TELEVISIONE

maschio è maschio

«cosa succede iniettando ormoni femminili in un animale maschio o viceversa, o viceversa ancora, e se da piccolo, e se ancora feto, o piuttosto adulto, o forse…?»

ottobre 1978

veramente sconcertante l’apertura mentale dimostrata dalla 1a rete TV nell’affrontare con decenni di ritardo la «problematica» «Maschio e femmina» nell’omonima trasmissione: tracce d’idiotismo pari forse a passatempi di mariti con mogli in vacanza (ottimo canovaccio per commendatori che vogliono dire la loro sul femminismo). L’apertura prometteva troppo: intervista a un transessuale divenuto donna riprese di SCUM (teatralizzazione del testo della Solanas operata dal gruppo La Teatra). A questo proposito è utile tener sempre presente che quando si accorda il permesso di essere filmate è bene informarsi sul contesto in cui verranno utilizzate le riprese, o sul commento che le accompagnerà. Infatti, agli autori della trasmissione (Emilio Sanna, in primis, e un nolente e dispiaciuto Gianluigi Poli) è parso sufficiente, per un’operazione di neutralizzazione di tutto ciò che SCUM contiene, raccogliere solo la tematica della donna oggetto, con la riproposta di immagini di repertorio di Marilyn Monroe, mettendo sull’altro piatto della bilancia un culturista che si sforza di arrivare alla circonferenza di muscoli ideale. Anzi, ammiccano le immagini, quasi quasi Marilyn si diverte, e guardate invece gli sforzi che fa il «cocco di mamma». Il riutilizzo dell’immagine di Marilyn, scoperta furbizia registica, e non l’unica, per movimentare T’immoto andazzo della trasmissione, è sintomo di qualcosa che sta tra l’ingenuità e la mancanza di contenuti, mentre quella di «cocco di mamma» ci illumina sugli scambievoli rapporti tra 1a e 2a rete TV, di cui la prima ha tentato il lancio di un Odeon da patronato. Ritenendo di aver risposto a tutti gli interrogativi politici, i nostri passano ben presto ad un patchwork di deliri maniacali di scienziati. È qui che assistiamo ai prodigi della scienza recuperata dal cattolicesimo, e all’esercizio del potere carismatico delle tabelle didattiche su cui si muove, penuta, la bacchetta del vivisezionatore in cerca di pubblicità. Ma la scienza non aveva superato la descrittività tautologica? Reintegrata per pacificare gli animi inquietati dalla violenza di SCUM, può ancora servire a riempire un’ora di trasmissione. Con toni apocalittici intervallati da spiritosaggini impiegatizie la voce fuori campo si chiede se arriveremo alla guerra dei sessi. Noi ci chiediamo, di fronte a tale chiusura mentale, come mal non l’abbiamo ancora vinta.
Cosa succede iniettando ormoni femminili in un animale maschio, e viceversa, o viceversa ancora e se da piccolo, e se ancora feto, o piuttosto adulto, o forse…? Questi sono i dubbi amletici dei nostri. E la risposta: «Il maschio rischia sempre di essere femmina. Basta un errore biologico…». Un razza che pensa così non può che tentare di distruggere le altre. Cos’altro ci hanno saputo comunicare i camici bianchi (rigorosamente tutti maschi: di femmine c’erano solo gli oggetti da esperimento: le transessuali, La Tea-tra, Marilyn e le pecore), se non il loro squallore? Dietro gli organizzatissimi lager per animali che abbiamo potuto vedere, si intuisce solo la minuzia con cui caparbiamente i colonelli della scienza distruggono ogni relazione armonica nei gruppi di animali presi di mira, compresi cervi di via di estinzione. Tutti gli esperimenti sono improntati a stabilire a quale dei due sessi vadano attribuite le categorie di merito del «meglio», del «prima», del «successo», della «quantità superiore», della «mancanza». E così: «la femmina è il programma base», ma il suo «progresso» è la formazione del maschio. «La donna è più precoce», ma il cervello di lui si sviluppa «prima»; l’androginia è un «errore». E, viene ancora sottolineato, (ma Darwin è vecchiotto!), il cervello di un topo è otto volte «superiore» (la cui traduzione secondo valori maschili è ovviamente: «più grosso») a quello della topa, ma se è castrato è «solo due volte superiore».
Come si fa ad essere scienziati se si adottano categorie pregiudiziali escatologicamente limitative? Quanti animali si uccidono per rintracciare nella multiformità della natura linee di sviluppo che confermino linee ideologiche sclerotizzate? E soprattutto: quando la scienza ne saprà abbastanza da abbandonare se stessa? Intervistatore e «scienziato» (ma erano tutt’uno, secondo il modello dell’intervista pre-accordata) hanno parlato per tutto l’arco della trasmissione, mentre l’obiettivo si fermava sugli animali vivisezionati, legati, rimpinzati di ormoni: il messaggio di angoscia non li ha mai raggiunti. Cosa può sapere chi non conosce neanche i codici più elementari della comunicazione? nelle più elementari forme di vita?
Invano abbiamo sperato in un colpo di timone finale, analitico e critico, degli autori della trasmissione. Qualunque ottimismo era ingiustificato. Pino all’ultimo la trasmissione è stata giostrata sul binomio spettacolare-scientifico, in un crescendo di morbosità Per quel che riguarda il primo termine e dì morte nel secondo. Diventano spettacolo le inquadrature curiose sul bambino-a transessuale, sui travestiti che ballano, sulle manifestazioni di lesbiche, e le insistenze visive sulla donna ex-maschio. Il titolo della trasmissione potrebbe essere cambiato in «Il maschio e lo zoo», che ci permetterebbe un’interessante carrellata attraverso i secoli, dalle gabbie dei pazzi all’harem. Una perla: intervistando il transessuale divenuto donna, l’intervistatore sogghigna in macchina, potendo in quest’occasione dimenticare la maschera professionale da Rete uno, usata nelle interviste ai dottor Stranamore. E mentre lei cerca di spiegare la sua decisione di cambiare sesso, «per desiderio di essere…» e fa una pausa per trovare le parole adatte, l’intervistatore la interrompe con la presuntuosa sicurezza di aver capito e conclude «essere bella». (Si dice spesso che il linguaggio è dittatura). «No — riprende lei — se non altro di essere amata, capita, desiderata». Ma questo è un altro di quei linguaggi elementari ignoti ai nostri eroi, anche se non il solo: le deficienze tecniche della trasmissione tradiscono anche una non perfetta padronanza del linguaggio cinematografico. Sfocature, ritardi delle didascalie rispetto alle immagini corrispondenti, sbagli macroscopici di montaggio.
Il tutto si chiude con questa frase: «Sono solo gli ormoni i responsabili della differenza di comportamento tra maschi e femmine? La risposta alla prossima puntata».
Psicologia, sociologia, psicanalisi, behaviorismo, antropologia, semiotica, politica non esistono per gli autori della trasmissione. (Eppure se la tengono ben stretta la loro Kultura). Chiusi in un fisiologismo medioevale, si affacciano impauriti nel labirinto di un minotauro bisex, mal abbarbicati alle loro pizze di film, uccidendo ogni nostra speranza col loro arrivederci.
P.S. Questo per quanto riguarda la prima puntata. Le altre due sono sullo stesso tono e forse peggio.