i sette vizi capitali a proposito della polemica roma-milano
1
Quando la folla minacciosa delle donne stuprate imboccò via Monte Napoleone per raggiungere il castello dei Cova qualcuno gridò: «Dategli delle brioches!».
2
Quando Jack lo Stupratore ammise di fronte ai giudici in un’aula superaffollata di aver commesso il fatto “senza fallo” l’Italia si divise in due.
3
Quando Lia Cigarini, sorpresa a rubare alla Rinascente, fu sbattuta in una cella incontrò lei, la simulatrice che aveva appena preso sonno e giaceva riversa, la testa rovesciata, splendida. Eccola finalmente, opaca come Psiche, colei che tutto afferma e che tutto nega. Parlarono fitto fitto tutta la notte in barba alla Giustizia.
4
Quando mi trovo a pagare le tasse, superando ogni volta un’enorme resistenza, mi chiedo: «Vogliamo sentirci dire: anche le donne pagano le tasse, oppure vogliamo riconoscere questa resistenza a farlo come estraneità e quindi come punto di forza per un progetto alternativo rispetto alla società?».
5
Quando la signora Rossi raccontò, un po’ stravolta dal rossore, che quella famosa sera aveva detto al marito: «Fammi qualcosa di selvaggio», il giudice assolse immediatamente il signor Rossi, anche se aveva violentato la moglie insieme a cinque amici. Alla signora Rossi non rimase che constatare la poca souplesse semantica del marito.
6
Quando per ragioni burocratiche mi chiedono il certificato di nascita, sorrido. Dovrei rispondere con un lungo discorso, frutto di una inesausta riflessione di anni e anni: «Chi sono, ci sono, esisto?». Chissà se farei prima a fare questo discorso o a fare la coda allo sportello della circoscrizione…
7
Quando nella fumosa assemblea di Movimento finalmente si delinearono due linee riconoscibili, una «noi siamo dentro perché siamo fuori» e l’altra «noi siamo fuori perché siamo dentro», la solita mediatrice propose un convegno a Teano.
N.B. – Attenzione. Quando la Traviata canta «Sempre libera degg’io…» ha già perso se stessa. Chi si dà programmi troppo rigidi, se è onesto, di solito non ce la fa.