commissione consultori

luglio 1977


Sessualità, contraccettivi
e aborto in Europa: le compagne presenti hanno dato un quadro della situazione di fatto e della mobilitazione dei movimenti nei vari Paesi.


Spagna
Contraccezione: All’inizio del mese di aprile 1977, una circolare di un certo dott. Castresana dell’Istituto Nazionale della Pianificazione ricordava che è illegale fornire delle consultazioni sulla pianificazione familiare: secondo il codice penale ciò è un delitto. Anche tutte le informazioni sulla contraccezione sono severamente vietate. Nel mese di marzo il direttore del quotidiano «El Pais» è stato citato in giudizio per aver fatto propaganda sul suo giornale di metodi contraccettivi. Il direttore della rivista «Ciudadano» è stato condannato ad una ammenda di 50.000 pesetas per aver pubblicato un dossier sulla contraccezione, con l’imputazione di «scandalo pubblico».

La contraccezione femminile è l’unica penalizzata, i preservativi infatti sono ammessi non come contraccettivo, ma come preventivo all’uomo per le malattie veneree. La fabbricazione, propaganda, ricette, Rendita dei metodi contraccettivi sono punite, però si calcola che 800.000 donne chiaramente della classe più agiata li usino. Aborto: La Repubblica aveva votato una legge che permetteva l’aborto una volta all’anno. È stata soppressa da Franco ed ancora oggi è un delitto severamente punito: il 30% delle donne attualmente in prigione lo sono per aver abortito o aver aiutato ad abortire. Solo le donne appartenenti alle classi sociali più agiate possono andare all’estero. 100.000 donne spagnole rischiano la loro vita a causa di questa legislazione fascista. Le cifre (ufficiali parlano di 300.000 aborti all’anno: i calcoli ufficiosi 1 milione.

Mobilitazione: Le donne si sono organizzate nei quartieri sui temi dell’aborto e della contraccezione. A Madrid c’è stato un incontro sulla sessualità e sulla contraccezione. La campagna sulla sessualità viene fatta solo con le donne. Il movimento operaio non assume in carica i problemi delle donne però nelle varie piattaforme se ne tiene conto.

 

Svizzera – Solo qualche cantone sopratutto protestante applica la legge sull’aborto terapeutico. È stata presentata una legge che si voterà a settembre per l’aborto entro le prime 12 settimane su richiesta della donna. La mobilitazione attorno a questa legge dei movimenti femministi svizzeri è affiancata dall’estrema sinistra.

 

Inghilterra – Il tentativo di rimettere in discussione in senso restrittivo la legge sull’aborto ha provocato una mobilitazione femminista; in questa occasione hanno portato nuove rivendicazioni: Libertà totale e gratuita dell’aborto. Denuncia della speculazione privata verso le straniere. Alcune cifre: nel 1976 hanno abortito in Inghilterra 26.000 straniere di cui 7.000 italiane. I tentativi di abolire la legge sono stati portati avanti da queste associazioni:

Society for protection of wnborneà children (SPUC) 

Women for life (LIFE) 

Donne cattoliche contro l’aborto e per la santità della famiglia: adozione come soluzione umana all’aborto.

 

Francia – La legge Veil del 17-1-75 dopo due anni e mezzo dall’approvazione ha rivelato i suoi enormi limiti: solo le donne della piccola e media borghesia ottengono l’aborto con relativa facilità in strutture private perché le strutture pubbliche rispondono alla richiesta in una percentuale minima di casi: da una statistica effettuata da un gruppo di donne a Parigi risulta che solo l’l% delle donne che lo richiedono riescono ad ottenere l’aborto in un tempo ragionevole nelle strutture sanitarie pubbliche. Le compagne francesi di vari gruppi (MLAC, Choisir e gruppi femministi) hanno espresso la loro rabbia e la loro volontà di lotta in un documento intitolato: «Riprendere la pratica?» di cui riportiamo la traduzione perché è molto importante come termine di confronto e di discussione per tutte le donne che nel movimento femminista si sono impegnate nella lotta per l’aborto sia a livello di autogestione, sia (ancora troppo poco) a livello istituzionale per l’aborto terapeutico. Innanzitutto è esatto il termine: riprendere la pratica? non è meglio dire: cercare uno sbocco attraverso la pratica? Comunque sia, in rapporto a questa pratica è necessario dibattere a fondo per superare le difficoltà, gli aspetti positivi e negativi, l’obiettivo politico e prepararsi prima di buttarsi nella pratica. Non si può ripetere la storia e ricreare le condizioni di una pratica spontanea che esistevano nel MLAC prima del voto nella legge Veil (anche se alcune donne possono averne nostalgia).

Obiettivo politico: per l’aborto esiste una situazione simile a quella di prima della legge del 17-1-75 con la differenza che solo le donne delle classi popolari ne sono escluse, infatti per le donne della borghesia e piccola borghesia ci sono cliniche abbastanza numerose che lo praticano col metodo della aspirazione (Karman) con o senza anestesia. Viceversa i limiti della legge che conosciamo bene (le 10 settimane, la mancanza di rimborso dalla mutua, prezzo elevato nel settore ospedaliero (da 600 a 800 franchi) e soprattutto l’obiezione di coscienza che lascia ai medici il potere decisionale (difesa dei loro interessi di classe) eliminano di fatto la possibilità di abortire per le donne proletarie.

Da questo deriva che la lotta per l’aborto libero e gratuito appartiene necessariamente alla lotta di classe; l’obiettivo politico è dunque duplice:

– da un lato le lotte devono portare a un vantaggio per le donne proletarie e devono conquistarle alla nostra lotta;

– d’altra parte dobbiamo affrontare un potere politico che rifiuta ogni trasformazione vera e profonda della società e indebolirlo.

Chi siamo?

Non si tratta più delle stesse persone che parlano (dell’aborto) sia che, soddisfatte con atteggiamenti della legge, hanno abbandonato la lotta, sia che, individualiste si sono portate via la pratica per usarla a livello personale, sia ohe scoraggiate hanno abbandonato tutto. Sono poche le vecchie militanti del MLAC che hanno continuato la pratica. Attualmente noi costituiamo un collettivo di donne del Mlac/lotta di classe che si deve preparare ad una lotta prolungata. Non avremo mai l’aborto veramente libero in una società capitalista, cosa ohe è totalmente contro il suo interesse.

D’altra parte l’oppressione delle donne è tale che la passività è dominante e anche se diciamo «prendiamo in mano la nostra vita» siamo molto lontane da questo: abbiamo molta difficoltà a «osare». Tuttavia abbiamo delle acquisizioni, esperienze positive e negative di cui riappropriarci o da respingere per -riuscire.

Acquisizioni del MLAC 

– la ricostruzione di una struttura medica parallela, anche se fuori del l’ospedale, tutto era presente: il rapporto tecnico-paziente: il potere dello specialista anche non medico, di colui o colei ohe sapeva in rapporto a quello che non sapevano; la dipendenza della donna in situazione di richiesta di fronte a quello o al gruppo che «concedeva l’aborto»;

– l’assistenza, residuo di una formatone cattolica, che portava politicamente all’atteggiamento di far fronte al bisogno;

– l’utilizzo delle donne a fini politici dubbi, ad es. vendette individuali contro medici odiosi attraverso l’utilizzo del metodo di provocare l’aborto e non finirlo;

– la presenza di gruppi misti che manteneva la dominazione degli uomini sulle donne soprattutto quando erano loro che effettuavano l’aborto.

Aspetti positivi:

– riunioni collettive dove le donne trovavano la capacità di esprimersi, la propria e quella di altre donne, una libertà di linguaggio che contrastava con il rifiuto del linguaggio sulle «cose del sesso» nella vita familiare, sociale, professionale (cosa che esiste ancora, anche se per noi è più facile, non dimentichiamolo);

– responsabilizzazione collettiva di fronte a un problema individuale: il problema di una donna diventava quello di tutti i membri del gruppo e il desiderio del gruppo (lotta) diventava, nei casi migliori, quello della donna;

– lotta illegale, modo di affrontare il potere: mettersi in una situazione di accusa avendo stabilito un rapporto di forza ohe ci metteva al riparo dalle conseguenze giudiziarie, con una pratica «alla luce del sole» di ciò che fino a quel momento era stato tenuto nascosto;

– lotta sovversiva perché toccava in profondità conflitti umani e rimetteva in discussione i rapporti sociali;

– capovolgimento del potere mediante la riappropriazione di una conoscenza riservata fino a quel momento ai medici (conoscenza del corpo, contraccettivi, metodo Karman).

Obiettivi raggiunti dal movimento delle donne

Dopo due anni il movimento delle,donne si è sviluppato; la lotta contro la oppressione e soprattutto una riflessione sul modo con cui noi donne interiorizziamo questa oppressione, ha progredito.

Abbiamo anche imparato concetti nuovi e stabilito nuovi rapporti col corpo, con la salute, col dolore; abbiamo scoperto l’importanza di gruppi di sole donne e un inizio di solidarietà femminista; conosciamo i nostri limiti e le tendenze individualiste, pacifiste delle donne nei gruppi, legati alla nostra oppressione, cose ohe vengono chiamate da alcune donne «il ritmo proprio del movimento delle donne». È essenziale prendere coscienza di questo perché è indispensabile prima di lanciarsi nella pratica, che noi scopriamo:

– le nostre divergenze per unificarci meglio;

– i nostri limiti per superarli;

– la nostra ignoranza per colmarla.

È indispensabile per aver fiducia le une nelle altre. Lo scopo non è più lo stesso di due anni fa in cui si trattava di una lotta democratica; anche se rimane una lotta umanitaria, le donne che noi contattiamo non sono più le stesse, non possiamo più permetterci di barare. Forse faremo degli errori, ci sbaglieremo, ma non dovrà più essere per mancanza di dibattito, né per mancanza di competenza.

Conoscenza: che sia:

– conoscenza del corpo

– metodi contraccettivi

– metodo Karman

– diritti sociali o giuridici,

dobbiamo essere capaci di dare una risposta concreta a ogni problema, a ogni domanda posta da una donna angosciata, dobbiamo sostituire ai nostri sensi di inferiorità, alla nostra «irresponsabilità», alla nostra incapacità a dirigere, una competenza nel campo dei diritti della donna, a prova di tutto; è quello che noi chiamiamo dare una garanzia proletaria. In effetti di fronte alla conoscenza ci sono due atteggiamenti possibili: uno, individualista, che consiste nell’imparare delle cose e tenersele per sé, e servirsene per esercitare un potere, l’altro, collettivo, femminista quando necessario, solidale, che consiste nell’impararle, riimpararle se necessario, e trasmetterle a quelle che ne hanno ‘più bisogno, a quelle che sono meno informate in tutto, le donne proletarie.

Formazione: è necessario uno sforzo tanto più importante quanto più crediamo di essere deboli: la formazione non ci viene dal cielo! Nella società tutto tende a impedirla: dobbiamo imparare tutto, approfondire, conoscere e conquistare i mezzi.

Conoscenza del corpo: c’è l’opuscolo «Donne in lotta», è interessante discuterne, esaminarsi l’un l’altra per imparare. Visitare una donna senza essere state visitate, è un modo di dominare (anche se si è donne).

Metodi contraccettivi: conoscerli tutti ‘per poter veramente aiutare una donna, una coppia a scegliere il suo metodo senza caricarla dei propri problemi metafisici: ne hanno abbastanza dei loro! Si può sempre discutere di un metodo contraccettivo ma pensiamo che sia disonesto denigrarlo davanti a donne alle quali sarebbe utile conoscerlo.

Metodo Karman: Certe compagne del movimento sostengono che noi mitizziamo il metodo Karman: non è per caso perché si tratta di un metodo scientifico popolare, che permette alle donne di appropriarsene. Denigrarlo significa rimandare le donne ai medici, al potere medico.

Provocare l’aborto: è un metodo barbaro, da rifiutare; consiste nel cominciare l’aborto e fermarsi a metà e cercare una struttura sanitaria che accetta di continuarlo (forzarla a finirlo). Significa mettere la donna in una situazione di rischio (complicazioni emorragiche o infettive; rappresaglie di medici reazionari, fare un aborto in due tempi…).

Non è un caso che era un metodo sostenuto soprattutto dagli uomini del MLAC che consideravano l’aborto un obiettivo e dimenticavano la donna che desiderava abortire; per la donna un aborto solo iniziato era il prezzo da pagare. Questo metodo è una violenza contro le donne; noi dobbiamo combatterlo con violenza.

La pratica: è una pratica globale; non è soltanto «fare un Karman»; è insieme tutti gli aspetti: contraccezione, maternità, sessualità… dei quali dobbiamo impadronirci. D’altra parte non ci possono essere delle donne «che praticano» e le altre che «sostengono»; è indispensabile che questa pratica sia globale, anche se è differenziata; deve essere il risultato di un approfondimento del legame tra le donne e non di nuovo un far fronte al bisogno; deve essere un legame

– che permette di unificarsi

– che crea una rete di solidarietà

– che stabilisce un clima di confidenza, in poche parole una pratica di lotta. È evidente che la pratica è non mista, che deve essere fatta per le donne in condizioni più sfavorevoli, collegandola alla loro situazione di supersfruttamento, che deve essere fatta da donne militanti, solidali tra di loro e portatrici di un progetto comune che va oltre il solo aborto: è la nostra sola garanzia perché questa pratica aiuti la presa di coscienza delle donne proletarie; è indispensabile collocarla all’interno della lotta di classe (lo scopo non è di far abortire le compagne), di situarla chiaramente nella prospettiva di un movimento di donne nella lotta di classe, di vederla nel periodo politico attuale contro la borghesia e in rapporto ai riformisti.

Altrimenti saremo sopraffatte, usate, scoraggiate e lasceremo cadere tutto. Si tratta di utilizzare una conoscenza che abbiamo conquistato, e utilizzarla come un’arma contro la borghesia».


Italia

Dei gruppi italiani che lavorano in consultori autogestiti il gruppo di Torino ha riferito dettagliatamente sui problemi del loro lavoro e del difficile rapporto con le istituzioni. (Vedi foglio del Quotidiano) Però le compagne di Torino mi hanno detto per telefono che devono rielaborare il loro documento di Parigi e me lo spediranno entro i primi di luglio. Una compagna del Consultorio di S. Lorenzo a Roma ha proposto alla discussione comune alcuni temi che sono stati ripresi in parte dalle compagne straniere:

1) Aborto nei consultori, visto come momento di lotta contro le istituzioni e come momento di crescita delle donne attraverso la riappropriazione e il controllo della riproduzione;

2) Rapporto tra medicina e potere:-consultorio come momento di attacco al potere medico attraverso la conoscenza delle tecniche, il loro uso alternativo, la socializzazione delle conoscenze e la lotta per una contraccezione maschile valida;

3) Consultorio come momento di aggregazione e di presa di coscienza delle donne a partire dalla conoscenza del corpo e dalla gestione della propria salute;

4) Imposizione dell’aborto nelle istituzioni a partire dal tipo di pratica dei nuclei di autogestione.

coordinamento internazionale

di controinformazione e informazione

sui contraccettivi:

1) Mary Johnson

Centro per la Salute della Donna

Via Montanaro, 24

Torino

2) Patrizia Pedrina 

Schlosstrasse 97

3008 Berna

3) Simonetta Tosi 

Consultorio

Via dei Sabelli, 100 Roma