Aborto

in emilia la situazione appare ‘eccellente’

anche nella regione rossa le lotte delle donne per l’aborto incontrano le difficoltà di sempre.

dicembre 1978

come Comitato di lotta per l’aborto vogliamo riproporre questo problema all’attenzione dell’opinione pubblica, prendendo spunto dall’incontro che il Comitato ha avuto con l’assessore alla sanità Triossi il 25 Settembre.
Tale incontro era stato richiesto in seguito alla valutazione della grave situazione, verificatasi nella regione Emilia-Romagna dopo l’applicazione della legge sull’aborto (scarsità di posti letto, file interminabili fin dalla notte precedente per entrare nella ristretta cerchia delle fortunate — 6 al giorno al S. Orsola e 8 alla settimana in Maternità —, ospedali della provincia con il 100% di obiettori di coscienza).
Per la regione la situazione era “pressoché eccellente” — guarda caso — dal momento che il 92% delle donne che ne avevano fatto richiesta avevano potuto abortire. Come mai però le richieste sono tanto inferiori alle statistiche precedenti l’entrata in vigore della legge?
Certamente non è calato il numero di donne che devono abortire (questo per fortuna lo riconosce anche la regione!!); secondo quest’ultima, però, il motivo della scarsità di richieste è da ricercare nell’ignoranza e nella scarsa coscienza delle donne, che preferiscono abortire per canali “non istituzionali”. La realtà è invece ben diversa! 1) le strutture sono carenti rispetto alle reali esigenze. 2) I ritardi burocratici prolungano di molto l’interruzione della gravidanza portando a volte la donna che lo richiede fuori dai limiti stabiliti dalla legge. 3) La legge nella Pratica mantiene l’aborto come reato, colpevolizzando la donna che lo richiede e inducendola spesso a ricercare vie più nascoste (e forse più immediate). 4) Accenniamo qui soltanto al problema del metodo con cui viene effettuato l’intervento, (che non è certo l’ultimo motivo per cui le donne cercano di evitare gli ospedali dove l’aborto viene eseguito col metodo del raschiamento). 5) problema delle minorenni: il giudice tutelare ha rifiutato l’autorizzazione a tutte le minorenni che ne hanno fatto richiesta (anche casi gravi). Le richieste che abbiamo avanzato alla regione sono:
1)    La pubblicazione delle liste degli obiettori di coscienza per poter esercitare un controllo in modo che non si verifichi no i casi in cui dei medici si dichiarano obiettori per poi continuare il mercato speculativo degli aborti a prezzi esorbitanti.
2)    L’assunzione di nuovo personale per aumentare il numero degli aborti praticati negli ospedali, fornendo così dei servizi in grado di soddisfare tutte le richieste d’interruzione della gravidanza. A questo proposito ci siamo fermamente espresse contro ogni forma di mobilità ritenendola un attacco alle condizioni di lavoro del personale ospedaliero come di qualsiasi categoria di lavoratori.
3) La pubblicizzazione del piano di utilizzo dei finanziamenti stanziati per i consultori e l’autorizzazione alle strutture dei servizi socio-sanitari ad effettuare gli interventi abortivi: infatti sarebbe giusto decentrare tali interventi anche al di fuori degli ospedali, ma senza che questo danneggi il già poco soddisfacente funzionamento dei consultori. Per questo è necessario utilizzare i finanziamenti ampliando (sia in quantità che in qualità) l’organico del personale esistente e le strutture. 4) L ‘apertura dei corsi di aggiornamento del personale medico, paramedico alla partecipazione delle donne: come dirette interessate e per la larga esperienza in questo campo pensiamo che sarebbe assurda la nostra esclusione da tali corsi. Quali sono state le risposte dell’assessore regionale Triossi?
No alla pubblicazione delle liste degli obiettori: il singolo cittadino potrà rivolgersi ai presidenti dei consorzi sociosanitari che, a loro discrezione, potranno dire se il singolo medico è obiettore o no. (Tutte queste complicazioni ci fanno sospettare che si voglia proteggere qualcuno). In questo modo si continuano a negare l’informazione e il controllo collettivo e si continua a isolare la donna ritenendo l’aborto, come ogni altra questione che la riguarda, un problema personale, negando completamente il suo aspetto sociale e politico.
No all’assunzione di nuovo personale: in caso di necessità verrà applicata la mobilità come è già previsto da un protocollo firmato da regione e sindacato per
tutto il personale del settore pubblico (bel modo di difendere gli interessi dei lavoratori).
La Regione non sa niente di come vengono spesi i soldi stanziati per i consultori e comunque ci è stato detto che non c’è bisogno di aumentare personale o servizi perchè essi assolvono “brillantemente” i loro compiti. (Mah!)
Per la partecipazione ai corsi bisogna rivolgersi ai consorzi che se reputeranno che le donne che presentano tale richiesta sono un “gruppo femminile che rappresenta una certa realtà nel territorio”, potranno anche acconsentire. (Con quale criterio poi si deciderà quale gruppo presenta certi requisiti non è stato detto). Queste risposte non ci hanno meravigliate; sapevamo già che la nostra controparte, e cioè la Regione tramite l’assessore Triossi del PCI, non avrebbe assecondate così facilmente le nostre richieste. Ciò infatti avrebbe voluto dire riconoscere che la legge sull’aborto, che i vari partiti hanno approvato per non disturbare gli equilibri di Governo, e senza dunque tenere conto degli interessi delle donne, è una legge che fa acqua da tutte le parti, che non risolve il problema. Non solo: assecondare le nostre richieste avrebbe voluto dire riconoscere che anche nella città “Rossa”, nella città che il PCI prende sempre come esempio di efficienza e perfezione, le cose non vanno così bene come si vuol far credere. Ancora: accettare di assumere nuovo personale e di ampliare le strutture sarebbe stato in stridente contraddizione con la politica del “taglio della spesa pubblica”, e dei “sacrifici” più in generale, che il PCI porta avanti con decisione in tutto il paese.
Queste risposte della Regione ci hanno dunque confermato la necessità che il Comitato porti avanti diverse iniziative di lotta per ottenere che sia garantito a tutte le donne di poter abortire liberamente. Il Comitato di lotta per l’aborto (si riunisce tutti i giovedì ore 21) sta preparando mostre e assemblee che saranno organizzate in varie parti della città per promuovere il dibattito e invitare a prendere posizione su questi obbiettivi in primo luogo le donne e le loro organizzazioni, tutte le forze democratiche, dai medici ai giuristi al personale degli ospedali, al sindacato e agli organismi dei lavoratori, alle forze politiche e istituzionali. Pensiamo infatti che chiunque sostiene sinceramente l’autodeterminazione della donna e il suo diritto a decidere su come e quando essere madre non può sottrarsi alla mobilitazione per ottenere questi obbiettivi.