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salviamo la faccia

una direttiva CEE ha messo al bando più di 300 sostanze dannose usate nei cosmetici. L’Italia non si è adeguata, perché?

ottobre 1979

il 27 luglio 1976 il Consiglio della Comunità Europea, ha approvato una direttiva che concerne l’adeguamento delle legislazioni degli Stati che fanno parte della CEE, sui cosmetici. Il preambolo spiega che per raggiungere l’obiettivo di salvaguardare la salute dei cittadini, pur tenendo conto delle necessità economiche, è necessario che le regole che devono essere osservate per quanto riguarda la composizione, l’etichettatura e l’imballaggio, devono essere prese a livello comunitario. Il primo articolo identifica i prodotti cosmetici in “quelle sostanze o preparati destinati a essere messi a contatto con le diverse parti superficiali del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capillare, unghie, labbra e organi genitali esterni) o con i denti e le mucose della bocca, per profumarli, proteggerli, modificarne l’aspetto o correggere gli odori” (la tabella n, 1 annessa alle direttive ne elenca una lista indicativa: creme, emulsioni, maschere, profumi, lacche, depilatori, deodoranti, tinture per capelli, creme depilatorie e solari, dentrifici ecc.). Gli articoli due e tre stabiliscono che i prodotti cosmetici non devono essere nocivi e che perciò gli Stati membri devono prendere provvedimenti per impedire che siano messi sul mercato prodotti che non corrispondano alle prescrizioni delle direttive e devono impedire la fabbricazione e la vendita di cosmetici che contengono le 361 sostanze elencate nella tabella n. 2 [fra le quali ad esempio troviamo accanto all’Acido trichloracetico foglie e radici di Aconitum napellus (n. 10 e 11 della tabella), accanto all’arsenico e ai suoi composti, l’Atropa belladonna (n. 43 e 44) accanto ai sali di cromo, il frutto e la polvere del Conium maculatimi (n. 97 e 99), cobalto, sulfuro di carbonio ecc.]. L’art. 4 stabilisce inoltre che altre sostanze (elencate nella prima parte della tabella n. 3, non devono essere utilizzate se non nei limiti e alle condizioni indicate (in queste tabelle, il primo prodotto è l’acido borico del quale è detto che la concentrazione massima deve essere del 5 per cento nel talco, dello 0,5 per cento nei prodotti curativi della bocca, del 3 per cento in tutti gli altri e che non deve essere usato per i bambini sotto i 3 anni!). La seconda parte della tabella n. 3 elenca i coloranti ammessi per i prodotti destinati a essere usati in prossimità degli occhi, delle labbra, della cavità orale e degli organi genitali esterni.

L’art. 6 dispone che sul contenitore deve essere indicato il nome e l’indirizzo del fabbricante, il contenuto nominale, la data di scadenza, le precauzioni per l’impiego, e che sull’etichetta, nella presentazione e nelle pubblicazioni che lo reclamizzano non devono essere attribuite al prodotto, caratteristiche che non possiede. L’art. 9 istituisce un comitato che curi l’adattamento delle norme al progresso scientifico e infine l’art. 14 impegna gli Stati a fare entro 18 mesi la legge nazionale applicativa delle disposizioni della Direttiva.

L’Italia non ha ancora fatto la legge. Con la conseguenza che i nostri prodotti non sono conformi alla direttiva e per tale ragione gli altri paesi ne possono interdire la circolazione. Per di più i servizi giuridici della Comunità stanno decidendo di mettere l’Italia in infrazione.

Ma la cosa più grave è che, prodotti nocivi italiani e di ditte straniere ma confezionati in Italia o per l’Italia circolano senza controllo sul nostro mercato, compresi numerosi ed. prodotti alle erbe (shampoings, bagni di schiuma, dentifrici, lozioni per capelli) che puntano sulla propensione a usare prodotti alternativi e naturali, ma che in realtà contengono coloranti e magari elementi che dovrebbero essere proibiti.

In Francia è stata fatta una legge molto severa che va oltre le disposizioni della direttiva (il che non può certo consentire, come vorrebbero i francesi, che sia proibita la vendita in quel paese dei prodotti stranieri anch’essi conformi alla direttiva), ma che molto giustamente impone di scrivere sull’etichetta l’esatta composizione chimica del prodotto. Questa soluzione, unita evidentemente alla diffusione della conoscenza delle tabelle delle sostanze e dei coloranti che non devono essere contenuti in un cosmetico è l’unica possibilità di garantirci dal rischio che i cosiddetti “prodotti di bellezza’ continuino a causare gravi malattie e non
solo della pelle.

 

P.S. – Presso il Centro Documentazione dì “EFFE” è disponibile la direttiva 76/786 CEE e le tabelle annesse.

Il dentifricio «Lucrezia Borgia»?

L’ex ministro della Repubblica Tina Anselmi, con la quale abbiamo un conto aperto per non avere ella adempiuto ai compiti che la legge 194 le imponeva, è inadempiente anche nei confronti della direttiva comunitaria sui cosmetici. La riteneva di così scarsa importanza? O forse costa troppo ai produttori italiani adeguarsi a tale normativa?

Sappiamo troppo bene che l’inquinamento del mare o dei fiumi o dell’aria, così come le sofisticazioni alimentari, non dipendono solo e sempre da negligenza e da ignoranza ma dal fatto che adempiere alle norme anti-inquinamento diminuisce i profitti.

Nella convinzione che le donne debbono essere in prima linea nella lotta per la tutela degli interessi dei consumatori, nell’ultimo numero di EFFE (settembre 1979) abbiamo lanciato la proposta di costituire un gruppo «consumatrici contro». Molte donne ci hanno scritto da varie parti d’Italia. Il gruppo si sta allargando. La nostra prima azione è di chiedere un incontro con il Ministro Altissimo per conoscere li motivi per i quali egli stesso non ha ancora presentato la legge in Parlamento. Ma soprattutto perché la legge non sia una legge «qualsiasi», di adempimento formale alle direttive CEE, ma appresti tutti gli strumenti per l’esatta applicazione delle norme destinate a tutelare la nostra salute.