i nuovi programmi delle donne del GRIF
anche in Belgio parte un progetto di Università delle donne.
nel 1973 usciva il primo numero dei “Cahiers du GRIF”: “Le feminisme, pour quoi faire”?. Debuttava così la prima (e per due anni l’unica) rivista femminista di lingua francese. Alla fine del 1978, dopo ventiquattro numeri monografici diffusi, oltre che in Francia e Belgio, in Italia, Inghilterra, Germania e Usa, le donne del Grif decidevano di chiudere. Un “suicidio” meditato, non motivato da ragioni economiche (i Cahiers erano in pieno sviluppo) ma dalla necessità di “ritirarsi e riflettere” sull’evoluzione del femminismo. “Eravamo consapevoli di essere a una svolta. — dice Francoise Collin, una delle fondatrici del gruppo, che ho incontrato nella nuova sede del collettivo, una quieta palazzina bianca nel centro di Bruxelles —, Il femminismo, le cui idee, all’inizio, avevano causato uno choc, si era diffuso attraverso i mass media: il che ne garantiva l’espansione, ma nello stesso tempo costituiva una minaccia di recupero e di svuotamento”. Per capire e fronteggiare questa nuova fase, era necessaria una tregua. “A questo bisogna aggiungere i soliti problemi interni, tipici di ogni collettivo femminista, la stanchezza di molte di noi dopo cinque anni di lavoro militante, la voglia di fare altre cose” — riflette un attimo — “e soprattutto, come abbiamo scritto nell’ editoriale di chiusura la preoccupazione di non trasformare i Cahiers, e noi stesse, in un’istituzione”. Un anno dopo, il Grif ricompare (le carte si sono però rimescolate e alcune delle “vecchie” se ne sono andate, in parte confluite in una nuova rivista, “Vovelle”, di tipo femminismo-di-consumo). E torna in campo con un’iniziativa ambiziosa: costituire un embrione di Università delle donne, un centro interdisciplinare di studi sulla questione femminile, aperto a tutte. Perché un’università delle donne? Risponde Francoise Collin: “Non solo perché le donne costituiscono una minoranza nelle università esistenti e sono quindi emarginate dai processi decisionali, ma anche perché le questioni che riguardano le donne sono sempre trascurate e il punto di vista delle donne rifiutato sotto la copertura di una scienza e di un linguaggio “universali”. Perché il movimento delle donne ha bisogno di confronti rigorosi, se non vuole essere svuotato e distolto dai suoi obiettivi”. L’università, spiegano le donne del nuovo Grif, “non rinnega il sapere esistente, ma lo mette in questione e lo ‘attraversa’ per mezzo della ricerca e della pratica delle donne”.
Il progetto continua e perfeziona quello originario dei ‘Cahiers’: elaborare un pensiero e un linguaggio femminile che “utilizzando i dati storicamente acquisiti, li ri-investe e se necessario li capovolge”. I tre pilastri su cui poggiano corsi, seminari, dibattiti, tengono a precisare, sono “informazioni sulle varie fasi di ricerca, lotta e creazione, formazione ad una riflessione critica, espressione di un linguaggio strettamente legato alla pratica”. L’università è stata inaugurata con un colloquio internazionale sulla maternità (“enfants de l’homme ou enfants des femmes”) che si è svolto a Bruxelles dal 1° al 4 novembre.
Prese dall’entusiasmo per la nuova impresa, le donne del Grif non sottovalutano però i problemi di questa “rinascita”: economici (eterno cruccio di ogni gruppo femminista), di rapporti con il movimento e all’interno del collettivo. “Un anno di riflessione, però, ci ha aiutato a vedere meglio, a capire meglio le nostre esigenze — osserva Françoise Coilin —. C’è più chiarezza tra noi, più omogeneità sulle scelte di fondo, in particolare sull’esigenza di uno studio serio, rigoroso, sulla necessità di non farci intrappolare dai dogmi ma di riflettere criticamente sulla nostra realtà”.
(1) Grif: Gruppo ricerca informazione femminista.