favola

la cupola di cristallo

giugno 1979

il giorno chiuse gli occhi e la cupola si accese di sottili sfumature colorate. Sara G le guardò pulsare ritmicamente: azzurro, celeste, viola, giallo; presto la realtà si sarebbe dissolta nei colori e non ci sarebbe stata che la notte sotto la cupola, sulla città. Abbassò le palpebre, respirando l’odore dell’uomo che le stava accanto, affondò le mani tra i capelli scuri di lui che si mosse nel sonno. Si girò lentamente su un fianco abbracciando forte il cuscino, nel tentativo di placare il groviglio di pensieri urlanti che le mordevano le tempie cercando di uscire. Era la sua ultima notte con quell’uomo; il periodo di tre mesi, durante il quale aveva lavorato duramente come moglie stava per scadere, e già da domani avrebbe avuto un altro lavoro.

Uno dei soliti, i ruoli erano fissi sotto la cupola. Il sonno arrivò in ritardo trovandola stremata. Aprì gli occhi e fece per alzarsi, ma una pressione decisa la costrinse a rimanere ferma sul letto: piccoli esseri bizzarri vomitati dal nulla correvano veloci” su e giù per il suo corpo, tenendo tra le mani una fune di seta. Sara G guardò attonita uno gnomo con una lunga barba riccioluta scomparire tra i suoi capelli, che si animarono contorcendosi in ciocche scomposte; una minuscola fata dorata distese le ali di preziosa filigrana e palpitò leggera nell’aria, lasciando dietro sé una scia fluorescente che svanì scintillando. Nanetti turbolenti, seminascosti in variopinti cappelli deformati, presero a saltare girando vorticosamente, sino a diventare delle macchie indistinte di colore davanti ai suoi occhi. Un diavoletto danzava sulla punta degli zoccoli, modulando su un piffero, un magico, vellutato, insinuante gioco di note, che la coinvolse moltiplicando le sue sensazioni sino a quasi farla impazzire. Nacquero in lei pensieri sconosciuti, desideri assurdi, che esplosero proiettandola in un’altra dimensione, libera come non lo era mai stata. Si sentì sollevare dolcemente e solo allora si accorse di avere i polsi e le caviglie legate dalla fune, che una moltitudine di gnomi tirava con fatica. Uscì dal suo corpo, che rimase disteso sul letto e fluttuò incorporea verso la cupola che si dissolse non appena l’ebbe raggiunta. Uno strano odore, conosciuto e sconosciuto insieme, le pizzicò la gola ‘ e bevve l’aria scura della notte dal calice del sogno; guardò in alto e per la prima volta vide gli anelli azzurri delle stelle tremolare nello spazio infinito.

Il giorno arrivò puntuale l’indomani; l’ufficio di collocamento era pieno di donne che attendevano il loro turno. Si sentì chiamare “Sara!”, si girò poco sorpresa e vide venirle incontro Clara B, con un nuovo pettegolezzo agli angoli della bocca, sorrise tra sé aspettando. «Sara! hanno preso un’altra di “quelle”», disse tutto d’un fiato, «erano in due, una è stata catturata quasi subito, oh! avresti dovuto vedere, urlava frasi senza senso, una cosa inconcepibile!», e aspettò cercando sul suo viso quella parte di consenso che le mancava, per sentirsi sicura di essere nel giusto. Sara G rimase impassibile, Clara B continuò: «ora la stanno portando ai campi di rieducazione, l’altra invece è riuscita a fuggire, morirà sicuramente fuori dalla cupola». E’ riuscita a fuggire… è fuori dalla .cupola…, le parole rimbombarono nel cervello di Sara G, risvegliando nel suo inconscio delle eco nascoste, fuori dalla cupola… La riscossela voce stridula dell’addetto alla ricerca del’ personale, «Sara G!?, Sara G si faccia avanti!!», si avvicinò come in trance e le fu dato un’indirizzo; le era stato assegnato un lavoro come madre per una famiglia multipla a nord della città. In quel momento sentì un vociare concitato proprio, fuori dall’ufficio; camminò verso le voci e “la” vide, tra i mormorii di disapprovazione della folla che si accalcava sbarrandole il passo; soffocata la donna tentò di fuggire, ma fu subito respinta dal muro implacabile di carne umana che la circondava, allora prese ad urlare con disperazione «è tutto sbagliato! uscite dai ruoli! uscite dai ruoli!».. Per un’attimo gli occhi di Sara G si incontrarono con quelli di lei, fu solo un’attimo ma bastò. Di colpo percepì il cervello l’utero le gambe le braccia che sino all’ora non sapeva di possedere, sentì e si accorse di essere. Prese a correre freneticamente affidandosi all’istinto, e il sogno della notte prima fu finalmente chiaro nella sua mente. Era quasi arrivata alla parete est della cupola quando si sentì trattenere per un braccio, si girò e vide il suo viso splendere negli occhi sgomenti di Clara B, che le urlò di non andare. Sara G le parlò senza bisogno di parole, si strinsero forte la mano e insieme attraversarono il cristallo senza incontrarne il freddo contatto. La cupola si ergeva come un enorme bubbone infetto e putrescente, illuminato da luci artificiali che decidevano il giorno e la notte; un mondo da cancellare o da cambiare forse. Sara alzò gli occhi e nell’azzurro scuro del cielo vide finalmente brillare le stelle.