inchiesta sul femminismo nel mondo

donne non si nasce, si diventa

La prima puntata è dedicata agli Stati Uniti dove per prima esplose negli anni ’60 la contestazione femminile

febbraio 1973

Quando essere donna, o meglio sapersi donna, comincia a dare ad una di noi una specie di malessere, e il malessere riusciamo a collegarlo con la nostra condizione femminile — perché una legge ci discrimina, perché un uso, una tradizione ci inchiodano ad un comportamento che appare immutabile, perché abbiamo meno danaro di un uomo o, per averlo dobbiamo sopportare più fatiche o più umiliazioni di lui — allora ognuna di noi, che prova queste sensazioni, è pronta al discorso femminista: che è un discorso, per cominciare, di solidarietà tra donne (senza paura del ricatto maschile, cioè dell’atteggiamento dell’uomo che tende a dividere, con sospetti, gelosie, rancori, una donna dall’altra, per dominarle), e di informazioni reciproche, racconto delle proprie esperienze, e quindi consapevolezza che non formano, ciascuna, una storia privata ma, al contrario, tutte insieme compongono la storia della oppressione subita dalla donna.

Il Nuovo Femminismo, come Movimento, come fatto di pubblica notorietà, ha cominciato a crescere negli Stati Uniti, alla metà circa degli anni sessanta. Ma il femminismo americano ha una sua storia precedente, che coincide con la fine del secolo scorso: «La donna americana — scriveva qualche mese fa la rivista “Time”, in un suo supplemento dedicato ai movimenti di liberazione della donna — non può essere obbligata a tornare indietro nella sua Casa di Bambola». Infatti è alla fine dell’800, che Nora, la protagonista di «Casa di Bambola» di Ibsen, s’accorge del malessere della condizione femminile, e comincia a provarlo sulla propria pelle di borghese apparentemente soddisfatta: attraversa quindi quella che oggi sarebbe definita «una crisi di identità»: si rende conto, cioè, di non esistere come persona umana se non perché è collegata a un marito e a dei figli. Quando Nora Helmer abbandonava nel 1870, la casa del marito, negli Stati Uniti, il Femminismo sia pure non esattamente auto-definitosi come tale, aveva cominciato a porsi da circa vent’anni, poiché già nel 1848 nello stato di New York, una convenzione detta dei Diritti della Donna, aveva chiesto, per la prima volta, il voto alle donne. E molto importante sottolineare che le donne che si muovevano allora per chiedere qualcuno almeno dei diritti degli uomini, si muovevano nel solco della lotta per l’abolizione della schiavitù cui erano assoggettati i negri d’America. È un dato significativo, se è vero che le due massime rivoluzioni degli ultimi cent’anni, rivoluzioni permanenti di ceti emarginati dalla propria connotazione biologica, hanno avuto ed hanno come protagonisti, i negri e le donne.

Nel 1868 i negri americani furono liberati dalla schiavitù, ma le donne, quarant’anni più tardi, sfilavano per le strade di Washington innalzando cartelli: «Signore Presidente! Quanto tempo ancora le donne dovranno aspettare la libertà?».

Il voto alle donne americane si ebbe nel 1920. Il discorso sul diritto di voto come mezzo per ottenere una maggiore autonomia per la donna e un suo maggiore peso politico è un discorso tuttora aperto: infatti in nessun paese del mondo, in cui le donne votano, il loro peso politico può dirsi aumentato a causa di ciò: perfino quando le maggioranze elettorali sono femminili — come succede per esempio oggi in Italia — le donne elette, ed anche le candidate, sono pochissime. In effetti, come mezzo risolutivo per la liberazione della donna il diritto di voto non funziona: così come non funziona come mezzo risolutivo per la liberazione del proletariato: poiché nel momento stesso in cui si vota ci si inserisce in un sistema congegnato ed imposto da chi fino ad oggi ha detenuto il potere: cioè una società maschile e, per quel che riguarda il mondo occidentale, capitalistica. Come si legge in un documento del «Women Liberation», infatti, «il sistema è costituito sulla base di una minoranza maschile capitalista che domina tutte le donne (ndr: della propria classe e no), e gli altri uomini di qualsiasi colore essi siano, inclusi nell’area occidentale».

Tuttavia, il problema se sia utile o no, per le donne, battersi per ottenere il maggior numero possibile di posti chiave nel sistema (nell’ambito dei partiti, nelle camere rappresentative, nella pubblica amministrazione, nella finanza, nelle università ecc.) è ancora irrisolto: Betty Friedan, intorno alla quale s’è formato il NOW, che ha oggi 18.000 iscritte, sostiene: è indispensabile che il maggior numero possibile di donne arrivi, penetri dentro le strutture del potere: con questo obbiettivo dal NOW s’è creato, ottenendo in pochi mesi un gran numero di adesioni, il «National Women’s Political Caucus».

Per questa ragione, la Friedan è spesso accusata di riformismo da altri gruppi femministi, in America, in Europa, anche in Italia: se la liberazione della donna vuol essere oggi rovesciamento del sistema, dei valori del sistema — come la competitività, la sopraffazione dei deboli, la mitizzazione della produttività e del profitto, il gioco di potere — è chiaro che la competizione elettorialistica, il carrierismo, il modello della career woman, debbano essere rifiutati. D’altra parte, lo slogan del «National Women’s Political Caucus» potrebbe accettarsi soltanto se suonasse come «Più femministe (e non soltanto più donne) nei centri del potere pubblico».

«L’età d’oro delle donne, il momento in cui furono più grandi le loro speranze, fu tra il 1920 e il 1930, quando ebbero il voto e cominciarono ad andare all’università, e quindi ad introdursi nelle carriere». La dichiarazione è, per l’appunto, di una career woman, non di certo una femminista, l’ambasciatrice e commediografa Claire Booth Luce, la quale, tuttavia, è costretta ‘ ad ammettere: «Il potere, il danaro e il sesso sono i tre grandi valori dell’America di oggi. Le donne non hanno quasi mai accesso al potere se non attraverso i mariti: hanno danaro se riescono a procurarselo con il sesso, sia legittimo, cioè il matrimonio, sia illegittimo. La libertà sessuale, poi, non le porta all’autentica libertà che è libertà economica». E qui la Claire Both Luce sembrerebbe perfino marxista se non si affrettasse ad aggiungere, con luminoso ottimismo: «Ciò che conduce al danaro e al potere è la cultura, l’adatta istruzione e l’abilità professionale, prescindendo dalle attrattive del sesso». La seconda guerra mondiale portò un grandissimo numero di americane al lavoro, ma il ritorno dei reduci le respinse in casa: e qui cominciò a svilupparsi quell’operazione che Betty Friedan avrebbe denunciato nel suo libro «La mistica della femminilità», pubblicato nel 1963: l’era Eisenhower (come dimenticare l’immagine orripilante, mogliesca di Mamie Eisenhower, con i riccioli ad involtino sulla calvizie?), l’era Eisenhower dunque valorizzò il ritorno della donna al «focolare domestico», attrezzando quest’ultimo con innumerevoli ed alienanti macchinari: la via al consumismo era aperta, la donna, frustrata dall’esistere soltanto tra le quattro pareti di casa, si sfogava a comprare macchine inutili, e i profitti industriali crescevano: questa la situazione denunciata dalla Friedan nel ’63, e si può dire che in quel momento nasceva il Nuovo Femminismo negli Stati Uniti.


La situazione della donna americana oggi e il Movimento Femminista (Women Liberation)

Ed ancora una volta, il no delle donne americane, che si scoprivano cittadine di seconda classe (al di là di tutti i trucchi di una società che abilmente ne aveva diffuso una immagine pubblica falsa, quella del matriarcato), ancora una volta il no delle donne coincideva con il no dei negri: nuovo femminismo e rivolta negra negli Stati Uniti crescono insieme.

Oggi le donne sono, negli Stati Uniti, 106 milioni, di cui il 61 su 100 sposate: costituiscono un terzo della forza-lavoro del paese ma, secondo una indagine condotta dal Ministero del Lavoro sono generalmente meno pagate e meno qualificate dei lavoratori maschi, anche negri.

Nel 1964, Lyndon Johnson fece un appello (elettoralistico?) perché la società americana aprisse anche alle donne la strada del successo professionale e politico: Johnson disse allora che voleva più donne al governo: statistiche elaborate nel 1967 rivelavano che soltanto l’I,6 su 100 degli incarichi di pubblica amministrazione meglio retribuiti erano attribuiti alle donne: oggi la percentuale s’è ancora ridotta all’1,5 su 100.

Anche Nixon non ha mancato di lanciare il suo appello per la rivalutazione della donna nel settore della politica e della pubblica amministrazione: ne ha quindi stipendiata una, certa Barbara Franklin, di trentadue anni, laureata a Hanward, perché, dalla Casa Biancal organizzasse un reclutamento massiccio di donne da inserire nelle cariche pubbliche direttive. Si tratta evidentemente della ciliegia sulla torta del sistema, che non cambierà certo per la presenza «on the top levels» (al vertice) di qualche donna con ogni probabilità prescelta tra le più disponibili al ruolo del «negro assimilato».


Women’s Liberation

Il WB è la sigla che raccoglie le varie espressioni, i diversi gruppi, le moltissime formazioni nate.negli Stati Uniti in questi ultimi anni per portare avanti il discorso ed anche la lotta femminista.

Confrontando la situazione del movimento femminista nel nostro paese con quella degli Stati Uniti, c’è da fare subito un rilievo: negli Stati Uniti non sembra essenziale una discriminante che appare invece fondamentale alle femministe italiane: in Italia infatti le femministe, a livello della ideologia piuttosto che sul piano dell’azione, si dividono tra chi crede che la soluzione della questione femminile passi esclusivamente attraverso una corretta interpretazione del marxismo-leninismo, e chi invece cerca altre strade. (Ed in questo ambito si colloca anche il dibattito sull’esclusione o meno degli uomini dai collettivi femministi).

Negli Stati Uniti non mancano le analisi sulla relazione tra lotta fem minista e lotta di classe: «Il movimento di liberazione della donna — si legge in un documento WB — interseca le linee di classe» ; e questo vuol dire che la subordinazione della donna all’uomo esiste ad ogni livello ed in ogni ceto sociale, anche se evidentemente la donna più povera e, negli Stati Uniti la donna negra subisce il massimo dello sfruttamento.

Si dichiarano marxisti, in Usa, i gruppi del Chicago Women’s Liberation, il gruppo femminista di Boston e The Feminist Party che, insieme al Now, ha condotto la campagna .elettorale per la negra Shirley Chisholm, che si presentava nel Partito Democratico con lo slogan: «Io sono la coscienza di Mac Govern».

Ma il tratto comune fra tutti i gruppi femministi americani, dai più riformisti ai più rivoluzionari, dal Now al National Women’s Political Caucus, al Red Stockings, al Bread and Roses, al Radicai Feminist, allo Scum, alle Witch, è la pratica della presa di coscienza individuale attraverso il «piccolo gruppo». Secondo le femministe di Chicago: «11 piccolo gruppo è ciò che è la fabbrica per gli operai, l’università per gli studenti». Le donne, infatti isolate, quasi impacchettate nell’ambito della famiglia, non hanno un luogo per comunicare, l’una all’altra, le proprie esperienze; il piccolo gruppo, composto di cinque, o al massimo dieci donne, si riunisce periodicamente per parlare: quelle che la società maschile definisce sprezzantemente chiacchiere di donne (temendo, al fondo la solidarietà che tra le donne può stabilirsi) sono invece dirette a realizzare una sintesi tra coscienza individuale e coscienza politica della donna.


La pratica delle lotte

I temi su cui tutti i gruppi femministi americani si sono fin oggi confrontati sono: aborto; la pubblicità nei mezzi di comunicazione di massa (come cambiare l’immagine della donna che la pubblicità impone); scoperta del valore sociale della maternità, e sua rivendicazione; lotte contro le discriminazioni nel lavoro.

Per quel che riguarda l’aborto la vittoria forse più significativa è stata quella ottenuta dai movimenti femministi nello stato di New York: qui trecento donne organizzate da due avvocatesse, di cui una negra, hanno denunciato lo Stato perché, avendo sempre proibito l’aborto, aveva loro provocato danni morali e materiali: dopo circa tre mesi, il clamoroso processo fu sospeso e si ebbe la legalizzazione dell’aborto.

A proposito di leggi migliori per le donne, è stata ottenuta quest’anno — su iniziativa predominante del Now — l’approvazione di un emendamento alla carta costituzionale degli USA, che assicura eguali diritti ad ogni cittadino, «senza discriminazione di sesso».


Prostituzione e problema negro

Entrambi questi temi sono stati affrontati dalle femministe americane. Le femministe chiedono che le donne costrette a guadagnarsi da vivere prostituendosi siano almeno libere dallo sfruttamento del magnaccia e della maitresse; organizzano anche gruppi di studio su temi come «Prostituzione e l’ideologia del sessismo», «Prostituzione, polizia e legge»r diretti a creare nelle donne una presa di coscienza contro l’uso mercenario del proprio corpo.

Per quel che riguarda lo sfruttamento della donna negra c’è da segnalare il contrasto tra alcuni rivoluzionari negri (maschi) che pretendono l’aumento della natalità nelle famiglie negre — per fornire sempre più rivoluzionari alla causa — e le donne di colore le quali si riconoscono doppiamente oppresse, come negre e come donne.


Le femministe la pensano così:

MATERNITÀ

È la donna che deve scegliere quando avere un figlio perché sono sue, in massima parte, le responsabilità e la gioia di essere madre. QUINDI SI’AL CONTROLLO DELLE NASCITE GESTITO DALLE DONNE.

ABORTO

Meglio il controllo delle nascite chel’aborto. Meglio l’aborto (legale) chedare vita a un essere infelice o non amato.

DIVORZIO

Il divorzio potrà essere usato dalla donna con vero vantaggio soltanto quando la donna potrà guadagnare abbastanza da non avere bisogno del marito per vivere. MA IL DIVORZIO INTANTO È LA SOLUZIONE MENO NEGATIVA PER I MATRIMONI SBAGLIATI.

MATRIMONIO

Ha un valore soltanto finché è sinceramente voluto, come rapporto a due e con i figli, dall’uno e dall’altro coniuge. Le formalità, in questo caso, non contano.

LAVORO CASALINGO

Lo Stato italiano risparmia, sulla pelle delle donne di casa che puliscono, cucinano, cuciono, assistono i vecchi, i bambini e gli ammalati GRATIS ben 20 miliardi di lire all’anno ohe altrimenti dovrebbe spendere per refettori, lavanderie, asili nido, ricoveri per vecchi, efficienti e confortevoli.

Gli antifemministi la pensano così:

MATERNITÀ

La maternità è l’unica e vera vocazione della donna, la maternità è una missione, una donna che non è madre non è neanche una donna.

ABORTO

Non si può uccidere una vita umana. Anche se dovesse nascere un infelice, nel-corpo, la carità cristiana lo accoglierebbe come un’occasione di perfezionamento morale.

DIVORZIO

Il divorzio è la rovina della donna e della famiglia.

MATRIMONIO

Quando ci si sposa è per tutta la vita, tutti i mariti sono uguali, inutile cambiare, la moglie deve dare, tacere, comprendere.

LAVORO CASALINGO

La donna è l’angelo del focolare e la regina della casa. Quello che si fa per amore non costa dolore.

LIBRI SUL FEMMINISMO

Betty Friedan: La Mistica della femminilità edizioni di Comunità, 1964

Germaine Green L’eunuco femmina, Bompiani, 1972 – L. 2.500

Kate Millett: La politica del sesso, Rizzoli, 1971

Juliet Mitchell: La condizione della donna, Einaudil1972 – L. 1200

Schulamith Firestone: La dialettica dei sessi, Guaraldi, 1071 – L. 2000

Eva Figes: Il posto della donna nella società degli uomini, Feltrinelli, 1970- L. 1300