la mamma è sempre la mamma

dall’analisi dei libri di testo delle scuole ci siamo accorte di aver sbagliato tutto: mamme siamo state, mamme siamo, mamme rimarremo.

ottobre 1978

“e tutti hanno la mamma (1) Stella, stellina la notte s’avvicina la fiamma traballa la mucca è nella stalla la mucca con il vitello la pecora con l’agnello la chioccia con i pulcini la gotta con i gattini e tutti hanno la mamma e tutti fan la nanna”.
Era una canzoncina che cantavamo all’asilo e che abbiamo ritrovato in uno dei libri di testo per le scuole elementari, consultati per verificare se e come è cambiata la figura della donna nelle pubblicazioni destinate ai bambini. Su circa trenta testi esaminati, ben ventisei considerano la donna quasi solo come mamma.
La donna a scuola è ancora quasi sempre o «madre o madonna». I libri seguono lo scorrere delle festività, riproponendo la figura della madonna in prossimità del Natale, e quella materna in occasione della festa della mamma. La festa non è l’unica occasione per parlare di questa mamma che risponde in pieno a modelli culturali che sembrano inamovibili. Ci sono dei libri che pubblicano storie sulle mani della mamma, che sono tanto più preziose tanto più sono arrossate dal lavoro (2), e sulla mamma (la casalinga con i suoi problemi non esiste) che lavora in casa ed è gratificata dai sorrisi e dall’affetto dei familiari (3). Capita anche che l’ideologia che passa in queste pubblicazioni sia ancora più subdola. In questo caso la mamma lavora e il bambino o sta parcheggiato tristemente in un doposcuola, o sta a casa solo e sconsolato, aspettandola (4). La mamma lavora perché le dà un ruolo e le fa piacere, ma, con cattiveria, è dimentica del ruolo che ha in famiglia. Il mito della mamma si acutizza in modi diversi. In un libro troviamo una storia su una mamma che dorme mentre, intorno a lei, un cane abbaia, una macchina strombazza, la signora vicino ha acceso tutti gli elettrodomestici. La mamma non sente niente e continua a dormire ma…. «Ad un tratto, in fondo al corridoio, si udì una voce leggerissima, che diceva, con un sospiro : Mammina. E la donna si svegliò di colpo e corse al letto del figlio che l’aveva chiamata». (5).
Anche nel lavoro la donna è una mamma. In un racconto una classe che intervista la bidella, le fa dire: «La bidella è la custode della scuola e, lasciatemelo dire, è un po’ anche ella la mamma di tutti gli scolari». (6)
Nei rapporti con i bambini la donna deve sempre assumere un ruolo materno: è ciò che le spetta e che il bambino si aspetta da lei.
Sempre della stessa casa editrice, in un altro libro, la figura della donna assume la sua aria più classica di «ocaggine e cretinismo». Oca perché l’unico lavoro che le può dare soddisfazione è fare l’hostess, sempre fresca, sempre bella, sempre gentile, vera padrona di casa su ogni aereo ; sappiamo bene quanto è deleterio, sia a livello fisico che psichico, un lavoro di tal genere. Cretina perché si invitano i bambini a rappresentare una scenetta nella quale un gruppo di donne è causa di una serie di disguidi per non aver meditato su pettegolezzi giunti alle loro orecchie (7). In questi casi in cui si presenta una figura stereotipata è compito dell’insegnante decidere se usare e in che modo il libro di testo. Salvo il fatto che nella nostra scuola l’insegnante ha un modo estremamente soggettivo e univoco di trasmettere i modelli culturali ai bambini. Secondo noi il problema più grande si presenta quando i libri hanno pretese alternative. E tutti le hanno. Tutti i libri sono oramai spregiudicati e all’avanguardia solo perché pubblicano le favole e le filastrocche di Gianni Rodari, brani tratti da Le avventure di Marcovaldo di Italo Calvino e le poesie di Bertolt Brecht. La storia più significativa che abbiamo trovato è «La strada e il focolare» (8). Invita i bambini a riflettere su quanto sia ingiusto che certe professioni le possano fare solo gli uomini e le donne debba stare in casa. Riporta un brano da Dalla parte delle bambine di E. Gianjni Belotti: «in Lucania, quando nasce un maschio si versa una brocca d’acqua per la strada perché il bambino è destinato a percorrere le strade del mondo, se è femmina si versa l’acqua nel focolare a significare che la sua vita si svolgerà nel chiuso delle pareti domestiche». Il testo continua domandandosi se è proprio vero che le donne sanno occuparsi solo dei lavori di casa e, per confutare questa tesi, racconta la storia eclatante di Valentina Terenskova, che fu la prima donna a volare nello spazio; e conclude: Quante donne hanno dimostrato di saper lavorare bene, se non nello spazio, per lo meno fuori delle quattro mure di casa?». Non crediamo che la strada per arrivare alla nostra liberazione passi per lo spazio e né, tanto meno, attraverso lavori fuori dell’ordinario.
Ci sembra inoltre un’ennesima dimostrazione di come i libri per i bambini diano troppo spesso una visione mitica della realtà. Si invitano le bambine ad ammirare la Terenskova e si offre loro un altro e non ben definito lavoro fuori casa, che alla bambina, con la sua immaginazione già protesa nello spazio, non dà più soddisfazione.
Sembrerebbe dai testi riportati che nulla sia cambiato, che la storia della donna non abbia avuto evoluzioni. Volendoli cercare ed usare esistono alcuni libri che considerano la donna in quanto tale. Nella nostra piccola ricerca ne abbiamo trovati almeno due II giornalino della prima B, di Luisa Tosi e i bambini di classe prima (edizione Janus, 1976) e i libri di lettura per il secondo ciclo Leggere per fare, di Albino Bernardini, Lucio Lombardo Radice e il gruppo di lavoro di Pietralata (editi tra il 1977 e il 1978 da Giacomo Agnelli).
Ambedue i libri nascono da lavori di gruppo tra gli insegnanti e i bambini: sono il risultato pratico ed eloquente di cosa si può fare nella scuola aprendo la scuola stessa alla realtà in cui viviamo. La donna nelle sue attività è presente in modo vivo e reale.
«Anche le mamme lavorano» (dal Giornalino della prima B) Tutte le nostre mamme lavorano. Chi in fabbrica. Chi in casa. Chi nei campi. Chi in ufficio. È venuta in classe la mamma di Carla che fa l’operaia. Le abbiamo fatto delle domande.
– Quante ore di lavoro fa al giorno?
– Otto ore meno che al sabato.
– È contenta della paga?
– Non tanto, i soldi non bastano mai.
– Le piace il suo lavoro?
– Si, anche se è faticoso. Alla sera ho la schiena rotta perché sto sempre seduta alla macchina per cucire.
– Le piacerebbe stare a casa?
– Si perché avrei più tempo…. e poi non so a chi lasciare i bambini. Ci fosse almeno un asilo nido per il bimbo piccolo.. Sarei più tranquilla e lavorerei più volentieri se lo sapessi al sicuro. È venuta anche la mamma di Piero che lavora in casa: fa la casalinga.
– È faticoso il suo lavoro?
– Si, c’è da cucinare, stirare, pulire, badare ai bambini e al marito.
– E suo marito è contento del lavoro che fa?
– Brontola sempre, specialmente per il mangiare.
– Quante ore di lavoro fa al giorno?
Non le ho mai contate: da quando mi alzo fino a quando vado a letto la sera. E non mi dicono neanche grazie.
I libri di Bernardini e Radice dividono gli argomenti per lettera. Alla M nel libro per la quinta elementare, si parla di mamma attraverso una poesia di Brecht, una ninna nanna al figlio che deve ancora nascere. Per lui si augura un mondo che non vieti il pane a chi ha fame, che non mandi in guerra gli uomini. Ma il mondo che accoglie il piccolo è ancora un mondo perverso che lo priva del padre.
Alla lettera D, sotto la voce donna, in terza elementare si propongono tre raccontini scritti da bambine.
«Lavorare per essere libera»
«Un giorno ero in cucina che stavo asciugando le pentole e dissi a mia madre: — Uffa Queste faccende di casa, quando sarò grande andrò a lavorare in fabbrica.
La mia mamma disse: Sarebbe meglio che lavorassi in casa e trovassi un marito con tanti soldi che ti mantenesse e non ti mandasse a lavorare. Io dissi: Quell’uomo che mi vuole bene e mi sposa se guadagna tutti i soldi lui poi crede di essere lui il padrone e mi può tenere schiava.
Io voglio lavorare per essere libera e indipendente.
Quasi tutte le donne si sposano per interessi e per sistemarsi o per non rimanere sole in casa e delle volte non sono nemmeno innamorate dell’uomo che sposano.
Ghetta, anni 8»

Bibi, della stessa età, si domanda perché si dice «auguri e figli maschi», e non, per esempio, «auguri e figlie femmine»; e Fabiana, di dieci anni, fa un’analisi sui regali che i bambini, sempre ben distinti a seconda del sesso;, ricevono dagli adulti.
Non abbiamo più mamme affaticate e sempre sorridenti, ma donne e bambine con i loro problemi di tutti i giorni. Anche le favole si rovesciano e Biancaneve e Cenerentola, nel testo per la quarta elementare, si lamentano del loro ruolo di casalinghe in regge piene di matrigne, sorellastre, sette nani e principi azzurri. E per preparare un reame dove ci sia posto per la donna fondano l’U.R.I. (Unione Regine Indipendenti) e cercano lavoro. Nello stesso libro, prima di invitare i bambini a parlare della situazione della donna, si fa loro notare che occorre studiare le differenze di trattamento che la bambina riceve dagli adulti, genitori, parenti, educatori. «Gli adulti fanno cose strane». Ai maschi mettono vestiti azzurri e quando sono grandi i calzoncini. Alle femmine vestiti rosa e quando sono più grandi le gonnelline.
I maschi devono portare i capelli corti mentre le femmine possono tenerli lunghi. E quando i bambini diventano adulti e hanno i figli fanno con loro la stessa cosa. Invece ci sono genitori che chiedono al loro figlio come preferisce andare pettinato.
Gli adulti non trovano strano che una bambina pianga, mentre se vedono piangere un bambino lo prendono in giro. È per questo motivo che i maschi piangono quando nessuno li vede. I ragazzi imparano un mestiere e le ragazze a fare gli inchini. perché sia così non lo sapranno mai. I ragazzi giocano con il pallone e le ragazze stanno a fare le spettatrici. Le ragazze giocano con le bambole e i. ragazzi con il trenino.
Le ragazze aiutano in casa a lavorare e a cucire. E quando diventano adulte cucinano, cuciono. Non potrebbero i maschi imparare altrettanto bene a lavare i piattina cucire?
Quando le ragazze si sposano poi perdono il cognome (9) Forse le donne sposandosi diventano delle altre persone? Gli uomini per uno stesso lavoro guadagnano più soldi delle donne. Guadagnano di più perché hanno i calzoni? perché hanno i capelli corti? perché devono piangere di nascosto? perché giocano al pallone e con il trenino?
perché conservano il loro cognome quando si sposano? Secondo te perché?

 

NOTE:
(1) La sveglia, letture classe prima, Bietti prima edizione 1970; nuova edizione 1977.
(2) lo con voi, classe quarta, ed. Juveni-lia, 1978.
(3) idem.
(4) Nel mondo insieme, classe terza, ed. Barbera Ofiria, 1976.
(5) Io,con voi, Classe quinta, ed. Juvenilia 1974
(6) Io con voi, classe terza, ed. Juvenilia 1976
(7) op.cit. (2),
(8) Dalla fiaba alla cronaca, classe quarta, ed. Giunti Marzocco. ,
(9)Il testo stesso, in nota, specifica che con la nuova legge sul diritto di famiglia del 20 settembre 1975 ognuno dei coniugi conserva il proprio cognome.