anticoncezionali: dove trovarli quando usarli

intervista con Luigi De Marchi

febbraio 1973

D. — Pur con l’incertezza provocata dalle notizie volutamente allarmistiche e contraddittorie sulla pillola, si ha l’impressione che le donne tendano ad assumere ogni giorno di più il controllo della propria fecondità. Quali sono i metodi prevalentemente usati?

R. — Senza dubbio l’anticoncezionale più usato in Italia è la «pillola» e in particolare il composto estroprogestinico; ha però una diffusione piuttosto relativa. Hanno comunque una certa crescente diffusione anche le spirali intrauterine e i mezzi vaginali chimici (creme, supposte ecc.). Più stentata invece, e in alcuni casi addirittura calante, la diffusione del diaframma vaginale.

D. — Quante sono le donne che usano gli anticoncezionali?

R. — Il numero di donne che usano gli anticoncezionali, fatta eccezione per la pillola, resta sempre limitato e calcolato a poche decine di migliaia. La pillola ha una diffusione molto maggiore: secondo gli ultimi dati, circa 200.000 donne italiane sono «sotto pillola». È però appunto una diffusione molto relativa: mentre in Germania Federale e in Inghilterra circa il 34 per cento e il 24 per cento rispettivamente delle donne in età feconda usano la pillola, da noi la percentuale è si e no del 2 per cento.

D. — Poiché la vita della donna è in parte condizionata dalla sua biologia, è comprensibile la nostra attenzione e curiosità verso le novità anticoncezionali. Quali sono le più importanti?

R. — Nel campo della pillola le novità sono consistite negli ultimi anni soprattutto nella diminuzione dei dosaggi, col risultato di aumentare notevolmente la tollerabilità. Per quanto riguarda l’avvenire, molte speranze sono riposte nelle prosta-glandine. Si tratta di preparati ormonali somministrabili per iniezioni o per assorbimento vaginale (candelette, supposte ecc …) che sono già stati usati e messi in vendita in Inghilterra come abortivi, efficaci peraltro solo a partire dal terzo mese. Per l’uso più generalizzato e rivoluzionario, cioè come «pillole di fine mese» riattivatrici della mestruazione (indipendentemente o meno da una eventuale sopravvenuta fecondazione) il prodotto non è ancora invece messo a punto. Quando lo sarà, avremo effettivamente il «mezzo risolutivo» d’uso femminile.

D. — Dubitiamo molto che la maggior parte degli uomini sia disposta a rinunciare alla «sacra» fecondità maschile, ma recentemente i giornali hanno parlato dì un convegno internazionale in cui è stata presentala come «già fatta» la pillola per uomo. Cosa c’è dì vero?

R. — Si è tenuto recentemente un convegno in Germania, dove sono state espresse previsioni ottimiste. Purtroppo però, previsioni analoghe si facevano già all’inizio degli anni ’60. La realtà è che il meccanismo riproduttivo maschile presenta molti meno punti vulnerabili e attaccabili dai mezzi contraccettivi, mentre la prevalente composizione maschile dei gruppi di ricerca non favorisce di certo la moltiplicazione degli sforzi in questo campo.

D. — È possibile fare il punto sulla spirale e sapere dove si può reperirla?

R. — La spirale, o più esattamente il dispositivo intrauterino, è un mezzo in via di rapida diffusione dopo una battuta di arresto conseguente ad alcune frettolose sperimentazioni indiane. Complessivamente siamo arrivati ad una diffusione di poco inferiore alla metà di quella della pillola. Soprattutto promettenti sono due nuovi tipi di spirale (lo scudo di Dalcon e il «sette di rame») che sono risultati molto più tollerabili ed efficaci (anche per le donne che non abbiano avuto figli). Entrambi questi tipi sono disponibili nei centri A.I.E.D. In questi centri l’applicazione della spirale costa intorno alle 10.000-12.000 lire.

D. — Tornando alla «pillola» in vendita in Italia. Quando si può usare e dove si può trovarla?

R. — È assolutamente consigliato di ricorrere al medico prima di prendere la pillola, poiché è il medico che deve decidere, a seconda dello stato fisico del soggetto, se è il caso di sottoporsi ad analisi cliniche. D’altra parte, per l’acquisto della pillola è richiesta la prescrizione medica. Circa i tempi di assunzione della pillola: negli USA i medici sono per l’assunzione fino a quattro anni consecutivi e tre mesi di sospensione, in Europa invece i tempi sono abbassati rispettivamente a un anno e due mesi.

anticoncezionali 

non basta la legge

È trascorso un anno’ da quando la Corte Costituzionale ha abolito l’articolo 553 del Codice penale, che condannava fino ad un anno di reclusione «chiunque pubblicamente incita a pratiche contro la procreazione o fa propaganda a favore di esse». Ci si illuse allora che le cose sarebbero cambiate. Il settimanale Epoca scrisse che «non si sarebbe più potuto incriminare un’industria farmaceutica che reclamizzasse la pillola antifecondativa in un Carosello della TV».

I fatti non stanno ancora così. Non è bastato abrogare l’articolo 553, ne restano altri che continuano a proibire la pubblicità delle case farmaceutiche, ma ciò sarebbe ancora il meno se si fossero almeno formate le strutture sanitarie per far conoscere alle donne, in modo capillare, tutti i metodi di contraccezione, se finalmente ci fosse stata l’ampia campagna per il controllo delle nascite, per la quale, a parole, si battono tutti i partiti.

In tutti i convegni sulla maternità gli oratori rispondono alle richieste di liberalizzazione dell’aborto: «siamo per il controllo delle nascite», come se la rivendicazione dell’aborto gratuito negli ospedali non tendesse allo stesso scopo.

I benpensanti si scagliano contro le femministe, come se queste avessero posto il problema dell’aborto in antitesi alla pillola o alla spirale. In realtà nessuna donna considera l’aborto una «cura di bellezza», nessuna lo preferisce ad una buona conoscenza dei contraccettivi: ma non è nascondendo un problema grave come quello di un milione di aborti l’anno, che si fa una sana campagna per il controllo delle nascite; non basta proclamarsi a favore degli anticoncezionali, senza poi formare le strutture adeguate, per credere di risolvere il problema dell’aborto.

In un dibattito persino un padre gesuita, Padre Pin, disse un anno fa: «In Italia la carenza di educazione sessuale è spaventosa, nella famiglia come nella scuola. Per non parlare poi degli organi di informazione, stampa, radio, televisione. C’è il problema della censura che impedisce di affrontare certi discorsi, di dire finalmente alla gente come stanno le cose. Se l’ignoranza della gente in materia di sessualità rimarrà quella che è, temo fortemente che la liberalizzazione degli anticoncenzionali e la propaganda possano di per sé diminuire il milione e mezzo di aborti».

E infatti «di per sé» un articolo di legge abrogato non può fare nulla. Il veto del papa Paolo VI alla pillola, la faziosità della informazione non scientifica che ci ha bombardato di notizie agghiaccianti (tumore, trombosi, embolie), l’ignoranza precostituita di ostetriche ed assistenti sociali sui problemi sessuali, sono tutti pezzi di uno stesso disegno politico antidemocratico e conservatore, che la sinistra può fronteggiare solo a patto di uscire allo scoperto con una chiara e netta denuncia della situazione, ed una presa di posizione a favore dell’educazione sessuale e del controllo delle nascite. Avere un figlio quando lo si vuole, non deve più essere considerato argomento esclusivo della sfera privata: è anche un problema sociale e come tale «politico», che solo l’istruzione e la presa di coscienza possono risolvere. 

D.T.