizione che ci permette di resistere a pressioni e a tentativi di controllare il movimento che vengono da più parti, capacità di svolgere realmente i compiti che ci proponiamo,
L’autonomia è garanzia di continuità e di creazione di una memoria collettiva delle lotte delle donne. Un movimento autonomo delle donne permette una elaborazione e lo sviluppo delle specificità del contenuto femminista non solo nelle lotte che gestiamo direttamente in quanto movimento, ma permette anche un arricchimento dei contenuti delle lotte a cui le donne sono partecipi all’interno di altri movimenti di massa. Pensiamo al ruolo attuale delle donne nel sindacato, nel movimento operaio in generale, nel movimento degli studenti: senza la presenza del movimento autonomo delle donne non c’è possibilità di diventare soggetto politico di queste lotte, né tantomeno di imporre i nostri contenuti.
Ci pare assurdo dover precisare che non pensiamo che «le donne non sono innanzitutto donne ma innanzitutto membri di una classe o dell’altra (quindi le donne borghesi sono i nostri nemici…)». Diciamo che le donne sono anche membri di una classe o dell’altra — e che il nostro impegno, come compagne della IV Internazionale nei movimenti per l’aborto libero in tutti i Paesi è la migliore dimostrazione della nostra convinzione, che crediamo condivisa da molte altre compagne, che la società capitalista opprime tutte le donne, ma all’interno di questa oppressione, ci sono delle differenze ohe possono anche essere molto accentuate.
Mentre la lotta per l’aborto era una rivendicazione che trovava insieme donne di diverse estrazioni sociali unite e sostanzialmente d’accordo, un’ipotesi di lotta per il diritto al lavoro non necessariamente coinvolgerebbe tutte, proprio perché le donne di estrazione borghese condividono con le proletarie un ruolo simile all’interno della famiglia, ma non condividono la loro condizione di sfruttate all’interno della produzione. Ma queste affermazioni ci sembrano talmente ovvie! Non concepiamo il movimento delle donne in modo «interclassista», certamente, per cui si può lottare solo su tematiche che vadano bene anche per le borghesi! Il Convegno di Parigi, al di là di tutti i suoi limiti, e delle sue difficoltà organizzative, la difficoltà di comprensione reciproca, è stato molto positivo. Le mozioni delle Commissioni di lavoro ohe avete riportate su Effe possono essere l’inizio di un lavoro comune tra donne di diversi Paesi, e possono portare al superamento di queste difficoltà. L’aspetto più positivo, oltre il numero consistente di donne che sono venute a Parigi a dimostrazione della crescita del movimento delle donne in tutta l’Europa, sta nel fatto che tante donne con posizioni diverse hanno potuto confrontarsi per la prima volta e scoprire gli aspetti simili e diversi delle pratiche e delle esperienze. Ma forse la questione su cui c’era più tensione a Parigi e su cui non si è riuscito a fare chiarezza, era il filo conduttore di tutto il Convegno: il rapporto fra femminismo e lotta di classe.
Tante compagne provenienti da esperienze difficili nelle organizzazioni della sinistra rivoluzionaria, o dal sindacato, o dai partiti tradizionali della classe operaia, vedono in termini molto problematici i rapporti fra movimento delle donne e organizzazioni del movimento operaio, pongono l’accento soprattutto sulla contraddizione uomo-donna, tuttavia senza negare il rapporto fra lotte delle donne e lotta di classe. Noi crediamo che sia una illusione pensare di poter spazzare via la conflittualità fra uomo e donna già in questa società. Non ci può essere una tappa nella nostra storia di liberazione in cui prima diamo la priorità alla contraddizione uomo-donna per successivamente passare alla lotta di classe; il rapporto fra la lotta per la nostra liberazione e la liberazione del resto dell’umanità è molto più dialettico. Il movimento delle donne fa un’analisi della condizione femminile che è frutto delle esperienze delle donne stesse; sarebbe del tutto contraddittorio alla nostra pratica pensare di poter sconfiggere il maschilismo del movimento operaio senza fargli fare delle esperienze di lotta, in cui il movimento delle donne sia riuscito ad imporsi per garantire il contenuto specifico femminista, e che possano portare ad una trasformazione della coscienza dei compagni per farli diventare non più i nostri «nemici» ma i nostri «alleati», ben inteso che il rapporto anche in questo caso sarà intriso di tensione e conflittualità.
Saluti femministi.