perle di aprile

ottobre 1979

che Seroni facesse rima con “cojjoni” nessuna di noi aveva mai osato pensarlo; neanche nei nostri slogans più efferati si è tentata mai una rima simile, ci si deve dare atto. Così si è aperto invece quello che si presume sarà un grosso dibattito teorico provocato da una tesi sulla condizione femminile che Berlinguer ha proposto all’ultimo congresso del Partito Comunista Italiano. Su questa tesi si è prodotta la più vistosa spaccatura che militante ricordi. Il termine “sessualità” sembrava troppo forte si è tentato di correggerlo con “rapporto tra i sessi”, ma V emendamento non è passato per la gioia di tutte noi. C’è da.dire che è stata una sorpresa per tutti, non la spaccatura ma la tesi stessa. Quando Berlinguer pronunciò la frase: «sulla donna grava tra le altre l’oppressione che si è storicamente determinata nel campo della sessualità» non si rese conto né dell’enorme revisione critica che proponeva ai suoi teorici, né di accelerare crisi di identità già in tragico sviluppo da molti anni fra i suoi militanti. Alcuni sono stati visti aggirarsi per i corridoi scuotendo la testa, altri piangere, i più duri hanno saputo non perdere lo smalto, i più sornioni, frange, si facevano l’occhiolino dicendo: «Cose tra donne…» e votavano “sessualità”, ì più saggi invece avevano capito che si trattava solo di un gentile omaggio alle signore in sala.

Oddio!, ad essere maligne un’analisi per sesso può far comodo nel momento in cui si sbiadisce un’analisi per classi, se una contraddizione deve restare resti almeno quella uomo-donna! Ma questa è proprio una malignità smentita poi dallo stesso Berlinguer che ha rimesso le cose a posto nella sua relazione finale: «facciamo affidamento… sul lavoro delle nostre compagne che portano nel Partito una grande freschezza e sensibilità, e direi anche una loro particolare sapienza, nello stabilire una comunicazione umana non solo con le altre donne, ma con tutta la gente». E le donne si sono ritrovate confermate in un ruolo così tradizionale, così deamicisiana da strappare le lacrime. Niente paura quindi, avevano ragione i saggi. L’unica a prendere sul serio tutta questa faccenda, a cascarci, è stata Maria Antonietta Macciocchi (Macho/ qui) la quale vedendo che il Partito Comunista faceva sua una tesi del Movimento Femminista per dispetto si è affrettata a fare pubblicare all'”Espresso” un suo pamphlet dove sostiene che il femminismo è morto e quindi non c’è più. Quando si deciderà Maria Antonietta ad avere per interlocutrici le donne e non il solito PCI, suo chiodo fìsso, origine di tutti i suoi mali, causa di tutti i suoi disagi? Con questo pamphlet sperano lei e V “Espresso” di far “divampare una polemica”, sognano “risposte salate”.

Sperare non, costa niente, si sa, ma non basta scrivere e pubblicare un’analisi sprezzante e superficiale per ottenere delle risposte. La vorremmo invece in qualche modo rassicurare: Maria Antonietta, nessuna di noi vuole la tua testa, questi sono sogni parigini, sogni da Concier gerle…

Una breve risposta merita invece Jasmine Aprile De Puoti, dopo Marx Aprile neanche a farlo apposta, per fare delle precisazioni e per non essere tacciate da burocrati, dunque: «Gentile dottoressa, 1° lei ci racconta che è stata insidiata, “insidiata” che termine! (la dottoressa è accademica tiberina n.r.), dal Ministro del Lavoro Vincenzo Scotti e che il suddetto, avendo lei rifiutato le sue avances, l’ha costretto alle dimissioni. Le crediamo, ma non è la prima a volta che capitano questecose. 2° Ha denunciato il suo caso all’on. Ines Boffardi, all’ UDI, all’MDL, al Cif, al comitato delle giornaliste repubblicane, ad Emma Bonino, a Marco Pannella, al collettivo di redazione di “Quotidiano Donna”. Ha fatto benissimo, tutte le donne nella sua stessa situazione dovrebbero fare così. Ci resta un dubbio forse sull’utilità di rivolgersi all’onorevole Beffardi, salvo aspirar ad una decorazione. Se lei fosse venuta alle nostre manifestazioni avrebbe sentito che sotto le finestre della DC di solito gridiamo “Boffardi libera” perché sappiamo che l’onorevole ha< mani e piedi legati. Come fa a non saperlo, eppure sta nel suo stesso partito! 3° Lei afferma che «nella strategia paternalistica la donna è concepita solo come oggetto voluttuario». Magari!

4° Lei dichiara di «combattere la sua battaglia non tanto per se stessa ma in nome della dignità della donna». Mi permetta una spiegazione che è un nostro nodo teorico importante: le donne stanno cambiando proprio perché hanno capito che combattendo per se stesse combattono per tutte. Quindi combatta per sé e al diavolo la retorica. 5° Lei si rammarica che la sua «situazione sia esplosa in un periodo così delicato per l’equilibrio del paese». E’ vero, una vera jella. Si tenga le sue prove ancora un po’, non faccia circolare le sue bobine, in questo momento ce ne sono pure troppe in giro.

6° Lei sostiene, e questo è un punto che “insidia” la credibilità della sua vicenda, che una domenica mattina a metà gennaio è andata nello studio di Andreotti a Montecitorio per dirgli come stavano le cose e che lui fu gentilissimo e le sembrò molto turbato. Sarà anche vero, ma una cosa è certa: vedere Andreotti turbato è capitato solo a lei.

Lei confessa che per quanto la concerne «si prepara ad essere immolata ad un meccanismo perverso».
Non lo faccia, faccia una gita.