l’altra metà del cielo è perplessa
a colloquio con la dirigente dell’ufficio amministrativo di una fabbrica di maioliche di Canton.
In venti giorni di viaggio attraverso la Cina popolare da Pechino ad Harbin, da Shenyang fino alla più occidentalizzata Canton sono riuscita ad approfondire, almeno in parte, il problema della condizione femminile in questo immenso Paese socialista. Qual è la realtà della donna cinese oggi? Nel 1978 «l’altra metà del cielo» non vive più l’incubo della schiavitù o della vendita nei mercati — usanza tra l’altro in voga in Inghilterra fino all’800 inoltrato — né tantomeno rischia di essere ripudiata dal marito se adultera o sterile ma anche se gelosa o persino ammalata. Recitano infatti gli articoli 285 e 295 del codice civile in vigore ancora nel ‘900: «Il marito può ripudiare la moglie se questa è adultera, sterile, maldicente, ladra, ammalata, gelosa (…) Il marito che nega alla moglie la separazione e questa ciò nonostante fugge, può farla punire con 100 colpi di bastone e poi venderla a chi gli aggrada; se durante la fuga tentò di rimaritarsi sarà strangolata. Una sposa che dice male parole o picchia i suoi nonni o i genitori di suo marito e strangolata. Se si suicida, nessuno è passibile di pena».
Attraverso la legge sul matrimonio promulgata nel 1950, la donna cinese è uguale al marito ed ha come quest’ultimo «uguale diritto alla proprietà e all’uso dei beni della famiglia» oltre alla «libertà di scegliersi la professione o di partecipare al lavoro, così come alle attività sociali».
Nella fabbrica di maioliche di Canton, 580 lavoratori di cui 380 donne, riusciamo a parlare con la dirigente dell’ufficio amministrativo anche membro della lega delle donne, nonché del partito comunista.
D. Come sono organizzate le donne all’interno della fabbrica?
R. Esiste un comitato che si forma attraverso questa prassi : dopo una serie di assemblee organizzate nei gruppi omogenei di base viene presentata una lista di nomi al Comitato di Partito, che in base a queste indicazioni formerà una lista con i nomi di quindici donne. Nove di queste — dopo l’elezione — formeranno un comitato preposto essenzialmente alla propaganda per la pianificazione delle nascite e all’opera di persuasione tra le donne perché decidano di sposarsi ed avere figli dopo il 25° anno di età. Accanto a questo compito principale il Comitato si occupa di diffondere lo spirito per lo studio del marxismo e l’emulazione socialista.
D. Quante donne usano gli anticoncezionali?
R. Su 380 lavoratrici, 170 sono in età procreativa: di queste, 56 hanno praticato la sterilizzazione, altre 30 usano il diaframma e le rimanenti la pillola anticoncezionale. La contraccezione è completamente gratis.
D. Le donne che hanno meno di 25 anni e quindi non sono in età da matrimonio, ricevono l’educazione di pianificazione delle nascite?
R. Le giovani donne non sposate partecipano allo studio ma non usano gli anticoncezionali perché non ne hanno certamente bisogno. In Cina infatti la morale corrente non ammette i rapporti prematrimoniali.
D. Come si impedisce il rapporto sessuale tra i giovani?
R. Il metodo usato non è coercitivo. Il giovane che sbaglia dovrà essere rieducato.
D. Qual è l’atteggiamento verso la donna nubile che resta incinta?
R. La giovane può scegliere tra lo sposarsi e quindi tenere il bambino, oppure abortire. La terza soluzione prevede l’adozione da parte di una coppia sterile del bambino che nascerà. In ogni caso è sempre e soltanto la donna che fa la sua scelta e comunque lo Stato e il Partito — accanto all’opera di dissuasione — offre anche un appoggio.
D. Esiste il problema dell’aborto procurato dal lavoro in fabbrica?
R. No. C’è una percentuale del 5 per cento calcolata sul numero delle dipendenti, di cui il 4 per cento è costituito da aborti volontari di coloro che hanno più di due figli e l’I per cento sono aborti naturali.
D. perché i lavori di particolare attenzione e pazienza come, per esempio, la decorazione o la pittura a mano, vengono svolti soltanto dalle donne?
R. La pratica ci ha insegnato che agli uomini piace muoversi dal posto e quindi il lavoro da loro eseguito non verrebbe bene.
D. Le doti di ‘movimento’ e di ‘impazienza’ degli operai coincidono coi salari più alti?
R. Gli uomini spesso svolgono lavori più pesanti e faticosi di quelli di precisione delle donne, perciò i salari dei primi sono più alti.
D. Dopo la scuola le donne cinesi hanno la possibilità di scegliersi il lavoro?
R. Quando una ragazza ha finito le scuole superiori sceglie di specializzarsi professionalmente e subito dopo è lo Stato che le immette in quei settori che richiedono lavoro qualificato in tal senso.
D. C’è interesse da parte delle donne a partecipare all’interno di settori politici, quali il sindacato e il partito?
R. Su 380 donne, 36 sono iscritte al partito mentre il 90 per cento al sindacato. Tutte le donne hanno la possibilità di partecipare alle riunioni dopo il lavoro, grazie all’esistenza di asili nido che assicurano la sorveglianza dei bambini anche dopo le ore lavorative.
D. Come funziona l’asilo – nido?
R. L’asilo nido è completamente gestito dalla fabbrica, non esiste quindi un carnitato per la gestione organizzato dai genitori. La retta mensile è di 3 yuan (pari a 1500 lire) ed ogni bambino usufruisce di assistenza attenta e scrupolosa offerta non da personale qualificato, ma dalle stesse operaie della fabbrica.
D. Esistono ragazze-madri?
R, No.
L’intervista finisce non senza perplessità e dubbi, ma d’altra parte in questo breve panorama sulla realtà della donna nella Cina Popolare degli anni ottanta ho cercato di mettere in rilievo quei tratti emergenti dal complesso quadro della vita civile, sociale e politica cinese, che permettano di trarre un giudizio sereno — tendente cioè a fare più i conti con la storia che non con la cronaca — su una condizione femminile che neanche i cinesi giudicano di liberazione. Ma i trent’anni che sono passati dal 1949 ad oggi non sono certo passati invano. La Cina è un Paese in movimento e le donne sono, senza retorica, al centro del protagonismo delle masse cinesi.