commissione lavoro e sindacato
Anche nella fabbrica, all’interno dello stesso sindacato, le donne stanno cercando di organizzarsi autonomamente in quanto donne. Ci sono i primi segnali, ancora timidi ma significativi: è l’inizio infatti della rottura della tradizione economicistica. La commissione lavoro e sindacato è stata quella forse più affollata. O meglio era un punto dove prima o poi tutte, di tutti i Paesi, finivano per gravitare. Tanto è vero ohe per dare un po’ più di ritmo ai lavori ci si era divisi in quattro o cinque stanze con cinquanta compagne in ciascuna stanza. A parte si era formata la commissione lavoro dalla quale poi si è scissa quella sul lavoro domestico, capeggiata dall’indomabile Selma James.
In sintesi le relazioni dei diversi Paesi, dalla RFT alla Spagna, Italia, Francia, Belgio etc. erano una vera tragedia. La crisi del sistema capitalistico, si sa, colpisce in modo frontale le donne, l’esercito di riserva. Passiamo dalla repressione selvaggia della Germania, a quella più mediata e liberale della Francia. Le donne vengono estromesse dal mercato, e ricacciate nel ghetto famiglia. Sintomatico l’esempio raccontato da una delegata di Berlino che diceva come nello spazio di pochi anni sia mutata persino la pubblicità a proposito dell’allattamento dei bambini. Quando il sistema aveva bisogno delle braccia delle donne, allora si esaltava l’adattamento artificiale, magnificandone tutti i poteri e nello stesso sobillando la donna a sganciarsi dal suo ruolo di mamma ohe vuole stare appiccicata al suo bambino. Insomma, una donna che lavora e che ha partorito >si diceva, non avrebbe dovuto sentire altra attrazione che quella di ritornare in fabbrica prima possibile.
Da più di un anno il registro è cambiato. E’ vietato alle case farmaceutiche fare pubblicità su latti e farine, e vengono esaltati tutti i doni indispensabili del latte materno. Questo potrebbe sembrare una bazzecola, se si pensa che in Spagna (dalla relazione di una compagna di Barcellona) alle donne è proibito l’accesso ad almeno 44 tipi di professione.
Come reagiscono le donne (è stato denunciato il bassissimo tasso di sindacalizzazione della massa femminile) a questo tipo di attacco del sistema che le vuole mai più produttrici, ma sempre riproduttrici?
Per superare l’atteggiamento del sindacato che dà per scontato che siano le donne ad essere colpite per prime dalla crisi, le lavoratrici si vanno organizzando autonomamente. I primi fermenti si notano un po’ dappertutto. L’esempio più avanzato è quello dell’Intercategoriale di Torino. Trecento delegate, o semplici sindacaliste da due anni si riuniscono soltanto tra donne, lavoratrici (iscritte ai sindacati confederali CGIL-CISL-UIL o a quelli di categoria come l’FML) impiegate e casalinghe. L’esperienza è nata all’interno del sindacato, partendo dai corsi di 150 ore. È nata ponendosi in contraddizioni con la «Commissione femminile», tipico ghetto delle donne all’interno del sindacato e dei partiti di sinistra.
Le prime assemblee composte esclusivamente di donne sono state organizzate l’8 marzo (1976-77), hanno avuto un successo strepitoso, malgrado fossero state viste di malocchio dai dirigenti sindacali.
Banco di prova decisivo è stato la partecipazione dell’Intercategoriale alla definizione delle piattaforme rivendicative dei tessili, metallurgici ed elettrici, dove a proposito del costo del lavoro femminile, si è chiesto per esempio ohe il permesso, in caso di malattia del bambino, possa essere dato alternativamente alla madre o al padre. Ma la cosa più confortante è che con l’intercategoriale, a Torino, il femminismo è entrato in fabbrica, dove finalmente le donne nelle centinaia di riunioni ed assemblee che si sono tenute in questi anni, le lavoratrici hanno cominciato a parlare fra loro, dei propri problemi (dall’aborto alla maternità) senza complessi, senza avere paura di essere super-giudicate dai compagni maschi.