sud america: la donna e la dittatura militare
questi sono due interventi di un gruppo di compagne latino-americane.
Nel primo si fa un’analisi dell’oppressione particolare delle donne in Sud America, rispetto alla situazione europea.
Il secondo è una denuncia dei piani contro le nascite, attuati con metodi brutali sul capo della donna.
Partecipando a questo incontro internazionale delle donne, vorremmo in primo luogo esprimere la nostra solidarietà e il nostro appoggio senza limite, come donne latino-americane, alla lotta che per la propria liberazione conducono settori sempre più ampi di donne europee. La presenza di delegazioni di diversi Paesi, ma specialmente quelle dell’Italia e della Spagna, ci dimostrano come nei casi in cui esiste un movimento di massa in Europa, la donna partecipa ad esso in maniera ampia, promuovendo allo stesso tempo la lotta per le rivendicazioni proprie e specifiche di donna.
Al tempo stesso vorremmo presentare, anche se in modo succinto, i tratti più importanti della condizione della donna in America Latina, delle forme specifiche di oppressione che soffre, così come dello sviluppo e delle possibilità di lotta che ha. La nostra situazione in America Latina differisce da quella della donna in Europa, non tanto per la funzione che svolge nel mantenimento della società capitalista, funzione che in termini generali è identica in qualunque parte del mondo, bensì per la forma particolare di oppressione alla quale è sottoposta, oppressione inquadrata nelle realtà delle nostre società capitalistiche dipendenti, che ha come base, da una parte, lo sfruttamento e la miseria ai quali sono sottoposti grandi settori della popolazione e dall’altra il mantenimento delle forme più acute e aberranti di tutta una tradizione di secoli e di una ideologia giustificato-ria di sottomissione della donna, che in ultima analisi cerca di farle giocare un ruolo di appoggio e conservazione del regime esistente.
Infine, in questo quadro vorremmo far risaltare l’identità fondamentale che esiste nella lotta che realizzano le donne, sia in Europa che in America Latina, per la liberazione della donna da tutto lo sfruttamento e oppressione, che come sesso, le impone la società capitalista ed il fatto che questa è parte della lotta per liberare l’umanità da ogni repressione e sfruttamento.
Nei nostri Paesi, a causa dello sviluppo non uguale e dipendente al quale sono stati sottoposti, troviamo sia le forme di oppressione della donna, caratteristiche della società capitalista, come la sopravvivenza di tradizioni, mistificazioni e forme di oppressione sorte da secoli, mantenute e assimilate dal nostro capitalismo dipendente e utilizzate per il suo mantenimento e riproduzione.
Questa oppressione si esercita attraverso tutte le sue istituzioni: la famiglia, la chiesa e l’educazione, dove predomina come tratto fondamentale «il maschilismo».
Questa situazione si accentua con le dittature, nella misura in cui il potere non incontra ostacoli per esercitare la sua dominazione. La violenza, il terrore, la miseria, la fame, il supersfruttamento al quale viene sottoposto il popolo giornalmente, esalta le concezioni più ritardate dell’umanità, e tra queste il «maschilismo». L’operaio che nella sua fabbrica non ha diritto alla lotta contro il padrone, non ha diritto allo sciopero, non ha diritto a partecipare a un sindacato e vive sottoposto al supersfruttamento, riversa tutta la sua violenza repressa sulla moglie e i figli.
Questa oppressione coincide con gli scopi di questi regimi di utilizzare la donna come settore più sfruttato; nell’esercito, nella polizia, trasformandone alcune in strumenti di oppressione del regime, come per esempio accade in Cile.
Questo succede anche in certi Paesi dove vigono certe «democrazie», dove si applica una politica profondamente demagogica verso la donna, facendole credere che così partecipa alla vita politica del Paese, come per esempio accade in Colombia. Questa politica demagogica si esprime anche quando la borghesia di un Paese, dove la donna non ha un vero accesso all’educazione, la chiama ad educarsi ed a raggiungere la sua indipendenza attraverso corsi di eleganza e di bellezza, anche in Facoltà specializzate, la cui pubblicità esalta la «rivoluzione femminile».
Questa sottomissione a livello sociale, si manifesta nell’atteggiamento giornaliero dell’uomo nei confronti della donna, superiorità accentuata, non considerazione delle sue capacità, emarginazione sociale della donna nei confronti di certe attività «proprie dell’uomo», oggetto sessuale nei confronti del quale sono permessi ogni tipo di violenza, oltraggi, negazione al riconoscimento della sua sessualità e a decidere su di essa, ecc. In una parola, si manifesta nell’ormai conosciuto modello maschilista dell’uomo latino-americano.
Questa repressione sociale, che noi definiamo come miseria, sottosviluppo, disoccupazione, aumento del costo della vita che opprime doppiamente la donna, rendendole la vita senza prospettive; la violenza sociale, il fatto che le donne debbono prostituirsi in diversi modi per sopravvivere — in un atto sessuale non volontario, ma imposto dalla necessità — questa, si è accentuata enormemente negli ultimi anni, in modo speciale in Cile, Argentina, Uruguay e Bolivia.
La violenza individuale è moneta corrente in America Latina, e a volte arriva a realizzarsi tra padre e figlia, tra fratello e sorella.
Dopo la seconda guerra mondiale in diversi Paesi dell’America Latina è iniziato un processo di sviluppo industriale. Questo porta come conseguenza la proletarizzazione della donna, che viene vincolata alla produzione, data la necessità che ha il capitalismo di utilizzare tutta la sua forza lavorativa. L’incorporazione della donna nella fabbrica significa la realizzazione della sua personalità di donna, non solo per il tipo di lavoro che esegue, il dominio della macchina, ma anche per la vita collettiva che la stessa fabbrica impone. Questo processo è molto evidente in Argentina, dove fino al colpo di Stato, molte donne erano salariate e avevano ottenuto, nel periodo della lotta di classe, notevoli conquiste come per esempio la legge sulla maternità, asili nido nelle fabbriche, ecc. e come parte integrante della classe sfruttata intervenivano in prima linea alle manifestazioni, agli scioperi, occupavano fabbriche, ecc. È necessario chiarire che questo sviluppo nei livelli di presa di coscienza si verifica in termini di classe ma non viene espresso come coscienza femminista. Perché? Perché il risveglio della donna fa parte della lotta contro il capitalismo per la sua sopravvivenza, e perché le organizzazioni politiche e sindacali non si sono mai occupate delle rivendicazioni proprie della donna, e non le hanno prese in considerazione come fattore decisivo della lotta per la libertà sociale del proletariato.
Durante questo processo, sorge un movimento di avanguardia politica, che affronta la società capitalista e le sue istituzioni, come militanti politiche, come attiviste sindacali, come studentesse nella maggior parte appartenenti alla piccola borghesia.
Nel processo di repressione la donna soffre le conseguenze di essersi demistificata, e su di lei si esercita ogni tipo di violenza e tortura, soprattutto di tipo sessuale, che nella donna significa la degradazione dell’immagine femminile che la stessa società di tipo maschilista le ha imposto.
Lo stupro fa parte della tortura in uso che si esercita sulla donna, e quando rimane incinta come conseguenza di uno stupro e ha dei figli contro la sua volontà, senza aver potuto decidere da sola riguardo il suo corpo, è allora che si esercita il più alto livello di oppressione e repressione al quale si trova sottoposta la donna in questa società .
Se quanto detto, può essere considerato come caratteristico di maggior rilievo riguardo la situazione della donna in America Latina, è importante inquadrare la situazione nell’ambito attuale della lotta di classe, e le possibilità di sviluppo di movimenti di donne, che non solo intraprendono una lotta contro lo sfruttamento, ma una lotta contro ogni forma di oppressione alla quale sono sottoposte come sesso. Possiamo dire che nei Paesi dell’America Latina sottoposti a dittature non prevediamo per ora le forme o strade che prenderanno i movimenti femministi, data la situazione di sconfitta in cui si trova la classe operaia. Ma crediamo che non ci saranno possibilità di resistenza continua ed efficace contro questi regimi senza una maggiore radicalizzazione della donna, e il convincimento della necessità di organizzarsi autonomamente.
Siamo sicure che come in Spagna e in Portogallo, quando nuovamente ci sarà l’opportunità di riprendere la lotta, le donne interverranno abbracciando tutto il programma per rivendicazioni loro proprie e contestando tutta la struttura del regime.
Nei Paesi non sottoposti a dittature, si è lasciato un margine di possibilità alla organizzazione della donna, ancora in forma embrionale, come risposta ai programmi della borghesia che pretende attraverso una politica demagogica di canalizzare la sua disapprovazione e allontanarsi dalla lotta di classe per evitare che attraverso la lotta delle proprie rivendicazioni, le donne accedano alla lotta rivoluzionaria come succede in Colombia, Brasile, o in Bolivia, dove nonostante esista ancora una dittatura, incomincia un processo nel quale si sono create le condizioni per la esistenza del movimento femminista.
Infine vorremmo denunciare in questo incontro internazionale delle donne, che oggi esistono in America Latina migliaia e migliaia di donne torturate, violentate, assassinate nelle carceri e nei campi di concentramento delle dittature dell’Argentina, Uruguay, Cile, Bolivia e Brasile.
La nostra solidarietà più profonda per le prigioniere politiche che hanno lottato, molte volte offrendo la loro vita, per una società nuova senza oppressione e sfruttamento.