lettera da firenze
testimonianza di una donna presente al processo di Firenze.
cara Cristina,
prima di tutto scusami per il ritardo nel rispondere al tuo biglietto, dal quale in verità capisco un po’ poco della tua nuova situazione, il rapporto con la sovrintendenza etc… Quando ti penso, penso alla mia piccolotta, sorellotta, tutta sola in una città completamente nuova ed estranea, mi prende un «attacco materno protettivo», che mi rendo conto mal si addice allo «spirito di nuova frontiera» che ti anima!
Qui niente di nuovo, a parte i miei oscillamenti regionali o verso la capitale, i soliti giri di lavoro o inseguimenti di avvenimenti e spettacoli. L’unica cosa che mi ha colpito, tra tante manifestazioni, cortesi e dibattiti ai quali si va, in fondo, per coscienza «civica», ma ai quali si partecipa pensando ad altro, è stato il processo al Conciani e a quelli del Cisa. Purtroppo non ho avuto il tempo di seguirlo interamente come avrei voluto; l’esito lo conosci certamente, anche tu, dai giornali: il rinvio alla Corte Costituzionale, naturalmente da destra. Per questo bisogna ringraziare la semplicità dei radicali che in tempi come questi hanno pensato di criticare la legge — e siamo tutti d’accordo che non tutela la piena libertà della donna —, credendo di poterne chiedere una migliore, di fatto fornendo avallo al rinvio, auspicato dalla canea reazionaria e bigotta. A parte ciò devo dire che mi sono commossa, come orami mi commuovo, purtroppo, o forse giustamente, solamente ai fatti che riguardano le donne.
Il Conciani, liberale, senza complicazioni teoriche, che ha fatto quello che ha fatto prima di ogni campagna, perché a contatto con le donne, perché pensava che fosse bene farlo. Te lo ricordi certo anche tu. Ci sarà stato del guadagno anche, si,, ma se non avevi niente, era niente che davi o saresti ripassata in un momento migliore. Il Pubblico Ministero era il Casini dei Centri per la vita, ma lui dice di no — che non avevo mai visto prima, pur avendone sentito parlare varie volte, sempre in occasioni poco felici. Ho ancora l’impressione che lui parli, come se al processo avesse parlato sempre lui e gli altri fossero tutti accusati: gli accusati, il collegio della difesa, la stampa, il pubblico, gli uscieri… Sfumatura alta, scriminatura esatta mitigata da un ciuffetto, bocca larga da cane, sottile e sempre atteggiata. Eccomi, sono qui, il probo!
Ripeteva spesso: non mi provocate; come a dire: finora sono stato buono, ma posso essere tremendo. Quando a me sembrava che già, più tremendo di così, non fosse possibile. A parlare di quei centri che raccolgono il denaro per aiutare la giovane a portare avanti il bambino. E io a pensare a quel milione e mezzo di giovani disoccupati, di cui buona parte donne, più tutte quelle che non sono segnate in nessuna lista, e poi a quelle vecchie», sole, oppure con tre o quattro figli sulla schiena. Centri immensi, caritatevoli donazioni di miliardi. E poi a dire di quello di cui tutti tacciono per vergogna omicida, secondo lui, di cui nessuno si ricorda e parla, il figlio. Allora mi sono ricordata la Svizzera, essere da sola, il colloquio in un francese stento con la psicanalista freudiana, l’infermiera che mi ha obbligato a firmare che ero cattolica perché senza religione non si può essere». E dopo, dopo il vuoto; quello che avrebbe potuto essere, che sarebbe stato così bello che ci fosse, e che non era stato possibile. Dopo, un’estate a guardare i bambini degli altri. Ed erano bambine dolcissime e tenere, che ho amate per quanto mi è possibile, senza rancore per chi si poteva permettere il lusso di avere figli.
E allora mi sono chiesta come si fa ad accusare non sapendo nulla, non avendo , provato, non essendo, però, nemmeno capaci d’immaginare. Cosa ne sai tu perché una donna abortisce, cosa ne sai del dolore di una donna che abortisce? Mentre Casini parlava, additando alla condanna sociale quelli che avevano «le mani lorde di sangue e d’oro», ho riconosciuto quel ragazzo alto con gli occhiali — non mi ricordo il nome —, che andò dall’Antonella, e stettero un giorno intero in casa ad aspettare, perché lei non aveva il coraggio di farlo e si disperava. Separata, con un figlio del marito e una bambina dal suo nuovo compagno, separato anche lui e con tre figli. Certo, capisco, situazioni così sarebbe meglio non ci fossero. Ma ci sono. Loro mi telefonarono perché andassi a prendere la bambina piccola, intanto avevano fatto la spesa, preparato da mangiare per i bambini e dicevano: non ti preoccupare…. Come avrei preso, io, di poter parlare con qualcuno, di aver accanto a me delle facce umane, di aver ha possibilità di rimandare anche solo di un’ora, di non dover aggiungere alla disperazione anche la condanna.
Il pubblico non era moltissimo, non la folla, purtroppo, di cui hanno parlato ì giornali; le compagne di sempre. Ed è stato un peccato perché nell’aula baroccheggìante, bianca e altissima, con gli affreschi da oratorio, è stato chiaro per tutti che si è svolto un rito, il solito di sempre, di cui là ci si poteva rendere conto quanto ancora fosse potente e in vigore. L’uomo-padre con il sostegno della sua legge di effetto civile, ma di base religiosa, vieta alla donna di diventare soggetto e la lega e la identifica con la sua funzione biologica. L’uomo che non ha posto nella sua società né per i bambini né per la maternità, obbliga, tuttavia, ad essa la donna. Ed è per ciò che un piccolo uomo qualunque, può mettersi una toga e tuonare da un pulpito o da un banco, fa poca differenza.
Bene, finisco qui, con queste note un po’ tristi, ma non sconsolate, perché indirizzate a te, che con coraggio hai scelto di andare lontana per fare quello che ti piaceva, e che sarà ben fatto e utile per tutti perché svolto con passione. Spero che tu trovi là degli amici, ragazze e ragazzi, uomini, nuovi; anche se è difficile; poi al sud. Ma chissà che invece non sia là che c’è più spazio e che insieme a fischietti di gesso a forma di asinello tu non ci torni con un Carmelino occhistelluto. E certo questa è la condizione necessaria perché uno nasca: che sia accolto. Ma bisogna che questa disponibilità esista realmente e che ne preesistano le condizioni materiali, cioè affettive, psicologiche, logistiche, economiche e ancora…; perché è un dato che non può essere ricreato solo sulla buona volontà. Basta veramente. Non ti stancare troppo, scrivimi presto. Ti abbraccio.