tra linguaggio e immagine
“Dalla pagina allo spazio” è il titolo della mostra che si è svolta a New York
a New York, presso la Columbia University, si è svolta dal 27 novembre al 7 dicembre una mostra dal titolo Front page to space (da pagina a spazio), donne nell’avanguardia italiana tra linguaggio e immagine. Curata da Mirella Bentivoglio, essa offre esempi dell’incontro tra linguaggio e immagine in ambito femminile dalle prime sperimentazioni futuriste fino ad oggi. E’ questo il nono appuntamento annuale del “censimento” che Mirella Bentivoglio va ripetendo e aggiornando, ogni volta in una città diversa a cominciare dal ’72 al centro Tool di Milano e via via ampliata nelle successive edizioni a Savona (Centro d’Arte il Brandale), Roma, Torino, Venezia, Bari. Data l’ampiezza che il gruppo internazionale ha raggiunto (80 presenze alla Biennale di Venezia) quest’anno per la prima volta la verifica si svolge a livello nazionale, ma in una sede oltreoceano. La rassegna ha ospitato le opere di 35; artiste, tutte italiane o operanti nel contesto culturale italiano. Il futurismo aveva già operato la distruzione della sintassi e postulato la libertà assoluta della parola, l’immaginazione senza fili: “libertà assoluta delle immagini o analogie, espresse con parole slegate, senza conduttori sintattici e senza alcuna punteggiatura”, dicevano i futuristi.
Successivamente nella seconda metà del secolo le neoavanguardie e il Gruppo ’63 ideavano un linguaggio che comunicasse la negazione della comunicazione esistente e quindi lo scardinamento di ogni struttura sintattica e di ogni dimensione semantica. Diceva Balestrini nel ’60: “Una poesia dunque come opposizione, opposizione al dogma e al conformismo che minaccia il nostro cammino”. Se i futuristi hanno rotto la parola, i visivi e i previsivi hanno rotto la pagina.
Perché cercare la donna in questo diaframma nato con le avanguardie storiche e sviluppato dalle neoavanguardie? “In questa rottura la donna ho trovato qualcosa che le riguardava — dice Mirella Bentivoglio — cercare la donna tra linguaggio e immagine significa, in senso lato, prendere atto del suo incontro con il mondo maschile. Logos (linguaggio e legge) di fronte a mater (madre e materia). La contrapposizione poetica avviene tra il ‘codice’ che determina dei significati ‘codificati’ ossia le idee astratte della cosa, e il ‘significante’ ossia le qualità fisiche della cosa stessa”.
Destinata in passato ad essere strumentalizzata dal compagno, all’impossibilità di esprimersi attraverso il linguaggio codificato e le istituzioni, la donna non è stata distratta dal rumore, dal “parlare”, dalla burocrazia, essa non vede nella parola il significato dato, ma cerca quello più profondo, guarda il suono, la forma, sposa l’immagine alla parola, atto che nasce da un inconscio così ignaro dei codici prestabiliti. Ella non usa la lingua per quello che è: fa significare altro e rende il più autonomo possibile il significante. Come nella poesia i due codici (linguaggio e immagine), così nella società i due ruoli istituzionali, dell’uomo e della donna, si stanno spezzando. La loro ridefinizione in un rapporto di più autentica complementarietà sarà l’obiettivo di un lacerante cammino. La donna è la muta secolare: il “ruolo” la votava ad attività manuali, che hanno mantenuta viva la sua capacità di evasione nell’immaginativo. Chiusa nel guscio della sua casa, la donna scavava in se stessa e l’emarginazione non le ha permesso di alienarsi nei codici che ha subito solo come legge. La rassegna prescinde dai documenti fondati sul solo codice linguistico e si avventura tra le sperimentazioni che mirano ad un’espressione non condizionata. Li accomuna la sigla più o meno provvisoria di ‘operazioni poetiche’. Le etichette critiche dei gruppi e delle tendenze (lettrismo, poesia concreta, spazialismo, poesia visiva etc.) non devono far dimenticare che se il destino di ogni momento di rottura è quello di coagularsi in istituzione, gli esempi qui riuniti possono documentare la spontanea deviazione dagli schemi delle avanguardie propriamente dette. Dalle sintesi grafiche di Benedetta M annetti (1924) alle invenzioni coreutiche di Giannina Censi (1929) alle ricerche tattili-spaziali-linguistiche delle artiste di matrice futurista i(iRegina con la trascrizione sillabica del canto del canarino; Maria Ferrerò Gussago con i suoi numeri in libertà formulati su reti coperte di materia pittorica) la documentazione si sposta via via sulle ricerche degli anni sessanta nel campo delle scritture <a cominciare dal grande ‘libro dei preti’ della comune Balzarro – Gardini – Paparetti del ’61) e della poesia concreta e visiva, fino alle attuali performances, ai recital, alle mimodanze su testi verbali (Elsa Piperno, ‘Cliché’), alla poesia gestuale (Meija, Bentivoglio).
Nel campo del volume oggetto la donna in Italia ha un peso rilevante: dal ‘libro dei preti’ nel ’61, al diario materico di Elisabetta Gut, al libro senza parole di Lia Drei edito nel ’69 in cui lo spazio viene restituito al libro che diventa il libro della relatività: nessuna pagina vale per .se stessa ma nel rapporto con le altre; fino ai volumi oggetto di Sve-va Lanza, la quale trova, nella corda e nelle lane, i colori e i segni, un gesto mitico e femminile in cui si celano le origini stesse della scrittura; Maria Lai da anni traccia fili di scrittura su diari-telaio e da questi ‘libri illeggibili’ è approdata recentemente a una esplicita scrittura asemantica di fili su carta e su stoffa: Gisella Meo taglia labirinti su grandi riquadri e li trasforma in oggetti fluenti.
Nel marzo ’79 una parte delle operatrici presenti a Venezia ed ora a New York vennero invitate dal Kunsterverein di Miinster, museo statale della Germania Occidentale, per partecipare alla collettiva internazionale di artisti e artiste “Linguaggio al di là della poesia”. Per la prima volta perciò il numero delle presenze femminili in una esposizione “mista” rispettava e forse superava la reale proporzione tra artisti dei due sessi: circa un quinto di presenze femminili. La separatezza transitoria e strumentale, delle mostre-ghetto sta raggiungendo lo scopo: attirare l’attenzione sulla ‘qualità del lavoro della donna, compromessa da un passato di attitudine dilettantesca, dovuta ad un ruolo subordinato ed espropriarne.