argentina

da plaza de mayo a piazza san pietro

intervista a due madri argentine protagoniste delle tragiche vicende della dittatura di Videla.

ottobre 1979

Angela e Giovanna sono due donne argentine, due madri di “Plaza de Mayo”, in Italia per chiedere solidarietà verso il loro popolo che vive una delle ore più tragiche della sua storia oppresso da una feroce dittatura militare.

Come “madri di Piazza dì Maggio” siete ormai conosciute in tutto il mondo, ma vi hanno anche chiamato le «”pazze” de Plaza de Mayo». Perché? Pazze di dolore o pazze ad affrontare sole ed indifese la giunta militare? Ti rispondiamo facendoti un po’ la nostra storia. La prima volta che ci siamo incontrate è stato nel palazzo di giustizia per presentare i’habeas corpus dei nostri scomparsi. Pensa che all’inizio eravamo in quattro, tutte con lo stesso problema, la scomparsa dei nostri famigliari. Ci siamo chieste “che cosa possiamo fare di più per i nostri cari?”. Così abbiamo deciso di ritrovarci nella piazza principale di Buenos Aires, Plaza de Mayo, sede della casa di governo. Da quel momento ci siamo ritrovate lì tutti i giovedì con sempre più madri. Dopo un mese eravamo 30 e giravamo intorno alla piazza. Immagina questa scena: trenta donne con un fazzoletto bianco in testa che girano in silenzio per la piazza in un clima di violenta repressione. Era comodo e facile a questo punto definirci da parte della giunta militare “delle pazze”. Ma, quello che voleva essere un insulto dei militari si trasformò per noi in una bandiera di lotta. Molte sono state a loro volta sequestrate, tra queste Azucena, una delle fondatrici. L’11 gennaio del ’79 con la detenzione di 43 madri e con la pressione di varie
minacce da parte dei militari abbiamo sospeso la manifestazione.

Come avete reagito a tutto il terrore ed alla morte che vi circondava, qual è stato il vostro sostegno nella lotta? Certo, il nostro dolore è grande ma, tra noi si sono creati dei legami affettivi molto saldi che compensano in parte la famiglia che la dittatura ci ha distrutto. Quando sentiamo meno forza o ci assalgono i dubbi pensiamo agli scomparsi, ai figli di tutte che sentiamo come nostri, e questo ci dà molto coraggio.

Dopo la promulgazione della legge sulla morte presunta degli scomparsi avete iniziato a girare l’Europa per sollecitare solidarietà e prese di posizione. Volete spiegarci in breve che cosa dice questa legge e come hanno risposto i governi dell’Europa democratica?

Il 30 agosto di quest’anno in seguito alle continue pressioni sia interne che internazionali la giunta militare si è vista obbligata a dare una risposta sul la tragedia dei più di trentamila “desparecidos”. La legge, la nr. 22068 dichiara la morte presunta della persona scomparsa che, previa richiesta giudiziaria fatta con un editto pubblicato per 5 giorni, non si presenta davanti all’autorità entro 90 giorni. Insomma si è così legalizzato il genocidio in Argentina, e riconosciuto implicitamente che i sequestri sono opera loro! Il popolo dell’Europa si è mostrato sensibile e solidale verso il nostro dramma. Diversa è stata la posizione dei governi, nessuno escluso, che non sono andati oltre una generica dichiarazione di “preoccupazione”. Non riusciamo a comprendere come gli stessi governi si siano giustamente pronunciati in ripetute condanne nei confronti di Pinochet quando anche in Argentina vi è lo stesso regime di “terrorismo di Stato”?

(..Mah! Io girerei questo interrogativo alla nostra Sinistra…). Avete chiesto udienza al papa?

Sì, in molte occasioni. Già a Paolo VI abbiamo chiesto insistentemente udienza sempre con risultati negativi. Per questo motivo il 19 settembre abbiamo deciso di andare all’udienza pubblica. Ci siamo mescolate ad un gruppo di pellegrini e ci siamo avvicinate al Papa, mentre passava sulla sua auto gli abbiamo preso le mani e gli abbiamo detto consegnandogli un appello: “Santo Padre siamo le pazze di Piazza di Maggio, vogliamo essere ricevute da lei…”. Ci ha risposto in spagnolo: “Fidale a mi secretano”. “Santo Padre faccia qualche cosa per i 30.000 scomparsi in Argentina!”. Ci ha chiesto: “Sono tanti gli scomparsi in Argentina?”.

Abbiamo pianto di dolore e disperazione, non capivamo come potesse chiederci una cosa del genere — è il caso di dire — “cadendo dalle nuvole” — E’ stato allora così spontaneo nel silenzio della piazza gremita, al momento della benedizione, gridare con tutta la voce che avevo in corpo “Santo Padre chiediamo una benedizione per i 30.000 scomparsi che stanno morendo giorno per giorno”. Ha sentito certamente! …Allora è anche merito vostro la recente condanna del Papa alla violazione dei diritti umani in Argentina? No, non è solo merito nostro, ma di tutti quelli che hanno lavorato per l’Argentina qui a Roma in particolare i preti e la comunità della parrocchia della Trasfigurazione. Voi siete cattoliche? Che cosa ne pensate della Chiesa argentina? Sì, siamo cattoliche. L’Argentina è uno Stato cattolico. Anche la giunta militare dice di agire in nome di Dio e per una “civiltà occidentale e cristiana”… La Chiesa ufficiale argentina è connivente con il regime. Basti citare Adolfo Tortolo, vicario castrense, il superiore dei cappellani militari, che è generale di brigata, Sansierra vescovo di San Juan. Il cardinale Aramburu vescovo di Buenos Aires, e molti altri. Ma, ci sono eccezioni a cui vogliamo rendere omaggio: mons. Angelelli schierato con i poveri, con il suo popolo, morto in un misterioso incidente. Mons. Novak, Haseyne, mons. De Nevares vescovo di Neuquen, ed altri. Tutti loro denunciano la violazione dei diritti umani in Argentina.

Oggi, con i vostri figli scomparsi o morti per un ideale quali sono le vostre riflessioni sulla maternità. Vi ho sentito dire che i vostri figli vi hanno insegnato molto. Che cosa esattamente? Credo che questa sia una risposta da dare separatamente, per quello che mi riguarda sono orgogliosa di avere avuto dei figli come Adriana e Michelangelo, così umani e altruisti, protesi ad un futuro migliore. Da loro ho imparato ad essere meno egoista a comprendere di più la dimensione sociale, oggi il loro esempio mi dà molta forza nella lotta ed ha ampliato la mia maternità perché non lotto solo per i miei figli, ma per tutti quelli che oggi soffrono. Oggi che ho perduto i miei tre figli e come hai già detto sono morti per un ideale, se tornassi indietro tornerei ad essere madre di questi figli. Sento profondamente che è il sentimento più bello che possa avere una donna. Per me la loro lotta è un continuo insegnamento anche perché ispirata ai veri valori cristiani.

Oggi siete a Roma, ospiti di una parrocchia (che quest’anno non si è potuta permettere neanche il riscaldamento) e di tutta la sua comunità; avete vitto, alloggio, danaro, tutte forme di solidarietà che avrebbero dovuto venire da altre organizzazioni, si chiamino partiti, sindacati o movimenti. Che cosa chiedete a queste organizzazioni per questo Natale?

Chiediamo al governo italiano che intervenga direttamente e pubblicamente (visto che a detta loro fanno segreti interventi diplomatici) presso il governo Argentino affinché ricompaiano le migliaia di detenuti scomparsi e vengano rimessi in libertà i prigionieri politici italiani senza capi d’accusa. Che il Ministero degli Esteri renda pubblica la lista di questi scomparsi che è in mano sua da molto tempo e che continua a rifiutare a chi la chiede sostenendo che è “un segreto di Stato”.

(Sono 7000 i detenuti scomparsi di origine italiana e 700 quelli con nazionalità italiana).

 

quale solidarietà?

«”Effe” si può permettere di scrivere sull’Argentina anche cose sgradite a qualcuno…»

A questa intervista ci sono tante cose da aggiungere che forse Angela e Giovanna non possono e non vogliono dire perché chi chiede solidarietà deve tacere anche di fronte alle promesse vaghe e dire grazie. Io non ho questi obblighi diciamo diplomatici, ed ho a disposizione una testata che per nostra fortuna rappresenta il ruggito del topo per gli elefanti che proprio in questo periodo stanno preparando manovre di concentrazione di testate «che fanno opinione». Rizzoli, Caracciolo, Mondadori discutono sulle sorti del “Messaggero” e del “Tempo”, Monti (il petroliere) proprietario della “Nazione” e del “Resto del Carlino”, svenderà quanto prima alla Fiat ecc. Pensate un po’: Effe si può permettere di scrivere sull’Argentina anche cose sgradite a qualcuno. Ci pensate che al “Corriere della Sera” è categoricamente vietato scrivere articoli sull’Argentina? (che non siano ovviamente di calcio o meteorologia…). Al punto tale che non ha nemmeno riportato il discorso del Papa di domenica 18 novembre nel quale — bontà sua — ha menzionato l’Argentina naturalmente assieme alla Cecoslovacchia ed alla Cambogia, come paesi nei quali si violano i diritti umani. Durante i mondiali di calcio (tenuti in Argentina), il loro inviato speciale, l’ineffabile Paolo Bugialli, ha avuto il coraggio di scrivere: «La gente mi ha fermato per strada e quando sapeva che ero un giornalista italiano mi chiedevano di scrivere la verità, di denunciare la repressione e la tortura che si svolgeva a pochi passi dallo stadio di calcio… Io dico la verità: che ho trovato un paese tranquillo ed accogliente e che anche in Italia le BR hanno torturato ed ucciso Aldo Moro, forse a pochi passi dallo stadio Olimpico…».

E dopo questa perla di spalla in prima pagina, dal 78 ad oggi il silenzio più assoluto (Sui 30.000 scomparsi; sul 170 per cento di inflazione annua; sulle torture perfino sui bambini). Sarà forse che la Rizzoli proprietaria del “Corriere” ha tanti interessi in Argentina? Infatti possiede ben cinque testate tra le più importanti del paese. Tra queste naturalmente la solita rivista femminile “Para ti” che durante i mondiali di calcio sollecitava le lettrici a scrivere agli organismi internazionali (Amnesty, Caritas ecc.) per dire che i sequestri e la repressione erano tutte invenzioni della sovversione. In perfetta armonia con il Nostro del “Corriere” (Perché la Fallaci come secondo debutto non fa una bella intervista a Videla chiedendogli magari che fine hanno fatto gli italiani scomparsi in Argentina? Sia chiaro comunque che i grossi interessi in Argentina non si chiamano solo Rizzoli, ma: Fiat, Pirelli, Olivetti, Techint ecc.). L’altra faccia della medaglia è l’atteggiamento della nostra sinistra verso l’Argentina, ed è un po’ meno scontato perché non si sa quali interessi possa difendere impegnandosi in maniera diciamo tiepida nella solidarietà e denuncia. Credo che tutte noi possiamo fare un raffronto tra le colossali manifestazioni da 30,000 persone al palazzo dello sport di Roma per il Cile organizzate dal PCI, ed il fatto che davanti all’Ambasciata Argentina nell’anniversario del golpe di marzo eravamo in 52 (contate io). Brillavano per la loro assenza di mobilitazione partiti e sindacati. Nello sparuto gruppo si è vista solo Maria Magnani Noya e il buon vecchio Terracini. Ebbene l’unica manifestazione di massa l’ha promossa il movimento femminista proponendo la concentrazione del corteo dell’g marzo a piazza Esquilino sede dell’ambasciata, in segno di solidarietà con le donne argentine che con i loro fazzoletti bianchi continuavano ostinatamente a riunirsi lì tutti i giovedì. Quali siano i motivi di questa solidarietà di serie B, è difficile da dire. Indubbiamente c’è la particolarità della storia politica dell’Argentina, vale a dire Juan Domingo Peron ed Eva Peron. La figura di Peron è tutt’oggi conosciuta e mistificata in Europa, oscillando tra la definizione di fascista e quella di populista. Ma, che ci stia bene o no, la classe operaia argentina che ha lottato sempre strenuamente attraverso la sua potente organizzazione sindacale contro tutte le dittature di turno, è peronista nella sua stragrande maggioranza. E forse per lo schematismo ideologico del nostro PC questa cosa disturba.

Avrà pure qualche significato che il partito comunista argentino, pur esistendo nel paese da 65 anni, nelle ultime elezioni abbia preso il 2% dei voti. Ma questo sarebbe niente. A febbraio di quest’anno presso la sezione del PC Campitelli di Roma, c’è stato un incontro con Iscaro — della segreteria del PCA — iri Italia per partecipare al congresso. Ebbene secondo il partito nella giunta militare ci sarebbero i falchi e le colombe, noi qui non conosciamo la situazione, che in fondo Videla è un democratico, che bisogna battersi solo contro la violazione dei diritti umani e nulla più, ecc. Come dire reprimete pure, svendete pure il paese alle multinazionali, affamate il popolo (in un paese che possiede 58 milioni di capi di bestiame, ed il 50% della produzione di grano esportabile), ma trattate con tutti i riguardi i prigionieri politici. Ad un festival dell’Unità Internazionalista di Roma dell’anno scorso allo stand dell’Argentina ( gestito ovviamente dal PCA) troneggiava la fotografia di Videla. Mah!

Anche l’internazionale socialista mantiene una posizione temporeggiatrice. All’inizio dell’anno sull'”Avanti!” è apparso uno stesso identico articolo contemporaneamente al “Tempo” nel quale presentando una oscura storia si definivano «terroristi» alcuni membri della resistenza argentina in esilio (ricevuti peraltro da Kraeski, da Willy Brandt ed altri). Mah! Insomma l’Argentina è proprio una patata bollente!

In Francia tre donne argentine sopravvissute alla famigerata scuola di meccanica della marina, denunciano ad ottobre di quest’anno con un inconfutabile dossier un massacro di 5.000 persone avvenuto in questa scuola sotto la regia dell’amm. Massera, Mentre il nostro attivissimo Ministero degli Esteri attraverso Zamberletti invia navi ai profughi Vietnamiti con gran batter di grancassa dei mass media (i quali profughi oggi giacciono reietti e abbandonati — è il caso di dire dopo l’uso — nelle colonie della CRI), o vola in Nicaragua a promettere aiuti, Malfatti, Cossiga ed Andreotti ricevono il suddetto Massera in giro di auto-promocion per l’Europa.

L’unica cosa che mi consola è che dopo la presenza di Videla all’incoronazione di Giovanni Paolo I, il poverino è deceduto, e che a Malfatti dopo l’incontro con Massera gli è preso un infarto. Spargete la voce…

(fine prima parte)

le cifre del genocidio

«In Argentina dovranno morire tutti coloro che sarà necessario per restaurare la pace nel paese»; (Gen. J. R. Videla, presidente della giunta militare, 23 ottobre 1975). «Prima ammazzeremo tutti i sovversivi, poi i collaboratori, quindi i simpatizzanti e, infine i timidi»; (Gen. Saint-Jean, governatore militare della provincia di Buenos Aires).

Popolazione argentina: 25.011.000. Forze al servizio della repressione: 335.200 uomini. (Senza contare gli agenti dello spionaggio nelle fabbriche, nei quartieri, nelle scuole, ecc.), 5.000 assassinati tra i prigionieri politici (molti nella scuola di meccanica della Marina). 15.000 incarcerati tra sindacalisti, operai, studenti. 30.000 sequestrati scomparsi. 50 campi di concentramento. La tortura elevata a sistema. Centinaia di donne incinte catturate e imprigionate e delle quali non si sa più nulla come dei loro bambini.