nicaragua

quando brillerà la pace

Una testimonianza sulla drammatica situazione delle donne nel Nicaragua dilaniato dalla guerra civile.

luglio 1979

la lotta popolare che si sta svolgendo in Nicaragua contro una delle più lunghe e sanguinarie dittature latinoamericane ha bisogno anche del sostegno internazionalista di tutte noi.

Se per un più che giusto senso umanitario si inviano delle navi ai profughi vietnamiti, chiediamo al governo italiano la stessa encomiabile sollecitudine quantomeno nel rompere le relazioni diplomatiche con Somoza, riconoscendo la giunta provvisoria come hanno fatto già numerosi Paesi democratici, e di farsi promotore presso la Comunità Europea di una richiesta di aiuti per la popolazione civile del Nicaragua.

Chiediamo anche all’inviato del «Messaggero», Sommaruga, di risparmiarci, per piacere, nelle sue per altro interessanti corrispondenze dal Nicaragua frasi del genere “…un filo sottile di ragazze con le divise verdi attillate, le pistole calibro 9 appese sui larghi bacini che sembrano fatti per tutt’altro lavoro che non sia questo lavoro di attaccapanni delle Colt…”. A Roma si è formato un comitato Italia-Nicaragua, chi volesse parteciparvi può mettersi in contatto con la loro sede provvisoria che è presso “Cile democratico”, via di Torre Argentina, Tel. 6542211 – 654222 Roma. Sempre a Roma si è formato con le forze politiche e sindacali un altro comitato che riguarda tutta l’America Latina: comitato italiano di solidarietà con i familiari degli scomparsi e prigionieri politici in America Latina, c/o “Paesi Nuovi”, p.za Montecitorio 60. Anche Effe vi ha aderito. Mettiamo a disposizione queste pagine di Effe ad una compagna nicaraguense perché ci parli della situazione nel suo Paese. Sappiamo che Somoza ha le ore contate e speriamo che quando questo giornale sarà in edicola le forze popolari abbiano vinto.

maria, una compagna nicaraguense

“La situazione attuale in Nicaragua è semplicemente .spaventosa. Forse questa per voi europei può sembrare una frase fatta, ma per noi nicaraguensi è stata ed è una realtà quotidiana. In questi giorni abbiamo vissuto i momenti peggiori della nostra vita e 1′ orrore, la paura, sono una tragica realtà. La situazione dei civili è gravissima: attorno a Managua dei vecchi attendamenti militari ospitano più di centomila persone ridotte alla fame e che hanno perduto tutto, centinaia i bambini rimasti soli al mondo. La stagione delle pioggie evita, ma ancora per poco, che scoppino epidemie. Masaya e Leon sono bombardate con il napalm. E’ un vero genocidio. Pensate che il coprifuoco inizia alle sette di sera: ebbene nel cuore della notte gli elicotteri della Guardia Nazionale sorvolano a bassa quota i quartieri popolari ed avvertono con altoparlanti la popolazione che entro mezz’ ora inizieranno a bombardare la zona; appena la gente esce di casa per scappare viene mitragliata. Alcuni paesi dell’America latina inviano aiuti che arrivano faticosamente a causa della guerra, ma altri come il Cile e l’Argentina inviano armi a Somoza come del resto ha fatto Israele. Questa guerra è il frutto di quasi mezzo secolo di dittatura, che fino al 1977 godeva dell’ appoggio incondizionato degli Stati Uniti e quello della Chiesa (il nunzio apostolico è un amico personale dei Somoza, n.d.r.), è frutto della miseria, dell’ignoranza, dell’ingiustizia sociale eretta a sistema, della violazione costante dei diritti umani. Il Nicaragua, come la quasi totalità dei paesi latinoamericani ha una popolazione che vive ai limiti della condizione umana dato che ha delle baracche come case, stracci come vestiti e una costante sottoalimentazione; l’ignoranza è l’analfabetismo quasi totale assieme a tutto il resto hanno provocato la sottomissione incondizionata al “capo” come in una società feudale dove anche la gente è proprietà privata.

Nei giorni scorsi una pattuglia della guardia Nazionale ci ha fermato in una strada di Managua; una guardia, un ragazzo- di circa quindici anni che a stento riusciva a reggere il fucile Gairand, ci ha chiesto i documenti e dopo averli esaminati a lungo prima che ci dicesse qualche cosa gli abbiamo Chiesto: «tutto a posto signore?». Sì, ci rispose, restituendoci i documenti che leggeva alla rovescia. Ci allontanammo rapidamente. La guardia nazionale ormai isolata e con molte diserzioni è costretta a reclutare nelle campagne ragazzini di 13, 14 anni con l’agghiacciante metodo del “o vieni o ti ammazziamo”, e molti sono morti. Ma c’è di più: quelli che si “arruolano” vengono marchiati a fuoco sul tallone, sulla pancia e sulla schiena. Come il bestiame.

Un ottimo metodo adottato dalla dittatura per mantenere assieme alla miseria la corruzione, l’ignoranza e la prostituzione dei valori, è lo sfruttamento del lavoro. Ad esempio una “topica” donna delle pulizie) guadagna in un ospedale 300 cordobas al mese, (la moneta nazionale, il Cordoba, valeva nel 1977 126 lire it. n.d.r.) l’equivalente di 43 dollari quando la relazione tra Cordoba e dollaro era sette a uno, oggi la relazione è 26 a 1, e continua a guadagnare la stessa somma. Non è difficile in queste condizioni prostituirsi ad un “capo” o considerare come un potere essere la «preferita” meglio se di un militare. La mancanza di dignità della propria condizione di donna, la miseria e l’ignoranza portano alla prostituzione spesso per dare da mangiare a quattro o sei bambini abbandonati dal padre (il tasso di incremento della popolazione è fra i più alti del mondo 3,3 per cento — in Italia è lo 0,7 per cento n.d.r.). Nei maschi, pur essendo eguale l’ignoranza e la miseria ha comunque il sopravvento il “machismo” che si afferma anche con la scelta dì un lavoro facile e lucrativo: “ser oreja” ovvero l’informatore della guardia nazionale. Anche la piccola e media borghesia impiegatizia guadagna appena per vivere alimentando così il fenomeno della corruzione nell’amministrazione pubblica: si ruba, si fabbricano posti fantasma per i servi più fedeli al governo (generalmente membri dell’esercito) e nelle grazie dell’amante ufficiale di Somoza che pretende la metà della rendita così ottenuta. E gli esempi potrebbero continuare a lungo. Da questo breve quadro della situazione si può comprendere come si è potuta mantenere per, ben 48 anni questa infame dittatura è come solo una rivolta popolare ed armata potrà cambiare la situazione verso una via nazionale alla libertà ed alla giustizia sociale.

La “dinastia” dei Somoza ha le ore contate.

A questo si è arrivati attraverso anni di lavoro paziente, silenzioso e costante di coscientizzazione lenta però sicura,

In questa lunga lotta nicaraguense la donna ha svolto un importantissimo ruolo, tanto nella sua posizione di madre o sorella o sposa quanto in prima persona come donna inserita nella scuola, nell’impiego o come professionista. A poco a poco ha preso coscienza della sua importanza nel processo di democratizzazione del paese. Sono sorti gruppi di contadine ed altre ne seguiranno che scendendo dalle montagne di Matagalpa, arrivano a Managua la capitale a denunciare la scomparsa o la morte dei loro mariti, figli o fratelli, e le torture e le violenze che hanno subito. Con grande coraggio una madre ha iniziato lo sciopero della fame per avere notizie di suo figlio. Le studentesse universitarie si sono organizzate per aiutare la gente dei quartieri più emarginati, sfidando le persecuzioni e vessazioni della Guardia Nazionale. Voglio ricordare qui di caso di Doris Tejerino, che come altre entrò nella clandestinità per addestrarsi alla guerriglia. Nell’agosto del 1978 c’è stata la storica presa del palazzo Nazionale con una brillante operazione della comandante “Dos”, che con il suo abile comando, condusse le trattative politiche di quell’azione che servì a liberare molti prigionieri dell’F.S.L.N. (Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale). Operazione che ha segnato l’avvio «dell’offensiva sandinista. Dora Maria Tellez (questo è il suo nome) era una giovanissima studentessa che abbandonò i suoi studi di medicina per entrare nel contingente libertario del FSLN. La lista di queste coraggiose donne sarebbe interminabile e quante di queste donne hanno sofferto la tortura! Ora in Nicaragua ci sono centinaia dì madri che non hanno più lacrime per piangere- i propri figli massacrati, i bambini riempiti da schegge di bombe sempre più “moderne” e micidiali inviate come contributo dell’imperialismo all’anno internazionale del bambino. Alcuni mesi fa a Jiloà vi è stato un massacro nel quale intere famiglie sono state assassinate, hanno ammazzato perfino i cani!

La donna nicaraguense partecipa ormai attivamente alla lotta per la libertà e per la difesa della vita. La coscienza ormai è di tutte sia le intellettuali che le contadine: “Cuando brille hermosa là paz en tu suelo…” quando brillerà splendida la pace nella tua terra / allora…, sia ,”dona” Violeta Barrios de Chamorro (membro della giunta di ricostruzione del Governo provvisorio), che l’anonima donna rimasta sola con mezza dozzina di figli o più, che esporrà la sua “ventesita” al mercato per potergli dare da mangiare, potranno finalmente conoscere il vero senso di questa frase dell’inno nazionale. Tutte le donne, non importa la loro nazionalità, condizione economica culturale o\ sociale, devono essere informate e coscienti della tragedia che stanno vivendo le donne nicaraguensi, e partecipare con precisi atti di sorellanza al loro dolore ed alla loro disperazione di oggi che sarà la loro forza di domani per la ricostruzione del paese anche con l’aiuto internazionalista di tutte voi”.