Violenza
come essere un mostro per bene
Che favole dobbiamo raccontare ai bambini? Si discute sull’utilità o meno dei vecchi racconti di Capuccetto Rosso divorata dal lupo cattivo: c’è chi difende le nuove favole alla Gianni Rodari e chi sostiene l’importanza di magicizzare le paure inconsce del bambino attraverso l’individuazione di grotteschi personaggi delle fiabe. Attraverso le favole, comunque, si trasmettono i nostri giudizi di valore: il nostro bene e il nostro male; si propongono i nostri modelli di comportamento. Le favole sono un grosso strumento per abituare i bambini ai rispettivi ruoli sociali e sessuali, nascondere e mistificare la realtà in cui vivono, celarne il carattere sostanzialmente antibambino. E non solo la realtà delle nostre città. Tenendo presente questa problematica ho tentato, mettendomi nelle vesti di racconta-favo-le, di riprendere uno dei più orribili personaggi delle fiabe per ridargli una sua dimensione umana e sociale; strumentalizzandolo poi per affrontare, con gli interessati, un discorso molto grosso e difficile: violenza sessuale sui bambini e componente sadica della “sessualità”:
“Allora Hansel e Gretel arrivarono davanti a una casetta con le pareti di pampepato e le finestre di zucchero filato. Dentro abitava una strega, una buona vecchina che si sentiva molto sola in quella casetta in mezzo al bosco». A questo punto della storia la mia nipotina (4 anni), già culturalizzata all’immagine crudele della strega mi interrompe: “Ma era cattiva la strega, mangiava i bambini, vero?” Tento ai spiegare. Lei ribatte, non è convinta, poi, (penso) fa un atto di fiducia e dice: “Allora le streghe sono buone?”, Vada per le streghe, ma il lupo, gli orchi? La sorellina (undici anni) a-scolta molto incuriosita; il discorso suite streghe lo recepisce molto bene. Stimolata dai miei discorsi va oltre e chiede: “E i mostri?”. L’aggancio è fatto: dalle favole alla realtà. Marsala, Genova, Villa Sciarra, non sono passati inosservati. Oggi, purtroppo, circolano questi strani “mostri” non dipinti sui libri di fiabe ma sbattuti sulle pagine delle riviste che circolano per casa o nei televisori, davanti agli occhi di bambini morbosamente incuriositi. L’atmosfera di scandalo e caccia al mostro che vi si crea intorno è suggestiva. Ma mentre, in fondo, questi bambini pensano che si tratti degli Orchi delle favole di Pollicino e reclamano, come d’abitudine, i dettagli delle loro crudeltà, si sentono rispondere che: “Questi fanno brutte cose, quindi non bisogna dare ascolto agli sconosciuti che offrono le caramelle”. La risposta ovviamente non li soddisfa ma conferma che i mostri esistono veramente, e non in boschi grandi e misteriosi dove bisogna smarrirsi per trovarli, ma nei giardini pubblici, davanti alle scuole, nelle strade. Possono aggirarsi intorno a misteriose cave come su modernissime spider rosse (o di altro colore, poco importa). I bambini non sanno chi sono in realtà questi “mostri”, che cosa fanno, chi li crea, chi li protegge, chi li inventa addirittura. Ma la cosa più triste è che non lo sanno neanche i “grandi” o, se lo sanno, fanno di tutto per far finta di non sapere. Se considerassimo un pò meglio come emergono certe figure di “mostri” e come si travestono certe altre (sempre comunque in modo da lasciare scoperto qualcosa, come il lupo-nonna della favola ha fatto con le orecchie), dovremmo individuare il filo conduttore della sessualità istituzionalizzata dalla società patriarcale: il sadomasochismo. Filoconduttore che trova la sua più alta ‘espressione nell’invenzione maschile della prostituzione: la più antica e moderna deviazione sessuale. La paternitàdei “mostri” è da ricercare in questa istituzione. La “colpa”, dai sacerdoti delle varie divinità che rendevano sacro il rapporto prostitutivo svolto nel Tempio, con le belle vergini che si offrivano ricevendo in cambio “per il sacrificio” una moneta, è da spostare ora, a viso aperto, su tutti i benpensanti che pretendono il diritto di usare un corpo umano per “sfogare” (la parola è usata da loro e rende bene l’idea), la loro sessualità sadica. Non è più richiesto di “sopportare”, chi si diverte sul disgusto altrui, su altari sacrificali ma esplicitamente e costruttivamente (in nome del Dio lavoro per il dio uomo) in bordelli, case chiuse, elegantemente anche chiamati Eros Center. I benpensanti trovano che è sano e morale prendersi i dovuti piaceri lontano dagli occhi indiscreti, dall’innocenza dei bambini e con tutti i controlli sanitari necessari. I benpensanti pensano che è giusto dare a “Cesare quel che è di Cesare” e da bravi cittadini si chiedono: “Ma in fondo, il Governo dalle Case Chiuse non prende anche le tasse?”. Ma non si chiedono come si può provare “piacere” vedendo il disgusto, l’odio, la sofferenza o l’indifferenza di chi “presta” la propria passività. Né se lo chiede il marito che ha comprato col suo danaro o col prestigio chi… non ha tanta scelta. Ma le ingenue nonne che raccontano di streghe orribili e cattive non conoscono il vero dramma delle migliaia di donne torturate, bruciate vive (41 roghi nel 1485 in provincia di Como/70 nel 1510 a Brescia, 70 nel 1518 in Valcamonica, solo per riportare alcuni dati), unicamente perché non accettavano i modelli di condotta voluti dal potere dell’epoca. Dopo tutto non sanno che una donna in tempi di caccia alle streghe aveva (ed ha) moltissime probabilità di essere additata come tale. Noi però, facendo un parallelo, dovremmo esaminare le probabilità che in tempi di caccia ai “mostri” un uomo ha di essere “sbattuto in prima pagina”. L’operazione è molto semplice: anche in tempi così difficili le probabilità sono rarissime. Questo è comprensibile: in una società fortemente sadomasochista la devianza deve essere molto forte; basta osservare quindi alcune “regoline” e …tutto passa inosservato:
Limitarsi ad «usare» il corpo altrui senza provocare grosse lesioni (le ammesse sono quelle provocate da sverginamento cruento segno di grande virilità — e quelle sull’uovo femminile (fecondazione dell’uovo anche contro la volontà della “proprietaria”).
Osservare delle distanze di età (violentatore-vittima) molto ravvicinate. Evitare il più possibile di “usare” bambini. Fare attenzione con gli adolescenti. Con le donne invece il divario può essere anche di ottant’anni, specie con donne matrimoniabili, segretarie, allieve, ammiratrici, ecc.
Non uccidere o tentare di uccidere la vittima o (le vittime), in caso di “raptus ultrasadico”, limitare assolutamente il numero dei cadaveri. In America violentano e uccidono intere famiglie, seviziano in “serie” (“mostro” di Houston che dopo le torture sessuali uccise i giovani seviziati. “Mostro” Manson che in preda a sadismo religioso uccise tutte le persone che si trovavano in casa delle vittime che voleva immolare), e poiché l’America in questo campo (e non soltanto in questo) detta la moda, il titolo di Mostro dopo precedenti simili scatterebbe automaticamente.
Evitare di lasciare sui “corpi del reato” tracce di violenza sessuale. È consigliabile quindi “controllare i propri spermatozoi» (preservativo ecc.). In casi contrari, è necessario possedere molti soldi e potere; in questo caso c’è sempre la possibilità di fare passare per mostro qualcun’altro o di confondere le idee. Sembra che per “Marsala” valga appunto lo slogan: «Mostro potente dalle regole è esente”.
Per quanto riguarda l’opinione’ pub-Mica, non bisogna esagerare: di mostri ne bastano uno ogni tanto. Si fa allora una bella sparata sulla moralità, sul-1 ordine. Si invocano controlli sociali e la “pena di morte”. Una certa area poetica che col sadismo ha molto a che fare crea l’atmosfera del linciaggio. (“exmostro” di Genova). Se poi alla chiamata a giudizio del “biondino” accusato della uccisione di Milena Sutter “Accanto agli indizi sussistevano anche obiettive e ineliminabili ragioni di dubbio: e gli indizi a sfavore venivano annullati da altri indizi a favore” al punto che, sembra (Paese sera 30 novembre 1973), in camera di consiglio di fronte a “quattro giurati per la condanna e quattro per l’assoluzione” si sentenzia “l’innocenza” dell’imputato; tutti esultano: meglio un colpevole fuori che un innocente dentro (tanto fuori c’è molta solidarietà). È senz’altro molto positivo che la Giustizia sia più propensa verso l’innocenza degli imputati che verso la colpevolezza,’ ma chi lotta veramente per la giustizia non dovrebbe “esultare” a sentenze di compromesso solo perché la “Reazione” aveva strumentalizzato il caso. A Marsala la caccia al mostro sembrava aver fatto centro sicuro: il Vinci aveva confessato. L’uccisione delle tre bambine, a pensarci bene, sembrava un evento troppo “geniale” per un uomo solo, semianalfabeta, fattorino “esemplare” della cartotecnica S. Giovanni. Ma in clima di linciaggio ognuno vuole scagliare in fretta la propria pietra. Poi compare uno strano uomo che avvocato del Vinci è riuscito a far uscire fuori al processo, Si sa che è il fratello del padrone della Cartotecnica dove il Vinci lavorava. Si sa che è ricco, si parla di traffico di droga, di traffico di riviste pornografiche per «uomini soli”, di collezioni di bambole che il nuovo personaggio “decapitava nei momenti di rabbia”. Tutte quelle di noi che nella infanzia si sono imbattute in uomini che volevano «usarle» sessualmente (di queste storie ne ho sentite anche troppe) non possono non seguire gli sviluppi del processo di Marsala che con una strana sensazione. Potrebbe essere una sensazione sbagliata, ma è una sensazione di chi sta “dalla parte di Antonella” e di chi vuole anche che si chiarisca la posizione di gente che nella terra dell’emigrazione è costretta a vendere anche la vita per un misero salario. Che dire poi del caso Villa Sciarra? Tutti d’accordo col discorso dell’ambiente, della repressione sessuale dei giovani ma occorre considerare un attimo quello che si intende per aggressività maschile e femminile: è evidente che solo l’aggressività maschile arriva ad identificarsi con il raptus e la violenza carnale. Ho provato a chiedere in giro come mai non esistono donne che aggrediscono per raptus sessuale i bambini. Mi è stato risposto che dipende dal fatto che …le donne non hanno il pene. Quando chiediamo del perché le donne non sono diventate dei “Michelangelo” ci rispondono che ci mancava o cervello o scalpello. Ci manca sempre qualcosa insomma: né genii, né mostri: condannate alla mediocrità. Ma esiste dunque una “questione maschile” che fonda le sue radici nella socializzazione dei bambini. Il maschietto per educazione e per mimesi assimila certi modelli aggressivi che gli vengono proposti continuamente: Il maschietto che “salta addosso” alla bambina si sente addirittura incoraggiare con un: “È tutto papà”. Poi per essere ancora più incoraggiato avrà la pistola e i giornaletti di Satiricon; disprezzerà le bambole (tanto il ruolo di papà non comprende un contatto diretto fisico-affettivo con i piccoli), farà il tifo per Rivera e giocherà alla guerra. Purtroppo le donne accettando il ruolo di passa-or-dini racconta-favole lasciano passare tutto questo. L’adattamento, la sopportazione, la sopravvivenza sono stati chiamati massonismo. Le donne se lo sono ritrovato addosso vestito di rassegnazione. Ribellarsi vuol dire rimettere in discussione una frase detta dalla femminista Laurence Deonna: “Il sessismo è come l’emofilia: tocca solo gli uomini ma chi lo trasmette sono le donne”. Dal sessismo ai mostri il passo è breve. Vogliamo individuare questi “mostri” per combattere il sessismo? Incominciamo col “riconoscerli” ovunque. Ad esempio, ora, in tempo di austerità basta uscire di casa, di sera, camminare per le vie della città senza il “permesso speciale”: cioè senza un uomo vicino. L’austerità per noi donne dura da molto tempo ma in questo periodo si è aggiunta un’aggravante: si spengono le luci e si chiudono i locali prima di mezzanotte. Se allo scoccare delle 24 ci troviamo ancora per strada, siamo fortunate se per scappare in fretta perdiamo come Cenerentola solo la scarpetta. Gli orchi con le sette teste fuori dal finestrino del loro trono a quattro ruote ci vedono benissimo, anche a luci spente.