testimonianza di una pratica atroce l’excisione

marzo 1976

dal muro di cinta della mia casa si potevano vedere nel cortile attiguo i grandi bacili d’acqua in cui donne e uomini venivano a fare le loro abluzioni. Fu così che un giorno scoprii quale selvaggia mutilazione sia l’excisione che si infligge alle donne del mio paese all’età di 10-12 anni, cioè un anno prima della pubertà.

Fatou era distesa per terra. Sei donne, di cui la più anziana, la praticona, era della sua stessa famiglia, la circondavano.

Fatou era tenuta saldamente dalle donne che le mantenevano le gambe divaricate e tentavano di controllare i sussulti disperati del suo corpo. Procedettero all’intervento senza la minima cura igienica e senza prendere nessuna precauzione. La vecchia, con l’aiuto di un coccio di bottiglia diede un colpo di trincetto nella parte superiore del sesso della mia amica per procedere all’asportazione. Il coccio poco tagliente non incise molto in profondità e la mammana dovette ripetere l’operazione’ altre volte.

Il sangue sgorgava, la mia amica gridava e le preghiere salmodiate non riuscivano a coprire i suoi pianti. Quando la clitoride fu recisa, le donne gridarono la loro gioia e costrinsero Fatou ad alzarsi nonostante l’abbondante emorragia, per condurla per le strade del villaggio.

Rivestita di un bianco perizoma, i seni nudi, mentre fino al giorno dell’excisione le donne non si mostrano mai nude in pubblico, camminava con difficoltà.

Una dozzina di donne, giovani e meno giovani, cantava dietro di lei, accompagnandosi con uno strumento musicale fatto di dischi di zucca. Avvisavano il villaggio che la mia amica era «pronta» per il matrimonio. In Guinea, effettivamente, nessun uomo sposa una donna non excisa e non vergine, salvo rarissime eccezioni. La cicatrizzazione richiede da 2 a 3 settimane ed è accompagnata da dolori atroci. La mia amica urlava ogni volta che doveva orinare. Per calmare il bruciore, portava con sé una brocchetta d’acqua che versava a poco a poco sulla ferita mentre orinava. Nonostante tutto ebbe la fortuna di non subire complicazioni. In effetti le infezioni, le complicazioni dipendenti dalla resezione del condotto urinario o del perineo non sono infrequenti. A qualcuna delle mie amiche accadeva che si formasse nel punto della resezione del nervo clitorideo un tumore benigno che scatenava dei dolori laceranti, simili a quelli del moncherino di alcuni mutilati.

L’excisione si pratica nello Yemen, in Arabia Saudita, in Syria, nella Costa D’Avorio, presso i Dagons del Niger, i Manding del Mali, nel nord del Senegal e in numerose altre tribù africane. Vorrei aggiungere che in altri paesi questa selvaggia mutilazione non è sufficiente e che occorre ancora cucire la donna per alienarla completamente dalla sua sessualità. Dopo aver tagliato una parte delle grandi labbra, esse vengono riavvicinate, trapassate con spine e lasciate cicatrizzare, lasciando appena un orifizio necessario al passaggio del sangue e dell’orina. La giovane sposa che non ha in genere che 13 o 15 anni si fa riaprire dal rasoio in occasione della sua prima notte di nozze. Il marito però può esigere che la moglie ripeta l’operazione se si prospetta una sua assenza prolungata. Mi appello alla solidarietà delle donne per far cessare questa barbarie. Mi appello alla solidarietà delle donne perché sia loro riconosciuta quella dignità di esseri umani che è loro negata come è negato loro il possesso del proprio corpo e della propria anima. Mi appello alla solidarietà delle donne, perché cessi l’oppressione patriarcale fondata sulla paura, sull’odio dei nostri corpi e sulla violenza.