stampa delle donne
fare i conti, farli insieme
arrivare in edicola tutte le settimane, per un giornale delle donne, è un’ impresa. E’ un’impresa far sentire la nostra voce in mezzo alle voci degli altri. E’ un’impresa esercitare il nostro potere di informare da donne, per le donne. E’ un’impresa farsi conoscere allargare il circuito delle proprie lettrici, misurarsi con l’influenza dei mass-media. E’ un’impresa esercitare la nostra autonomia politica, culturale, all’interno del mercato. Fare i conti con le sue leggi: i costi che ci impone, le difficoltà di distribuzione per raggiungere il maggior numero di donne possibile. E’ un’impresa ‘tenere il bilancio economico di un’azienda. E’ un’ impresa costruire una professionalità giornalistica a misura di donna, capace di parlare alle donne, di esprimere la politica del movimento, di suscitare nuove idee. E’ un’impresa diventare contrattuali: imporre una nostra visione delle cose, fondata sulla specificità femminile, esprimere una nostra lettura dell’economia, confrontarci con la pubblicità per pretendere che serva a informare e non a mercificarci.., Insomma, un giornale del movimento delle è fatto di tutte queste cose. Noi di Noi donne, con il rilancio della nostra cooperativa editrice, la “Libera Stampa”, vogliamo socializzarle. Alle donne, alle lettrici, alle abbonate, a tutte quelle che sono interessate al nostro progetto, chiediamo non una sottoscrizione per il giornale, ma di entrare in cooperativa per gestire insieme questa nostra impresa. La linea del giornale, la sua immagine, il modo di fare informazione; ma anche il bilancio, come spendere i soldi, come distribuire e far conoscere il nostro settimanale. Insomma, non chiediamo soltanto un atto di solidarietà ma, insieme a una quota in denaro, una quota di partecipazione all’autogestione. La nostra cooperativa ha già dieci anni di vita ed è unica nel suo genere perché associa, oltre a chi lo produce e lo diffonde, anche le lettrici. Nel 1969, in un momento di grande difficoltà per la libertà di informazione, minacciata dalla concentrazione delle testate, la Cooperativa “Libera Stampa” esprimeva un atto di autonomia politica: far vivere, “contro la manipolazione delle coscienze”, l’unico giornale femminile “diverso”. Allora, infatti, eravamo sole, e raccogliemmo l’adesione di diciottomila soci, che dettero alla cooperativa la sua fisionomia di impresa collettiva, fondata sulla partecipazione delle lettrici. Adesso non siamo più sole: Effe, DWF, Quotidiano Donna hanno arricchito il panorama dell’informazione delle donne. Il movimento è cresciuto, si è diversificato. Ed è proprio la crescita della coscienza e della politica delle donne che ci sollecita a rilanciare oggi, in modo nuovo, la nostra cooperativa.
Da diciottomila vogliamo diventare quarantamila socie: e basare sull’arto mento della cooperativa un nuovo tino d imprenditorialità, capace di esprime re non solo — come è stato dieci anni fa — la volontà di far esistere il giornale, ma anche l’effettiva gestione da parte delle socie di un’azienda che produce informazione. L’abbiamo chiamata imprenditorialità femminile. Qualcuna forse dirà che il termine è molto emancipa torio. Secondo noi, è diventato impossibile oggi far camminare le idee della liberazione, senza il supporto dell’emancipazione collettiva. Per un giornale non assistito, che non abbia e non voglia avere padri-protettori, questo significa costruire e rafforzare concretamente insieme un’imprenditorialità capace di sfidare le leggi maschili del mercato. Per poter raggiungere tante più lettrici, tante più donne che oggi non hanno ancora canali di comunicazione diretta col movimento.