analisi e proposte

«oltre ad umiliarci l’uomo,
o meglio, la logica maschile
che agisce in lui,
ha paura, non solo di perdere
il potere ma anche
della nostra creatività».

dicembre 1977

crediamo
Crediamo che il problema delle percosse, come quello della violenza carnale, abbiano la stessa matrice storico-sociale e pertanto debbano essere affrontate come due facce dello stesso problema. L’umiliazione, l’annullamento di sé in quanto persona, sono state le costanti delle testimonianze di tutte le donne picchiate, e costituiscono anche la motivazione più profonda che spinge il maschio a violentare. Nello stupro nel senso tradizionale, o nelle percosse si perpetua il dominio e la proprietà del mondo maschile su quello femminile: ma anche una vera e propria negazione della donna in quanto persona. Nel corpo di Claudia tagliuzzato, leggiamo il desiderio di umiliarci, degradarci, annullarci, e non desiderio di sfogo o solo esclusivamente desiderio di dominio. Ma oltre ad umiliarci l’uomo o meglio la logica maschile che agisce in lui, ha paura. E non è solo paura di perdere il potere. È una paura molto più antica, preistorica; paura della creatività femminile, della maternità e soprattutto della sua sessualità.
Prima l’uomo aveva i mezzi per esorcizzare questa paura, per tenere la donna in stato di subordinazione; oggi non più. Oggi la donna sta cercando una sua identità sessuale come totale espressione di se stessa, dei suoi bisogni sensuali, sessuali ed emozionali, una sessualità ohe non è orientata sul genitale, sulla sottomissione, ma è espansione, tenerezza, accettazione di sé.
Il principio unificante e l’obiettivo della nostra lotta deve essere quello dell’autodeterminazione corporea, che deve essere stabilito una volta per tutte e deve diventare un principio inviolabile ad ogni livello. Qualsiasi atto compiuto sul nostro corpo senza la nostra volontà è un atto criminale di stupro.
Dando per la prima volta credibilità alla testimonianza delle donne, anche sul piano giuridico, si colpisce la storica paura maschile della falsa accusa, che si è sempre e dovunque caratterizzata in termini di giudizio sul consenso, la castità, la resistenza, escogitati tenendo presente un unico scopo collettivo: la protezione del maschio da una femmina scaltra, bugiarda, vendicativa. Non è un caso che nessuna legge è stata mai in grado di distinguere un atto di unione sessuale desiderata da entrambe le persone, da un atto di aggressione forzata, criminale. L’unico tentativo in questo senso è ancora nella sua fase di sperimentazione ed è stato fatto da un gruppo di giuriste femministe in uno Stato australiano. Così come non potremo mai illuderci che la scienza medica maschile ci darà un buon anticoncezionale, non possiamo aspettare che, degli uomini ci diano delle leggi che ci liberino dalla loro stessa oppressione.

denunciamo
a) Il tentativo di tutta la stampa e della classe politica di fare apparire di fronte alla opinione pubblica lo stupro come la sola vera e preoccupante forma di violenza contro la donna. Per noi lo stupro non si caratterizza esclusivamente in una aggressione brutale in luogo pubblico, ma esiste ovunque; nella vita di ogni giorno, nelle case, nelle famiglie, sul posto di lavoro. Rifiutiamo l’identificazione del violentatore o del «picchiatore» come il bruto, il malato, l’emarginato.
Uno insomma in cui l’uomo normale non si scorge mai. Non solo rivendichiamo la normalità del violentatore e del «picchiatore», ma accusiamo la società stessa di alimentare una vera e propria ideologia dello stupro, che è istituzionalizzata sotto varie forme; matrimonio, prostituzione, pornografia, pubblicità. In altre parole, come scrive S. Brownmiller: «Se non tutti gli uomini sono degli stupratori, tutti traggono dei vantaggi dal fatto che alcuni lo siano».
L’ideologia dello stupro agisce anche in assenza dell’atto.
b) L’omertà e il silenzio che accompagnano sempre i crimini contro la donna (tipico è il silenzio dei vicini che non osano parlare pur assistendo a vere e proprie torture). Una delle conseguenze più terribili di quella che abbiamo chiamato l’ideologia dello stupro è di avere agito in profondità sulla psiche femminile obbligandola al silenzio e, molto spesso ponendo donna contro donna; le madri che non denunciano lo stupro paterno, le suocere complici dei soprusi dei figli contro le nuore, costituiscono alcuni degli esempi più tipici e disumani.
e) L’atteggiamento della polizia e dei carabinieri. Il 95% delle donne che hanno tentato di sporgere denuncia per percosse è stata paternalisticamente dissuasa e convinta a tornare nell’ambiente in cui ha subito violenza. Per quanto riguarda la violenza carnale è proprio dalla polizia, che inizia l’umiliante trafila, che si concluderà in tribunale, che trasforma la donna da accusatrice in accusata.
d) La giustizia. Per la legge, e non solo per quella italiana lo stupro è un crimine; nei fatti però non è mai riconosciuto come tale contro la donna, ma come crimine contro il suo legittimo proprietario: l’uomo. Le leggi attuali servono soltanto a garantire agli uomini, dai padri ai mariti, ai fratelli, che le loro figlie, mogli, sorelle, sono loro esclusiva proprietà e che non possono essere impunemente usate da nessun altro.

proponiamo
Per la «violenza casalinga»:
a) una linea telefonica d’emergenza pubblica, operante sul territorio nazionale 24 ore su 24. L’idea è sul tipo della hot emergency line americana per i casi di violenza carnale; per noi questo telefono dovrebbe dare la possibilità a tutte le donne disperate e sole, e che abbiano subito qualsiasi tipo di violenza (senza limitazioni alla violenza carnale) di venire a conoscenza di collettivi femministi e di eventuali consultori pubblici a lei vicini. Inoltre, questo telefono dovrebbe darle i consigli pratici e alcuni elementari dati giuridici immediati. È essenziale che, insieme alla attuazione della linea, venga attuata una campagna pubblicitaria di modo che ogni donna abbia, in caso di emergenza, questo numero in testa (come il 113);
b) di creare tanti rifugi per donne picchiate, attraverso edifici pubblici e attraverso lasciti o campagne di finanziamento italiane e internazionali. Per quel che riguarda la richiesta di strutture pubbliche per questo scopo, non riteniamo che la richiesta sia particolarmente onerosa neanche in periodi di crisi come questo; esistono infatti mille esempi di strutture pubbliche inutilizzate come il Governo Vecchio a Roma. In Germania recentemente, in Inghilterra e in Australia da più anni, esistono Women Houses pubbliche e gestite in piena libertà dai movimenti e gruppi femministi. Clausola questa necessaria perché non si confonda la presa di coscienza (che è solo da donne per e con le donne) dalla solita triste assistenza di tipo cattolico.
Per quel che riguarda lo stupro pensiamo di muoverci su questi punti: Per il processo chiediamo; che sia per direttissima la donna vede come un,incubo questo evento; non crediamo che un rinvio esagerato possa giovarle; che il dibattimento sia a porte aperte salvo la contraria volontà della vittima. Ogni donna dovrà poter decidere se fare dell’abuso che si è fatto di lei una azione politica per aiutare altre donne o se rimanere nel totale anonimato (pur -nella certezza che sia fatta giustizia al suo aggressore); possibilità per il Movimento femminista di costituirsi parte civile contro l’autore della violenza e il risarcimento danni indipendentemente dal risarcimento del danno subito personalmente dalla vittima.
Questo tentativo è stato già fatto dall’avv. Tina Lagostena Bassi e nel processo per Claudia Caputi e respinto. Una clausola analoga esiste nello Statuto dei lavoratori per le cause sul lavoro. Per quanto riguarda la parte del risarcimento, la somma ottenuta potrebbe essere utilizzata nella attuazione di rape-centers, case per donne e centri antiviolenza, o per la costituzione di gruppi di studio giuridico; l’anonimato della vittima dal momento della denuncia, fino al processo, salva volontaria , pubblicizzazione da parte della donna. Questa sarebbe un’arma potentissima nei confronti di tutta la stampa.
Per quanto riguarda il codice chiediamo;
l’abolizione di articoli come il 522, 526, 544; rispettivamente: ratto a fine di matrimonio, seduzione con promessa di matrimonio, «matrimonio riparatore»;
che gli atti di libidine violenti e la violenza carnale rientrino in uno stesso articolo con stessa dicitura ed analoghe pene. In altre parole che la definizione legale di stupro sia comprensiva di penetrazione orale e anale, tentata penetrazione e uso di oggetti… Questo è conseguente alla nostra definizione di atto criminale di stupro come qualsiasi atto compiuto sul nostro corpo senza il nostro consenso. A questo proposito dal rapporto del Advisory group on the law of rape, presentato al Parlamento inglese nel dicembre del ’75, si legge: «una nuova definizione di violenza dovrebbe sottolineare la mancanza del consenso della vittima (e non la violenza dell’atto), come la parte cruciale della questione»;
che sia riconosciuto come atto criminale di stupro anche quando è compiuto all’interno del matrimonio. Questo punto è senza alcun dubbio il più rivoluzionario e in quanto tale difficilissimo da fare accettare. Anche la sua formulazione giuridica presenta notevoli difficoltà. Il giudice dovrebbe stabilire in base solo alla testimonianza della donna la veridicità del fatto. Per la prima volta nella storia si darebbe valore giuridico alle parole della donna contro quelle dell’uomo.
Per quanto riguarda la protezione e prevenzione dello stupro omosessuale nelle prigioni e degli abusi negli ospedali psichiatrici crediamo più efficaci azioni dirette che non nuove legislazioni. A questo proposito la Ligue du droit des Femmes, ha elaborato in Francia delle vere e proprie proposte legislative.

Per il Collettivo Romano MLD
contro la violenza