se fai politica sei una puttana
La storia va avanti dal giugno scorso: allora, sei ragazze alloggiate alla Casa della Studentessa di Roma sono state espulse perché erano state viste (dai portieri) introdurre “maschi” nelle loro camere, dopo le ore 23 : una espulsione in cui il moralismo sessuofobico serviva a malapena di alibi per un atto di pura repressione politica: infatti le ragazze che facevano salire in camera i ragazzi senza badare all’orologio, non erano, è chiaro, soltanto sei: anzi tutte le 270 studentesse che, allora,” godevano dell’alloggio gratuito alla Casa (perché in pari con gli esami all’Università, e con reddito familiare ridottissimo, e famiglie fuori Roma), avevano chiesto l’abolizione di un regolamento interno fitto di norme vessatorie e grottesche, come quella delle ore 23: e, da parte almeno del vice-commissario Moretti (DC di sinistra), che, sottoposto al commissario Picano, dirigeva in quel tempo la Casa, era venuta loro l’assicurazione che l’orario-capestro delle 23 non sarebbe stato tenuto più in alcun conto. Ma quando, nel giugno scorso, per l’appunto, era servito a colpire le sei ragazze, che facevano attività politica nel quartiere, si era fatto scattare di nuovo il meccanismo della “moralità secondo cronometro”. — Del resto, un amministratore della Casa ce l’ha detto in faccia — racconta una studentessa — ha detto: “a me non me ne importa niente se fate le puttane, quello che mi interessa è che non mi rompiate le scatole con la politica”.— Puttane, sgualdrine, è moneta corrente qui, per noi che facciamo politica. Gli diamo fastidio perché continuiamo a chiedere la mensa aperta a tutta la gente del quartiere, qui, di Casalbertone, e lo stesso per la Biblioteca, che vorremmo fosse per tutti, le casalinghe, gli studenti, gli operai di Casalbertone. Se invece ci contentassimo della nostra ‘ isola felice ‘, vitto e alloggio gratis, diritto allo studio ecc. non avremmo guai. —È chiaro, che, come donne, il modo più sbrigativo per colpirci è quello della espulsione per immoralità. I regolamenti sono gli stessi, per la Casa dello Studente e per la Casa della Studentessa, a Roma. Ma l’espulsione di uno studente maschio per immoralità non si è mai sentita. Rientrate le sei espulsioni di giugno, per la politicizzazione che, sia pure con molta fatica, le sei ragazze, insieme a poche altre, erano riuscite a introdurre nell’ambiente della casa della Studentessa, il problema si è ripresentato, per tre di loro, il 30 novembre scorso, con il nuovo anno scolastico. A quella data infatti, l’Opera Universitaria, da cui dipende l’assegnazione dei posti gratuiti alla Casa, ha pubblicato la lista delle “riconferme” per l’anno 1973-74: risultavano non riconfermate tre delle espulse di giugno (delle altre sei, una aveva rinunciato spontaneamente a tornare alla Casa, l’altra aveva cambiato città): le tre ragazze, Rita Rossiello, Nella Clementini e Vanna Barcaroli, hanno chiesto, per lettera raccomandata, le ragioni della mancata riconferma: la risposta è venuta con un telegramma del Commissario Direttore della Casa, il DC Angelo Picano: “Riferimento vostra lettera comunicarsi che esclusione elenco vincitrici posto Casa studentessa est dovuta ripetute violazioni regolamento comportanti espulsione pertanto invito di lasciare alloggio termine improrogabile alle ore 9 di domenica 9 dicembre». Contemporaneamente al telegramma venivano immesse altre ragazze nelle camere delle tre espulse: — Quello che volevano ottenere era che scoppiasse la lite tra noi, in modo che fossero le nuove, a cui avevano assegnato la nostra camera, il nostrostesso letto, a buttarci fuori. Invece ci siamo attrezzate con lettini da campo e materassi in terra, bandiera rossa al balcone, e siamo ancora dentro,
È stato difficile convincere le nuove a solidarizzare con voi?
Certo è difficile. Picano per buttarci fuori ha aspettato che arrivassero 80 ragazze nuove, non politicizzate, perché quando si arriva dalla provincia, e qui siamo quasi tutte meridionali, pare di toccare il cielo con un dito, Roma, la capitale, l’università, la palazzina moderna, la ‘ libertà ‘ di tornare a casa anche tardi la sera, tutte cose che a molte di noi, quando stavamo in famiglia, parevano un sogno. Venendo da un ambiente di repressione come quello della provincia meridionale, al principio questo sembra il paradiso. Dall’altro lato, può essere che una abbia anche paura della grande città, e Picano con il suo “finto ambiente familiare” la può dare a bere. In realtà si passa da una repressione più rozza, quella del paese, ad un’altra più sottile. È soltanto più tardi quando si scopre la realtà squallida del quartiere, della periferia romana dove ci hanno emarginate, e la realtà della mancanza di prospettive dei nostri studi, soltanto allora nasce la rabbia. — Nel giugno scorso abbiamo vinto, perché non hanno potuto buttarci fuori. Però non è stata una vittoria completa, perché, in pratica, l’occupazione della Casa della Studentessa, che abbiamo portato avanti per otto giorni, era gestita principalmente dagli studenti maschi, del collettivo dei fuorisede. Noi ragazze quasi neanche ci lasciavano parlare. Questa volta vogliamo che sia diverso, perciò abbiamo chiesto la collaborazione di Effe, e del Movimento Femminista Romano, (a. e.)