CREATIVITÀ

creatività, che cosa hanno detto

luglio 1977


La donna esclusa dalla maturità

da Èva Figes – « Il posto della donna nella società degli uomini ».

…« non un solo specchio, ma l’intero salone degli specchi è stato creato dal maschio. Nasciamo in un mondo in cui grandi scopritori, filosofi, artisti e scienziati sono stati quasi tutti uomini. Legislatori uomini, conquistatori uomini; persino il Dio perpetuato dalla tradizione e che tuttora assilla i primi giorni della fanciullezza, è maschio. L’intero nostro codice morale è stato elaborato dagli uomini. Naturalmente le cose stanno cambiando, ma il fardello della tradizione non può non continuare a gravare, oltre che sulla nostra, su molte altre generazioni a venire. Se si trattasse semplicemente di codici sociali, la trasformazione sarebbe già abbastanza lenta, poiché le forme sociali del comportamento cambiano in realtà molto più lentamente di quanto non ci piaccia immaginare, perpetuandosi naturalmente attraverso la discendenza familiare; ma siamo alle prese con qualcosa di molto più grave. Infatti, mentre alle poche donne veramente decise, per le quali la parte loro assegnata dal maschio è sbagliata, insufficiente o semplicemente inconcepibile, tocca combattere una battaglia in condizioni ambientali avverse, in un gioco le cui regole sono state tutte fissate dall’antagonista senza previa consultazione tra le parti e in cui tutte le mosse determinanti sono già state stabilite ancora prima dell’inizio della contesa, per la stragrande maggioranza delle donne il naturale corso degli eventi prevede la sottomissione supina o condiscendente al ruolo che la tradizione ha voluto assegnar loro. Virginia Woolf asseriva che uno dei motivi per cui le donne hanno avuto tanta fortuna come autrici di romanzi è che si trattava di una forma artistica relativamente recente, in cui non erano state ancora fissate

tutte le regole. Una spiegazione analoga la troviamo in una delle più eminenti romanziere del passato, George Eliot, la quale in un saggio intitolato « Romanzi sciocchi di signore romanziere » scriveva: « Non vi sono restrizioni educative che possano escludere le donne dal materiale della narrativa e non esiste altra specie d’arte che sia altrettanto scevra di rigidi requisiti. Al pari delle masse cristalline, essa può assumere qualsiasi forma e restare sempre stupenda ». (Penso che Virginia Woolf se mai si imbattè in quella frase sulle masse cristalline deve aver provato un brivido di allarme, proprio come è accaduto a me). E’ abbastanza ovvio che le donne con un minimo di istruzione familiare potessero competere nel campo della narrativa, mentre da ogni arte o scienza si richiedesse una preparazione specialistica esse fossero automaticamente escluse. C’è però da chiedersi perché a molti sia tanto difficile capire che anche la lingua che usiamo corrente- mente è stata a sua volta creata, e che possediamo sistemi matematici, sistemi musicali e moduli filosofici che sono stati altresì creati in un certo momento della storia anteriore e quindi conservati dalla tradizione fino ai nostri giorni. Se pensiamo alle grandi sinfonie, pensiamo subito agli accordi maschili di Beethoven; impossibile immaginare che una donna potesse comporre quella musica. 0, almeno, così siamo indotte a credere. Le sonate per pianoforte sono state scritte per dita maschili, e dubito che siano molte le donne che riuscirebbero ad esserne all’altezza fisicamente, se non forse psicologicamente. Se pensiamo al vertice raggiunto in una sfera diversa da quella della musica, alle arti figurative, per esempio, ci riuscirebbe difficile immaginare una donna alle prese con le fatiche fisiche imposte dalla volta della Cappella Sistina o da una potente scultura in pietra come il Mosè. Eppure l’opera di una scultrice moderna come Barbara Hepworth può essere abbastanza maschile. I linguaggi esistenti sono forse estranei alle donne solo perché noi donne siamo state condizionate nelle nostre reazioni psicologiche a sottrarci alla dura fatica fisica e a evitare, in quanto poco femminile, certe immagini. Qui siamo, naturalmente, nel campo della speculazione. E’ impossibile spostare indietro le lancette dell’orologio e ripetere l’esperimento. Probabilmente avremmo potuto avere anche un Mosè femminile, epitomo di matriarcato assurto a dignità, oppure sinfonie galoppanti composte da donne. Oppure i nostri occhi e le nostre orecchie si sarebbero sintonizzati sulla delicatezza, sulle sfumature sottili, su tessuti filigranati? Il regno dell’arte è però uno solo degli aspetti deila tradizione giunti fino a noi. L’importanza molto più immediata è il corpus di idee che viene tramandato da una generazione all’altra a mezzo della educazione familiare e scolastica. Persino certe idee che ognuno reputa stantie e superate sono tuttora tramandate nell’educazione sotto forma di retaggio inalienabile. Tutti conosciamo bene, per esempio, certe storie bibliche e quasi tutti alberghiamo in un angolo della mente una specie di mondo fanciullesco abitato da Adamo ed Èva, da Noè e la sua arca, dai tre re che seguono la stella in viaggio verso Betlemme. E’ un mondo che la razionalità respinge ma che pure fa parte dei nostri valori: il fatto che ne teniamo conto in maniera rilevante è dimostrato da come ne utilizziamo il repertorio retorico, da come lo perpetuiamo nei riti tradizionali, dai fatto che in certi paesi, a Natale, si regalano ancora ai bambini delle arche di legno… Il fatto stesso che quasi tutti diano tutto questo per scontato, che non si faccia mai lo sforzo di farsi da parte e, in un certo senso, di uscire dalla propria pelle per dare all’insieme una bella occhiata, lunga, inquisitrice, già serve a perpetuare la tradizione, il che significa agevolare l’inserimento di ciascuno nel ruolo che la società gli ha assegnato fino all’accettazione supina delle norme esteriori. Né fa meraviglia: mettersi al di fuori di se stessi impone un processo difficile che può anche far impazzire. Nessuno regge a lungo. E’ però indispensabile tentare, se si vogliono sfruttare al massimo la propria capacità e la propria vita in un mondo che muta ».


La sfiducia delle donne in se stesse  è l’ostacolo a creare

da Kate Millet – « La dialettica dei sessi »

« …quando in un gruppo di individui, qualunque esso sia, le opinioni sociali, l’ideologia, la tradizione offrono all’io versioni così odiose di se stesso, l’effetto non può che essere negativo. Se si aggiunge a ciò un sistematico processo di denigrazione anche se larvato, come quello che la donna incontra quotidianamente, nei suoi contatti personali, nelle impressioni che le danno le immagini e la pubblicità che la concernono, nella discriminazione alla quale è sottoposta per quanto riguarda il comportamento, l’impiego, la educazione, non c’è da stupirsi se sviluppa caratteristiche di gruppo comuni a tutti coloro che hanno uno status minoritario e un’esistenza marginale. Un’esperienza ingegnosa prova quello che ognuno di noi sa già: che avendo interiorizzato la cattiva opinione che hanno di se stesse, le donne si disprezzano esse stesse e l’un l’altra… Si tratta di un test molto semplice: per superare un esame universitario delle ragazze dovevano criticare un saggio alternativamente firmato John Mckay e Joan McKay, generalmente stimavano che John fosse un pensatore notevole e Joan uno spirito mediocre. Eppure gli articoli erano identici, la reazione dipendeva dal sesso del supposto autore »… — « Quel poco di letteratura che le scienze sociali ci offrono in questo settore confermano la presenza presso le donne di caratteristiche tipiche dei gruppi minoritari: odio e rigetto di se stessa e del proprio gruppo, disprezzo di sé e delle appartenenti al proprio sesso, e tutto ciò ha origine dal fatto che la donna si sente ripetere, fosse solo in termini larvati, che essa è inferiore e finisce quindi con l’accettarlo come un dato di fatto ».

Perché le donne non sono creative

da Simone de Beauvoir – « Il secondo sesso ».

« …Per fare grandi cose, ciò che manca soprattutto alla donna è l’oblio di sé: ma per potersi ‘ dimenticare ’ occorre essere ben sicuri che ci si è già trovati. Nuova venuta nel mondo degli uomini, malamente sostenuta da loro, la donna è ancora troppo occupata nella ricerca di sé ». …« L’arte, la letteratura, la filosofia sono tentativi di ricreare il mondo sulla base di una libertà umana: quella del creatore. Occorre dapprima porsi senza equivoci come una libertà per nutrire simili pretese. Le restrizioni che l’educazione e la tradizione impongono alla donna limitano la sua presa sull’universo; quando la lotta per prendere posto in questo mondo è troppo dura, non è possibile distaccarsene. Eppure occorre dapprima emergerne in una sovrana solitudine se si vuol tentare di riprendersene: ciò che manca alla donna è fare nell’angoscia e nell’orgoglio l’apprendistato della sua esclusione e della sua trascendenza ». Simone De Beauvoir cita a questo proposito il diario di Maria Bashkirtseff — « …Ciò di cui ho voglia è la libertà di passeggiare sola, di andare e venire, di sedermi sui banchi del giardino delle Tuileries. Ecco la libertà senza la quale non si può diventare un vero artista… ecco la libertà che manca e senza la quale non si può arrivare seriamente ad essere qualche cosa. Il pensiero è incatenato da questo disagio stupido e incessante: ciò basta per tarpare le ali. E’ questa una delle grandi ragioni per le quali non ci sono artiste donne ».


Sono le uniche creatrici, ribatte la Solinas
da Scum, di Valerie Solinas

« …L’amore non può sbocciare in una società basata sul denaro e sul lavoro privo di senso. Esso esige una libertà totale sia economica che individuale, il benessere e la possibilità di impegnarsi in attività che pur assorbendo riescono contemporaneamente a soddisfare la sensibilità. Attività che possono condurre alla amicizia profonda quando vengano condivise con qualcuno che si rispetta. La nostra società non offre nessuna attività di questo genere. Dopo avere eliminato da questo mondo il dialogo, l’amicizia e l’amore, ecco i fasulli sostituti che l’uomo ci propone: la ‘grande arte’ e la ‘cultura’. L’artista maschio cerca di compensare la sua incapacità a vivere e la sua impotenza ad essere donna fabbricando un mondo completamente falso in cui lui fa la figura di eroe: vale a dire si appropria delle caratteristiche femminili inducendo la donna a dei ruoli sussidiari e cioè assegnando a lei le sue proprie caratteristiche. Poiché lo scopo della arte maschile non è la comunicazione (un essere completamente vuoto non ha niente da comunicare) ma quella di travestire la realtà animalesca dell’uomo, essa fa ricorso al simbolismo e all’oscurantismo (il ‘profondo’). La maggioranza della gente, soprattutto le persone ‘colte’, quelle che non osano giudicare da sole, paurose, rispettose dell’autorità e del prestigio si lasciano persuadere facilmente che tutto ciò che è oscuro, vago, ambiguo, incomprensibile e noioso deve essere certamente profondo e brillante. La ‘grande arte’ è una prova della superiorità degli uomini sulle donne e di conseguenza è anche la prova che sono loro a possedere tutti gli attributi deteriori che proiettano generalmente sulle donne. Infatti, come amano ricordarci spesso gli antifemministi, la ‘cultura’ è quasi interamente opera degli uomini. Noi sappiamo che la ‘grande arte’ è grande perché gli uomini, gli ‘specialisti’, ce l’hanno detto e noi non possiamo certo affermare il contrario, visto che solo delle sensibilità squisite come le loro e notoriamente ben superiori alle nostre, sono in grado di percepire ed apprezzare quello che è ‘ grande ’. Ma la prova della loro superiorità intellettuale viene data dal fatto che essi apprezzano tutte le schifezze che apprezzano. Apprezzare è tutto quello che sa fare l’uomo ‘ colto Passivo, nullo, privo di immaginazione e di umorismo egli deve pure appoggiarsi a qualcosa. Incapace di crearsi le sue proprie distrazioni, un suo mondo, incapace di incidere su quanto 10 circonda, egli deve accontentarsi di quanto gli viene offerto. Poiché non sa creare né comunicare egli fa da spettatore. Riempiendosi il cervello di cultura egli cerca disperatamente di guadagnarsi un posto in un mondo che non ha niente di allegro e di sfuggire così all’orrore di una esistenza sterile in cui lo spirito è assente… Il vero artista è la donna: sana e sicura di sé. In una società femminile le vere artiste saranno tutte le donne libere e soddisfatte di quello che sono, impegnate a stabilire un rapporto vero tra loro e con tutto l’universo ».

 

Smentiamo la cultura

da Carla Lonzi – « Sputiamo su Hegel ».

…«La deculturizzazione per la quale optiamo è – la nostra azione. Essa non è una rivoluzione culturale che segue ed integra la rivoluzione strutturale, non si basa sulla verifica a tutti i livelli di una ideologia, ma sulla mancanza di una necessità ideologica. La donna non ha contrapposto alle costrizioni dell’uomo se non la sua dimensione esistenziale: non ha avuto condottieri, pensatori, scienziati, ma ha avuto energia, pensiero, coraggio, dedizione, attenzione, senso, follia. La traccia di tutto ciò è sparita perché non era destinata a restare ma la nostra forza è nel non avere nessuna mitizzazione dei fatti: agire non è una specializzazione di casta, ma lo diventa mediante il potere a cui l’agire viene indirizzato. La umanità maschile si è impadronita di questo meccanismo la cui giustificazione è stata la cultura. Smentire la cultura significa smentire la valutazione di fatti in base al potere ».

 

Creatività della vita quotidiana: la possibilità per la donna di esprimersi come diversa

da Serena Nozzoli – « Donne si diventa »

«Le donne, con la cultura hanno avuto solo un rapporto indiretto; l’hanno ispirata, le hanno fornito un appoggio emotivo, ne sono state i modelli; ma quando hanno cercato un rapporto diretto, il loro contributo è stato dato ancora in termini maschili, poiché per inserirsi hanno dovuto competere sullo stesso piano, accettando quella logica » « è la lontananza (dall’esercizio del pote re) a conferire alle donne il vantaggio non indifferente di aver mantenuto un diverso rapporto con la natura, di aver manipolato realtà diverse, di aver accumulato una esperienza inaudita. E’ proprio questa lontananza a regalare loro ben altra garanzia: la certezza di costituire, in fin dei conti, la possibilità di una diversità sostanziale. Per essere rimaste fuori dalla storia, le donne sono portatrici di valori diversi e l’affermazione delle loro istanze di liberazione è la possibilità di recupero, per l’umanità, di una dimensione finora rifiutata. Liberazione della donna non significa quindi acquisizione del diritto di entrare nel mondo maschile allo stesso titolo degli uomini, bensì, conquista di uno spazio autonomo per esprimersi».

 

Perciò le donne vogliono si essere protagoniste ma non del solito vecchio dramma.