Inchiesta

luglio 1979

maria, 36 anni milanese, femminista, convive con un uomo

Attraverso il femminismo, come sono mutate le tue aspirazioni per quanto riguarda il rapporto con gli uomini?

“Speravo di poter investire la mia affettività anche nel lavoro. Cioè di ridimensionare tutto lo spazio affettivo verso l’uomo. Io vedo anche Ora purtroppo il rapporto con l’uomo come un rubinetto che non permette di convogliare su una zona più larga l’energia vitale. Io personalmente non sono riuscita a rompere il rapporto di coppia. Devo dirti che fino ad un anno fa ero tanto occupata coi collettivi che ne sentivo meno il bisogno. La mia energia era distribuita, il rapporto era meno totalizzante. Ora io non lavoro, ho meno attività esterne e sto preparandomi per una professione accettando questo periodo di dipendenza come un periodo di transizione. Il mio compagno non vuole altri rapporti pensa che la coppia monogama sia una soluzione adulta ai problemi dell’affettività. La coppia richiede sacrifici tra cui appunto la monogamia ma permette vantaggi quali la stabilità e la profondità. In realtà quello che lui vuole da me è l’attenzione totale, la mia dipendenza gli serve per la sua sicurezza. D’altronde io ho sempre scelto uomini che mi volevano monogama. E anche io li volevo monogami. Dunque la contraddizione esiste in me come in loro. Non si riesce a rompere la coppia primaria. Io ho avuto anche altri rapporti.’ Ma erano tutti matrimoni in cui dovevo essere, o perlomeno sentirmi la prima. Ti potrei dire che ho sposato il padre per poter scopare coi fratelli”.

Ma tu vuoi avere un solo rapporto? Senti l’esigenza di rompere lo schema di coppia chiusa?

“Io penso di essere poligama. Anche le altre femministe che conosco lo sono. Hanno però altri rapporti per essere rassicurate, per avere più potere all’interno del rapporto di coppia. Non dicono niente al partner per timori di rappresaglie. In fondo sono affezionate alla propria dipendenza. Hanno sfiducia in quello che il mondo può dare a una donna sola. Temono esternando la loro poligamia di essere disconfermate, abbandonate, che nessuno le voglia più. Solo se riusciremo a spostare parte della nostra libido sul lavoro riusciremo ad avere dei rapporti meno totalizzanti, meno basati sui ricatti e sulle paure. Io sento che l’autonomia reale interna, me la devo ancora conquistare. Come quella esterna d’altronde. In fondo il rapporto totalizzante, è sempre una fregatura per la donna. La donna offre la sua esistenza al rapporto, l’uomo di esistenze ne ha sempre due, quella centrata sull’affettività, e quella centrata sull’acquisizione del potere. Anche quando si dà tutto a un rapporto si da a metà. Invece la donna no. Questo è lo squilibrio di base”.

giovanna, 28 anni vive in una comune di sole donne a Roma

“Ritengo che sia molto importante ch’io ti dica come ero prima di venire a Roma. Venivo da un paese con tradizioni cattoliche molto radicate e la mia famiglia non era da meno. Sia all’interno della mia famiglia che tra i miei amici ero sostanzialmente la persona bella e basta, quindi il carattere che emergeva dalla mia persona era fondamentalmente legato al mio aspetto esteriore. Cominciai a sganciarmi da questa realtà grazie ad un ragazzo con cui stavo che mi iniziò in un certo senso all’impegno politico all’interno d’un gruppo misto. Da allora cominciai a pormi i problemi sulla mia esistenza. Devo dire però che anche nel gruppo ero vissuta come la bella ragazza e basta, con la quale tutti i compagni tentavano più o meno approcci sessuali. Poi io dovevo andare davanti alle fabbriche a dare i volantini agli operai perché anche loro dovevano avere il diritto di guardarmi. Quando io ho capito queste cose, mi sono molto sconvolta. Mi sono chiesta come ho potuto fare ad accettare tutto questo, a rimanere in questo gruppo senza dire niente, senza chiedere mai per quale motivo strumentalizzavano la mia persona, senza mai mettersi in discussione e porsi in maniera diversa rispetto a me. Venuta a Roma in un’assemblea conobbi le compagne con cui andai a vivere e con cui vivo tuttora. Lì è nato il mio rapporto con una di queste donne, legata a me da una comune esperienza di paese. Mentre il mio rapporto con questa donna cresceva, studiavamo insieme, ci interessavamo di tutta una serie di cose, parallelamente mi vedevo con un ragazzo con il quale tentavo di mantenere un rapporto. E’ stato il mio primo rapporto con un uomo dopo l’entrata nel movimento femminista. Ora mi rendo conto di aver fatto pagare a quest’uomo tutte le cose che ritenevo giuste far pagare al sesso maschile in generale. Per cui ho portato avanti con lui degli atteggiamenti folli, dico folli perché erano neganti rispetto a me. Questa fase di posizione estremamente contro la penetrazione, quando di fatto io non l’avevo mai vissuta come esperienza significativa per me. Quindi pur essendo molto attratta nei suoi confronti mi dicevo che non si deve fare perché non sì fa. Inoltre mi sentivo molto attaccata a lui quando il gruppo in casa andava male, quando invece questo andava bene non avevo la minima voglia di vederlo. Poi questo rapporto finì per una mia decisione abbastanza razionale e ideologica: non mi interessava più avere un rapporto con un uomo, che’ vedevo come rapporto di mediazione. Chiaramente questa decisione ideologica mi fece soffrire molto, stetti molto male.

Nel frattempo anche la donna che amavo si è allontanata dal gruppo, si è messa con un uomo, ha avuto un aborto. Sono stati momenti molto difficili. Ora piano piano si è ricostruita la nostra intesa. Ho avuto anche altre esperienze con uomini. Ultimamente ho avuto un grosso desiderio di maternità tanto che ero convintissima di essere incinta solo perché avevo fatto l’amore nel XIV giorno con il coito interrotto. Mi rendevo conto che volevo vivere quest’esperienza, questo viaggio incredibile in cui pensavo di sentire anche un’altra persona dentro di me. Mi sono anche vissuta il rapporto con l’eventuale padre e ho capito che un bambino devi farlo solo per te, mai e poi mai per una persona che ti sta vicino, non farlo per avere un rapporto. Il fare politica tra donne, vivere con donne mi ha permesso di vivere esperienze di regressione, mi ha dato la sicurezza effettiva per cimentarmi in esperienze che magari riterrei impossibile fare. Anche nel rapporto con l’uomo con il quale mi trovo adesso mi sento profondamente modificata. Ultimamente sento di aver raggiunto la capacità di scindere quella che sono io e quello che è l’esterno, le altre persone, di capire che è all’interno di me che voglio rimanere, all’interno di me per poi decidere e scegliere di stare con le altre persone e non di farmi trascinare, immergere dalle altre persone nei loro problemi, nelle loro storie. Questo è, penso, il prodotto della mia vita di questi anni”.

mariuccia, 30 anni medico, vive con altre donne

“Io ho sempre voluto essere un maschio perché non sopportavo i limiti alle donne. Per me il femminismo ha significato il ritrovarmi tra donne e mi ha portato ad accettarmi anche sessuale mente, accettare al limite anche una dimensione di amore romantico. Che ne so: andavamo nei boschi a primavera, e io vedevo le foglie sugli alberi, mentre prima non ci avevo mai fatto caso, presa com’ero nei miei atteggiamenti maschili. Non era romantico nel senso di esclusivo: lui contemporaneamente aveva anche un’altra donna, e a me non me ne importava un gran che. Continuavo a. prediligere il rapporto con le compagne conviventi; specialmente con Una che mi ha aiutato a ritrovare tutta la mia emotività, la mia possibilità, la mia capacità di amare lei che era una donna. Lei così diversa da me, con la quale anche culturalmente andavo così poco d’accordo: un legame di fiducia, emotivo. Non ci sono stati rapporti sessuali specifici, grossi momenti di affettività, baci carezze abbracci. Devo dire dì aver scoperto con lei altri livelli di rapporto: ad esempio ricordo molto bene i baci che ci siamo date: parlare di orgasmo secondo me non ha senso, in quanto è una parola abusata. Se io ti dovessi dire della mia vita sessuale non ti saprei dare definizione di orgasmo. Con lei devo aver passato momenti di estasi quindi a questo punto non so cosa significhi dire che non1 è stato un rapporto sessuale. Oltre a questo grosso amore per lei c’era l’ amore per le altre per il gruppo. Poi piano piano attraverso le esperienze femministe insieme, le lotte, sono emerse le nostre varie individualità, altri bisogni. La donna che amavo scelse di andare via a vivere con un uomo, io m’ innamorai d’un ragazzo. Ho vissuto questa storia d’amore con S. e con le altre come una possibilità d’ampliamento dei miei rapporti d’amore; e quindi anche d’amare un’uomo. Per la prima volta ho potuto vivere l’innamorarmi d’un uomo come una cosa bella e non una sconfitta femminile. Stare insieme tra donne, vivere insieme ci è servito per tirale fuori le nostre individualità, i nostri bisogni, le nostre differenze tanto che abbiamo cominciato a rivedere concetti quali la convivenza. Stiamo discutendo proprio ora che cosa significhi per persone molto diverse vivere insieme; mentre prima ci identificavamo tout court con il gruppo. Anche nel rapporto con l’uomo si vanno a riflettere le mie crescite individuali, il fatto di avere tutta una serie di problemi con l’uomo va dentro il gruppo e viceversa, quindi le cose ad un certo punto si sono identificate e stanno andando avanti insieme. Ora mi sto vivendo una situazione di espansione, di accettazione, di conoscenze, anche di grosse dimensioni emotive in cui il gruppo continua à proteggermi, però non mi limita più e quindi anche l’uomo ci può entrare benissimo”.