una estate in provincia

luglio 1974

 

L’idea nasce così. Il paese attonito, incantato e dove tutto è silenzio. Le case, piccole e fantasiose sono punti colorati che costeggiano la strada. Una piazza dove i ragazzi giocano al pallone nelle prime ore del pomeriggio. Una chiesa che pare da presepio e un bar. Un bar ce in tutti i paesi del mondo e non può mancare nel nostro. Tra un caffè espresso e una partita a carambola si fabbricano idee, pettegolezzi e più di tutto si parla di donne. Donne. Chi più chi meno nel nostro bar, tutti ne hanno avute. Troppe. E poi c’è lui, il tipo arrivato. Il ras del paese. Fortissimo. Scende dalla macchina di ottima cilindrata, accende una fortissima sigaretta, parla solo o quasi per ordinare un caffè ristretto e poi si lancia come un disperato al tavolo da biliardo. Di media età. Abbigliamento sportivo, occhio torvo, professione, dicono, sicura. Tanti hobbies. Caccia e connessi.

Si parla spesso di donne dicevo. In genere, il dialogo che piace è proprio questo.

Lui tace, lancia virilissime occhiate intorno per dare a capire che in fondo quello che Eva faceva con lui non avrebbe potuto combinarlo con altri perché, lui, non per dire, con le donne ci sa fare.

I colori della bassa somigliano a certe tele di pittori ingenui. Le finestre sono tanti occhi curiosi. La ottima cilindrata geme, davanti al bar. Ciao. La voce è roca, studiata per essere sexy. Ciao.

E’ sceso lui che ha salutato Eva che cammina spedita col cesto della spesa. Ciao. Eva non sa che dopo la partita lei sola sarà sulla bocca degli avventori. Povera Eva. E ti lasci ingannare dal tono del ras. Tanta vita passava nei tuoi occhi e subito si spegneva. Eva. Tu che potresti vivere nelle isole, non ricordo il nome, dove tre adolescenti dal corpo vergine e simile a uno stelo intrecciano collane per il tuo corpo di donna. Collane di fiori e di frutti rossi. Collane che stringono, delicate, il tuo corpo di donna. Èva, non dire ciao, non dirlo mai. Al bar ti stanno spogliando senza pietà.

Adesso mi fermo nel mio giardino. Anche io ho casa quaggiù. Una casa, un punto tra i tanti della bassa. La primavera è vicina se il calicantus profuma. Il ras oggi ha i nervi. Le discussioni si sono talmente infittite che l’alba lo trova al tavolo del bar. La tizia nuova che lo interessa abita laggiù, nella casa sul fiume. Lei si annoia e lui deve pur mostrare a tutti il suo stile con le donne. Nel vento spesso si nasconde una ragnatela. Lo sa il nostro eroe che sorride e sorride e sorride. La tizia dallo sbadiglio facile, tra una cosa e l’altra decide che è meglio non tessere trame.

Che caos fanno stasera. Li vedo li al grand hotel, per la serata importante. L’estate è finita e loro continuano ad odorare di salsedine e portano al posto degli occhi due cucchiai sempre uguali. Dai, che andiamo a vedere cosa succede. Le donne sono incastrate nel vestito tragico. I maschi dallo stile vagamente liberty ostentano un sorriso, un tantino fuori posto. Tra un secondo comincerà la risata. Tonda, snodata come una biscia, lunga, grassa, brevetto dei maschi di zona. Dai, signorina, se vai con quello, te vedi cosa ti fa! Un altro lui, non bellissimo ma coltissimo. Non alla moda però troppo intelligente, poverino. Mi siedo qui, sul divano un po’ liso. Mi piace, ogni tanto, ascoltare questi maestri del sesso. Il mare stasera ha i nervi a fior di pelle e qui, al grand hotel, i vetri ballano impazziti. Sono state quindici in una stagione. Quindici donne. Se volevo, me ne facevo altre. Le ho mandate in città con molto rimpianto per il sottoscritto. Non sono mica Giorgio, quello racconta palle e non sa fare niente.

Le donne non devono sentire, i maschi pregano di dire la storia del materasso da friggere. Quella si che è buona. Domani incontrerò un conoscente che scrive versi e si crede un genio. In casa sua comanda lui, le donne gli devono lustrare le scarpe e preparare il bagno e che lo facciano con umiltà perché è lui quello che porta i pantaloni e a lui tutto è dovuto. Ciao femminista lo dici come per sfottermi. Lo sai tu quello che faresti alle femministe se ti capitassero sotto mano. Ciao genio. Quello delle quindici donne ha finito la storia del materasso da friggere e in un preciso istante scoppia la risata grassa come il mio budda di malachite.