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non abbiamo vinto abbiamo o iniziato
lettera aperta delle femministe inglesi alle suffragette presenti alle celebrazioni del cinquantesimo anniversario della concessione del diritto ai voto.
quest’anno, in Inghilterra, si è celebrato il 50° anniversario della concessione del voto alle donne. Una data indubbiamente degna di essere commemorata; ma anche una ricorrenza che avrebbe avuto più senso se la si fosse considerata non soltanto come la fine di una lunga battaglia per avere eguale rappresentanza politica, ma anche come il primo “successo” di una lunga lotta delle donne per liberarsi dall’oppressione in tutti gli aspetti della loro vita.
Invece si sono voluti ridurre gli obiettivi di un trentennio e più di lotta ad una semplice richiesta di voto, dimenticando che le suffragette più radicali lottarono per l’aborto e la contraccezione, per un miglioramento delle condizioni di lavoro, per gli asili nido, per una maggiore istruzione. Solo per il voto dunque si sarebbero sottoposte a ricevere tanta violenza da parte del governo, della polizia e del pubblico? Che senso avrebbero avuto allora tutti quegli scioperi della fame, seguiti dall’alimentazione forzata e dai pestaggi? Flora Zapp (1865-1913) ebbe a dire: “questo maledettissimo voto non è sufficiente. Noi vogliamo una vera rivoluzione”. E nel 1906 Selina Cooper: “Le donne non vogliono potere politico per poter dire che sono su un livello di parità con gli uomini. Vogliono potere politico per migliorare la loro condizione…” Ma così come oggi si cerca di individuare alcune leaders e alcune stars per poter diminuire il valore e il ruolo del Movimento di massa delle donne, quando si menziona la battaglia del voto la si presenta come una battaglia combattuta per un singolo obiettivo solo da alcune figure carismatiche o suggestive come la Pankhurst, e come Emily Davison, che durante un concorso ippico — si gettò sotto il cavallo del Re, morendo per le ferite alcuni giorni dopo.
Le celebrazioni ufficiali in Inghilterra sono iniziate il 2 luglio con la deposizione di una corona di fiori sul monumenti a Emmeline Pankhurst, presenti autorevoli membri dei tre partiti politici che rivaleggiavano nell’attribuirsi un pedigree “femminista” rievocando le rispettive suffragette.
Anche alcune femministe hanno partecipato alla cerimonia, leggendo però una lettera aperta indirizzata alle suffragette presenti alle celebrazioni. “Care sorelle, vi scriviamo affinchè conosciate la nostra umiliazione e la nostra rabbia. Cento anni dopo l’inizio del primo movimento femminista e cinquant’anni dopo la concessione del diritto di voto, le donne non sono ancora libere. Che cosa vi chiedono di celebrare? Che dopo molti anni di lotta intensa da parte vostra, durante i quali siete state sistematicamente attaccate i logorate dal sistema maschile, le donni hanno avuto il voto, cioè una minimi parte di quello che chiedevano. Pochi ricordano la lotta durata quarant’anni durante la quale prostitute e femministe insieme lottarono per porre fine alla regolamentazione legale dei bordelli e alla tratta delle minorenni; e le prime campagne per il controllo delle nascite, in cui le donne domandavano il diritto di controllare il proprio corpo. Ed invece tutti hanno sentito parlare delle donne che si incatenavano alle ferrovie per chiedere il voto. Perchè questo? Allora, come ora del resto, nei nostri libri di storia come in queste celebrazioni — concentrare l’attenzione sul diritti di voto distrae da quegli obiettivi di mutamento che invece influenzerebbero materialmente la posizione delle donne. Invece noi abbiamo solo quei diritti che il sistema maschile considera ragionevole — o utile — concederci. Otto anni dopo che gli uomini ci hanno dato l’Equal Pay Act ( la legge sulla parità di salario) — non stupitevi, ci sono ancora solo 26 donne parlamentari — la paga media degli uomini è di 78,60 sterline, mentre quella delle donne è di 51 sterline. Tre anni dopo il Sex Discrimination Act (la legge contro la discriminazione sessuale) è ancora impossibile per le giovani avere eguale istruzione o eguali possibilità di apprendistato, o per le donne anziane di avere eguale accesso a) mercato del lavoro; e si tratta di cose che in teoria potrebbero essere ottenute con una legge.
Per giungere alla liberazione della donna noi abbiamo deciso di conquistarci con la lotta tutte quelle cose che nessuna legge degli uomini ci darà. Cammineremo per le strade senza essere assalite. Vivremo nelle nostre case senza essere picchiate dagli uomini con cui viviamo. Se vorremo, “vivremo con altre donne come amanti. Non avremo da sole la responsabilità della casa o dei bambini. Non ci prenderemo gratis il compito di badare, in casa, alle vittime delle riduzioni di spesa della previdenza sociale, nel momento in cui altre donne impiegate nel settore pubblico vengono licenziate. Non verremo più considerate pazze quando protesteremo — il doppio delle donne rispetto agli uomini sono qualificate malate mentali e vengono loro dati il doppio degli psicofarmaci che agli uomini. Non avremo più di fronte in ogni tabellone pubblicitario, in ogni rivista, in ogni schermo televisivo, immagini di noi stesse come simbolo del sesso ideale, come madre ideale, come serva ideale, il prodotto di fantasie maschili cui noi siamo incapaci o meglio non vogliamo adeguarci. Questi sono solo alcuni dei problemi su cui ci stiamo organizzando;
sono elementi della nostra vita per i quali noi donne di ogni età siamo in lotta e che non potranno mai essere cambiate da una legge del parlamento. Vogliamo dire a chiara voce che nessuna femminista 50 anni fa pensava che ottenere il voto significasse la fine della lotta. Noi abbiamo vinto, abbiamo solo incominciato.
cinquant’anni dopo proibito riprendersi la notte!
Londra, 31 ottobre 1978. 150 donne si sono ritrovate a Soho, il quartiere dei night-clubs e dei pomo-shops per «riprendersi la notte”, per chiedere il diritto di camminare sole o in compagnia di altre donne durante la notte, senza paura di essere assalite e stuprate. Le donne portavano torce accese e l’atmosfera era gioiosa. Poi, di fronte allo Swedish Cinema Club in Brexer Street, il primo scontro. Alcune donne che manifestavano il loro disprezzo per alcuni manifesti pornografici sono state minacciate da uno dei portieri del club, con un bastone e un martello. Sono poi intervenuti alcuni poliziotti. Mentre le donne cantavano la vecchia canzone delle suffragette “Let her go”, lasciala andare, all’indirizzo di un poliziotto che teneva una donna per il braccio contro una vetrina, sono arrivati rinforzi e i poliziotti hanno cominciare a usare i loro sfollagente di legno, colpendo all’impazzata le donne sulla testa, sulla schiena, sul ventre e sul petto.
La violenza della polizia è andata crescendo ed è stato impossibile continuare la manifestazione.
16 donne sono state arrestate per disturbo alla quiete pubblica, atteggiamento minaccioso, assalto di polizia e violenza. Molte donne hanno dovuto essere accompagnate all’ospedale per farsi medicare. Le donne arrestate sono state rilasciate alle cinque del mattino e la causa contro di loro è stata fissata per il 17 gennaio.
Chissà cosa ne pensa la deputatessa conservatrice Sally Oppenhaim che, durante la celebrazione per la concessione del voto, disse: “Le suffragette erano conosciute per la loro dignità e godevano di rispetto universale per il loro coraggio e la giustizia della loro causa… Sarebbe auspicabile che anche le femministe di oggi si comportassero con la stessa dignità!”. E se le femministe inglesi, invece di limitarsi a strappare qualche manifesto osceno, si mettessero a bruciare palazzi e chiese, a distruggere le vetrine dei negozi, a rovinare i campi di golf, come facevano le loro sorelle cinquant’anni fa? In Inghilterra esiste ancora la pena di morte, come altrove del resto.